20 anni fa il massacro alla scuola Diaz

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Ieri abbiamo ricordato la storia di Carlo Giuliani, del ragazzo 23enne ucciso dai poliziotti durante una manifestazione in cui la gente si lamentava, principalmente, di quello di cui ci lamentiamo anche noi oggi, solo che 20 anni fa non era ancora una normalità. Oggi, invece, ricordiamo il massacro alla scuola Diaz, avvenuto il 21 luglio 2001, giorno in cui una scuola, luogo di apprendimento e cultura, è divenuto luogo di ignoranza, cattiveria e violenza non giustificata.

Ieri in molti hanno deciso di sostenere la polizia. In molti hanno accusato Carlo Giuliani. In molti hanno dato la colpa a un ragazzino morto, e lo hanno fatto con saccenteria e cattiveria. Ma davanti a quello che è successo alla scuola Diaz, come puoi essere comunque dalla parte della polizia? Come puoi pensare che quelli fossero degli esseri umani con dei sentimenti? Come giustifichi una violenza di quel tipo? Non puoi farlo, ecco la verità. I fatti della scuola Diaz sono ingiustificabili e sono uno dei capitoli più amari della storia dell’Italia.

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Fonte: Twitter

Oggi a scuola non ce lo insegnano. Non ce lo raccontano. Ci fanno studiare il Medioevo ma non ci dicono che solo venti anni fa c’è stato un massacro che, oltre a essere tale, è stato uno dei momenti post Seconda Guerra Mondiale in cui delle persone sono state private dei diritti fondamentali. Quando studiamo quel singolo capitolo sul fascismo, non ci dicono tutte le atrocità, non ci dicono la storia nuda e cruda, ci dicono che Mussolini era cattivo e che ha portato l’Italia alla guerra. Ma gli studenti devono sapere tutto. Devono sapere com’è nato il fascismo, devono sapere come sono nati i fascisti di oggi.

Amnesty International lo definì come «la più grande sospensione dei diritti umani in un Paese Occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale», e un motivo ci sarà stato. Ieri vi abbiamo raccontato la storia di Carlo Giuliani, oggi invece vi raccontiamo quel che è successo nella scuola Diaz, ma prima facciamo un recap, per chi non conoscesse tutta la storia.

Dal 19 al 21 luglio 2001 Genova fu scelta come città per la riunione del G8, un meeting con gli otto governi più ricchi del mondo: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti, e in più parteciparono anche i rappresentanti dell’Unione Europea. Al centro di questa riunione c’erano ovviamente questioni politiche, tra cui anche la definizione dei futuri assetti del mondo, e questo portò molte associazioni e movimenti a manifestare.

Erano gruppi pacifici, sindacati, associazioni, tutti recatasi a Genova per manifestare il proprio dissenso e per chiedere la remissione del debito dei Paesi poveri e dei controlli sul potere fin troppo elevato delle multinazionali. In più, il fatto che si scelse proprio Genova come città per ospitare il G8, causò non poche polemiche, soprattutto perché Genova non era una città capace di accogliere tutta quella gente che sarebbe arrivata a manifestare. Tuttavia, il 19 luglio, le manifestazioni iniziarono comunque.

C’erano più di 50 mila persone per le strade del capoluogo ligure, che manifestavano in maniera pacifica, ma, già dal giorno dopo, la situazione è cambiata, perché ai manifestanti pacifici si aggiunsero i black bloc, ovvero dei manifestanti popolari per le azioni violente, vestiti in nero e mascherati. Insomma, sono dei vandali che devastano e mettono a fuoco la città, per poi fuggire e lasciare nei guai altra gente. E, infatti, le forze dell’ordine se la prende con altra gente che non c’entra nulla.

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Fonte: Twitter

I video di quel periodo sono terrificanti, fanno accapponare la pelle e ci fanno rendere conto di che giorni oscuri abbiano passato tutte quelle persone. I poliziotti prendevano a manganellate medici, ragazzi e ragazze disarmati, giornalisti, tutte persone che chiedono pietà ma che non la ottengono. Lanciano lacrimogeni e, proprio tra le 15 e le 17 in piazza Alimonda, in seguito al lancio di alcuni lacrimogeni, si consuma la prima tragedia.

Dei manifestanti restano intrappolati, non riescono a fuggire e, avendo anche paura di venire ulteriormente aggrediti dai poliziotti, attaccano un’auto dei carabinieri con all’interno tre di loro. Tra questi c’è Mario Placanica, la cui vita si incrocia con quella di Carlo Giuliani, che ha un estintore in mano e un passamontagna e che, proprio in quel momento, verrà colpito in testa da un proiettile. Ma non finisce qui, la vera e propria crudeltà sta nel come, senza alcuna pietà, il mezzo della polizia passerà due volte sopra il cadavere del ragazzo.

Il massacro alla scuola Diaz

Il giorno dopo la morte di Carlo Giuliani, il 21 luglio, le manifestazioni non si interrompono, ma continuano e continuano in un clima di grande tensione, come era ben prevedibile. Tuttavia, i manifestanti sono pacifici. Ricordate questo: i manifestanti erano pacifici, tuttavia c’era sempre la presenza dei black bloc e di gruppi violenti che danno un motivo alla polizia per pestare e lanciare lacrimogeni verso i manifestanti.

Ma cosa c’entra una scuola con il G8 di Genova? Ebbene, la scuola Diaz fu scelta come luogo in cui ospitare per l’ultima notte i manifestanti che decidono di non partire il 21 ma il 22 luglio. È stato il Comune a dare come sede “media center” del Genova Social Forum. Quindi nessuna occupazione illegale della scuola Diaz come mi è capitato di leggere online. I manifestanti, stanchi, si riposavano. Erano tra le 22 e mezzanotte quando, all’improvviso, entrano dei poliziotti in assetto antisommossa e comincio a picchiare tutti i presenti, senza alcun apparente motivo, senza dare alcuna spiegazione, senza fermarsi davanti alla richiesta di pietà.

Manganellate, calci, pugni, nessuno dei manifestanti ne esce illeso, gli infermi e i medici che sono arrivati in soccorso non avevano abbastanza materiale per medicare tutti. Erano persone disarmate e indifese, loro invece dei poliziotti addestrati e armati. Chiedevano la “pace” e invece ricevevano la violenza. Quella della scuola Diaz è stata una spedizione punitiva che ha rotto le ossa di tante persone, che ha ferito fisicamente ma soprattutto nell’anima tantissime persone.

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Fonte: Twitter

Molte delle vittime (in tutto furono ferite 82 persone) presenti alla Diaz sono state portate poi alla Caserma di Bolzaneto, dove sono sottoposte a sevizie, minacce di tipo politico e sessuale e ovviamente umiliazioni di ogni tipo. E sapete cosa faceva nel frattempo la polizia? Faceva una conferenza stampa in cui spiegava che la perquisizione nella scuola Diaz era avvenuta per cercare i componenti e i simpatizzanti dei black bloc, fecero persino vedere armi e bottiglie molotov che poi, dalle indagini, si scoprì che furono portate lì dagli stessi poliziotti.

Le immagini dei muri sporchi di sangue e le foto delle persone che uscivano in barella dalla scuola Diaz fecero in poco tempo il giro del mondo, finirono sotto accusa 125 poliziotti, tra cui anche dirigenti e capisquadra. Il vicequestore Michelangelo Fournier lo definì una «macelleria messicana», eppure quasi tutti i procedimenti furono archiviati perché i poliziotti avevano il volto coperto dai caschi antisommossa o da fazzoletti e anche perché, a quei tempi, in Italia non esisteva il reato di tortura, che è stato introdotto solo nel 2017.

Quello che è successo a Genova nella scuola Diaz ma anche nelle piazze dovrebbe essere solo l’ennesima testimonianza di come siano necessari i numeri identificativi sui caschi degli agenti. La polizia non ha mai realmente chiesto scusa, non si è mai realmente distaccata dai fatti avvenuti quella notte e, sebbene la magistratura riconosca il massacro nella scuola Diaz, è impossibile identificare tutti i colpevoli. Nel processo del 2010 furono condannati 25 imputati su 27, per massimo 5 anni, tuttavia molti di loro erano dei dirigenti e non i poliziotti impegnati nel massacro.

Tra l’altro, dal 2001 al 2012, anno il cui la Cassazione ha confermato le condanne, molti dei condannati sono arrivati con ruoli più di rilievo di quelli che avevano nel 2001. Sono stati premiati con promozioni e incarichi per aver torturato e picchiato delle persone innocenti e non armate. E come non citare anche l’omertà fra le Forze di Polizia? E queste non sono parole mie, ma sono le motivazioni della sentenza di primo grado: «la polizia, una volta venute alla luce le violenze compiute all’interno della Diaz, non abbia proceduto con la massima efficienza nelle indagini volte ad individuarne gli autori e ad accertare le singole responsabilità».

Numeri identificati sui caschi dei poliziotti per evitare che il G8 di Genova si ripeta ancora una volta. Proteggete i cittadini da chi dovrebbe farlo per lavoro.

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