
Le proteste a Belgrado continuano, ma perché tra la folla c’è una bandiera della Ferrari?
Belgrado non si è mai fermata da quando quattro mesi fa quindici persone rimasero coinvolte in un grave incidente alla ferrovia di Novi Sad, provocandone la morte. Chi scende in strada protesta contro il governo del Presidente Aleksandar Vučić. Tra quella marea che ha già destabilizzato quattro volte il Paese figura un simbolo particolare: una bandiera del Cavallino rampante.
Le proteste a Belgrado continuano, ma perché tra la folla c’è una bandiera della Ferrari?
Quella bandiera rossa è molto curiosa, e porta con sé un’importante storia. Ma la storia si sta scrivendo proprio in questi mesi a Belgrado, da quando gli studenti serbi hanno deciso di scendere per le strade e manifestare contro il potere di Vučić, sfidando la sua opprimente posizione, occupata ormai da quasi dieci anni nel ruolo di Presidente.

Gli universitari sono scesi pochi giorni fa in strada, occupando le vie della capitale, con il supporto dei lavoratori stanchi della politica conservatrice del Presidente serbo. Questa manifestazione è stata definita il culmine dell’azione portata avanti in questi ultimi mesi dagli studenti. L’evento scatenante è stata la morte di quindici persone alla stazione ferroviaria di Novi Sad, dove una pensilina è crollata a causa della scarsa qualità del materiale con cui era stata costruita. La falla nella sicurezza del Paese è stata solo la scintilla di questo enorme movimento.
Vučić non si dimostra preoccupato: “Non accetto ricatti, non accetto pressioni, sono il Presidente della Serbia e non permetterà alla strada di stabilire le regole“, sono state le sue parole. Il Presidente è anche convinto che dietro a tale ribellione ci sia l’influenza occidentale. Il PIL della Serbia in questi mesi è al collasso per i suoi standard, e ai vertici dello Stato si parla di intimidazioni volte allo scoppio di una guerra civile. Infatti, negli ultimi giorni si sono schierati in piazza soggetti simpatizzanti per partiti di destra e di sinistra, appartenenti anche a diversi ranghi della società serba.
Non è bastata la minaccia di Vučić a far indietreggiare il corteo di più di centomila persone – secondo la polizia serba, trecentomila secondo gli organizzatori – muniti di razzi e fuochi d’artificio, che da mesi si battono con lo slogan “dove andiamo a protestare oggi?” come guida. Il Presidente ha sottolineato che ricorrerà alla violenza se necessario, negando poi l’uso di manganelli e cannoni sonori. Nel frattempo, però, il palazzo della presidenza è stato circondato dagli uomini di Vučić, tra i quali figurano ex combattenti paramilitari.
Sono cinquantasei i feriti accertati. Un portavoce della Commissione europea richiede che venga eseguita “un’indagine rapida, trasparente e credibile su queste accuse“. La stessa trasparenza è ciò che viene recriminata dai manifestanti da ormai quattro mesi. “Lo Stato serbo farà di tutto per garantire la pace. Chi disturba la pace sarà arrestato e punito severamente“, ha sostenuto Aleksandar Vučić.

Ma in tutto questo caos, perché stupisce proprio quella bandiera rossa? Lo stemma è ben visibile. Si riconosce con poca fatica il Cavallino rampante su sfondo giallo, le iniziali della scuderia, il tricolore del Bel Paese.
Per la Serbia è un vero è proprio simbolo di ribellione. Correva il 1996, quando un ragazzo si presentò ad una manifestazione studentesca con una bandiera e un cappellino della Ferrari indosso, e da quel giorno divenne tradizione. Ogni protesta capitanata da giovani studenti ha visto esibire la bandiera della celebre scuderia di Maranello.

Giorno dopo giorno la Serbia di è fatta sentire. Non la Serbia di Aleksandar Vučić, a cui si recrimina corruzione, censura, accordi con Mosca, Pechino e Budapest. Una Serbia che è diventata ormai invivibile.
Il corteo riserva quindici minuti di silenzio allo scoccare esatto delle 11:52, quindici minuti come le quindici persone che hanno perso la vita dopo la ristrutturazione di una pensilina non a norma per risparmiare denaro dove non andrebbe mai risparmiato, mettendo l’affarismo davanti alla sicurezza dei cittadini.
Giulia, Giu per chiunque. 21 anni. Studentessa di lettere e fonte di stress a tempo pieno. Mi diletto nello scrivere di ogni (ma soprattutto di F1) e amo imparare. Instagram: @ xoxgiu