Il piano di Trump per Gaza ci ricorda come la storia si ripete, continuamente

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Il recente annuncio del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump riguardo la Striscia di Gaza ha suscitato un’ondata di indignazione internazionale, ma non da parte delle istituzioni che effettivamente potrebbero fare qualcosa. Durante una conferenza stampa con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Trump ha presentato un piano controverso per “prendere il controllo” di Gaza, trasformandola in una “Riviera del Medio Oriente“. Secondo quanto riportato da Al Jazeera e BBC, il piano prevede lo sfollamento forzato di circa 2,3 milioni di palestinesi residenti nella regione, con l’obiettivo di reinsediarli in paesi vicini come la Giordania e l’Egitto.

Gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza e faremo un lavoro anche con essa. La possederemo.

Afferma Trump: «Non è stata una decisione presa alla leggera. Tutti quelli con cui ho parlato amano l’idea che gli Stati Uniti possiedano quel pezzo di terra, lo sviluppino e creino migliaia di posti di lavoro con qualcosa che sarà magnifico. Penso che lo trasformerete in un luogo internazionale e incredibile. Penso che il potenziale della Striscia di Gaza sia incredibile. E penso che il mondo intero – i rappresentanti di tutto il mondo saranno lì e vivranno lì. Anche i palestinesi, i palestinesi vivranno lì».

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Trump ha descritto Gaza come un “cantiere di demolizione” destinato a essere completamente raso al suolo per fare spazio a nuovi sviluppi turistici e infrastrutturali. Le sue dichiarazioni, intrise di una retorica insensibile, hanno suggerito che i palestinesi dovrebbero semplicemente “andarsene e non tornare mai più“. Questa visione semplicistica e disumanizzante ha provocato reazioni di condanna da parte di numerose organizzazioni per i diritti umani e di diversi governi a livello mondiale, ma si sa: Donald Trump e Benjamin Netanyahu non sono certo popolari per preoccuparsi dei diritti umani o di persone che non siano bianche e colonizzatrici.

La reazione alle dichiarazioni di Trump

Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il piano come una chiara forma di pulizia etnica e una grave violazione del diritto internazionale. Amnesty International ha espresso profonda preoccupazione per il fatto che gli Stati Uniti non abbiano preso provvedimenti contro Netanyahu, il quale è attualmente oggetto di un mandato di arresto per crimini di guerra presso la Corte Penale Internazionale. L’idea di spostare forzatamente milioni di persone dalla loro terra natale non solo viola i principi fondamentali dei diritti umani, ma rappresenta anche un pericoloso precedente per la gestione dei conflitti internazionali.

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I leader dei paesi arabi hanno respinto fermamente la proposta di Trump. Giordania ed Egitto, che sarebbero i principali paesi destinatari dei rifugiati palestinesi, hanno espresso forti preoccupazioni riguardo ai cambiamenti demografici a lungo termine che tale piano comporterebbe. Entrambi i paesi hanno precedentemente rifiutato proposte simili, sottolineando l’importanza di una soluzione giusta e duratura per la questione palestinese. D’altronde, gli Israeliani si sono trasferiti in Palestina, in una terra occupata, dopo la seconda guerra mondiale… E abbiamo visto com’è finita oggi: con un genocidio del popolo palestinese per mano di quelli che decenni fa erano le vittime.

Anche Hamas si oppone a questa scelta: «Il nostro popolo nella Striscia di Gaza non permetterà che questi piani passino. È necessario porre fine all’occupazione e all’aggressione contro il nostro popolo, non espellerlo dalla sua terra. La nostra gente a Gaza ha contrastato i piani di sfollamento e deportazione sotto i bombardamenti per più di 15 mesi». «[Trump] Sta essenzialmente dicendo che, ufficialmente, la politica degli Stati Uniti ora è la distruzione della società palestinese, la dispersione dei palestinesi nei Paesi vicini e, in aggiunta, che gli Stati Uniti verranno a possedere il territorio palestinese a tempo indeterminato», ha dichiarato ad Al Jazeera Omar Baddar, analista politico e sostenitore dei diritti umani.

«Andrebbe contro tutte le norme e il diritto internazionale. Non è una cosa che si può permettere», ha detto Ayoub ad Al Jazeera. «Ma a questo punto bisogna chiedersi, se si guarda all’ultimo anno e mezzo: Quanto la comunità internazionale, compreso Israele, si preoccupa davvero del diritto e delle norme internazionali?». Ahmed Fouad Alkhatib, un palestinese americano che è senior fellow residente presso l’Atlantic Council, ha affermato che Gaza non è un «progetto di sviluppo immobiliare che il governo degli Stati Uniti deve possedere o rilevare». «Gaza appartiene al popolo palestinese. Distogliere l’attenzione dalla necessità di avviare una trasformazione politica per garantire che Hamas non rimanga in controllo è inutile e dannoso», ha dichiarato Alkhatib su X.

Il piano di Trump non solo ignora i diritti fondamentali dei palestinesi, ma rappresenta anche una rottura radicale con la soluzione dei due Stati, da tempo considerata la via principale per una pace duratura nella regione. La visione di trasformare Gaza in una destinazione turistica di lusso, senza tenere conto della storia, della cultura e delle sofferenze dei suoi abitanti, appare insensibile e irrealistica. Questo approccio riduzionista e materialista riduce una questione complessa e carica di significato storico a un semplice progetto immobiliare: la vita dei palestinesi, la loro sopravvivenza nella loro terra, non vale e non può valere meno di un residence.

Inoltre, l’idea di “livellare” Gaza e ricostruirla secondo una visione occidentale solleva interrogativi etici e pratici. La proposta di dispiegare truppe statunitensi per “mettere in sicurezza” l’area potrebbe portare a un’occupazione prolungata, con tutte le complicazioni e i rischi associati. L’esperienza passata in Iraq e Afghanistan ha dimostrato che le occupazioni militari non portano stabilità duratura, ma piuttosto alimentano il risentimento, l’instabilità e la violenza.

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@GMF_Palestine su Twitter

«La proposta di lasciare Gaza da parte dei gazesi si troverebbe di fronte a significative sfide legali, politiche e pratiche e probabilmente incontrerebbe una forte opposizione da parte della comunità internazionale e degli attori regionali», ha dichiarato ad Al Jazeera Alam Saleh, esperto di Medio Oriente presso l’Australian National University. Jean-Loup Samaan, ricercatore senior presso l’Istituto per il Medio Oriente dell’Università Nazionale di Singapore, ha affermato che Trump potrebbe cercare di rafforzare la sua posizione negoziale con Paesi come l’Egitto e la Giordania piuttosto che avanzare una proposta seria:

«A livello interno, inoltre, è in contrasto con la retorica ‘America First’: si tratterebbe di una nuova massiccia impresa di nation-building degli Stati Uniti in Medio Oriente, che probabilmente gli elettori americani non avevano in mente durante le ultime elezioni».

L’approccio di Trump alla questione israelo-palestinese riflette una visione geopolitica miope, incentrata su interessi economici e strategici a breve termine piuttosto che su una reale comprensione delle dinamiche storiche e culturali della regione. L’idea di poter “possedere” Gaza, come se fosse un semplice bene immobiliare, è non solo arrogante ma anche profondamente offensiva per milioni di persone che considerano quella terra la loro casa da generazioni.

In conclusione, il piano di Trump per Gaza appare come una soluzione semplicistica a una questione complessa, che rischia di aggravare le tensioni e le sofferenze nella regione piuttosto che promuovere una pace giusta e duratura. La comunità internazionale deve respingere con fermezza tali proposte e lavorare invece per una soluzione che rispetti i diritti umani, la dignità e l’autodeterminazione del popolo palestinese.

Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e studentessa di Didattica dell'Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty

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