Ryan Murphy difende Dahmer: la serie amata e odiata allo stesso tempo

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Ancora polemiche su Dahmer, la serie di Ryan Murphy che segue le vicende del serial killer Jeffrey Dahmer, interpretato dalla musa del regista, ovvero Evan Peters. A quanto pare, in seguito alle accuse di aver spettacolarizzato i brutali omicidi (ma forse sono solo gli adolescenti che tendono a romanticizzare qualsiasi personaggio) Netflix avrebbe rimosso il tag LGBT dalla serie, e Ryan Murphy ha difeso la sua opera in quanto «non tutte le serie gay devono raccontare storie felici».

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Diciassette omicidi fra il 1978 e il 1991, persone uccise in modi sadici che sfociano nel cannibalismo e nella necrofilia. Non c’è stato rispetto neanche per i cadaveri di quelle vittime, e immaginate adesso vedere queste adolescenti impazzite pronte a vendere la propria anima a un personaggio del genere. La popolarità non è dovuta solo all’aspetto dell’attore che interpreta il serial killer, certamente molto bello, ma anche alle varie challenge su TikTok, al limite della maleducazione.

Per chi ha visto la serie, o conosce semplicemente la storia, non è una novità che il serial killer fotografasse le sue vittime… Ebbene, quelle foto sono ancora di dominio pubblico, le si possono trovare facilmente cercandole su Google, e già questo è scandaloso. Ma qualcuno, come denuncia il New York Post, ha deciso di farci una vera e propria challenge: bisogna registrarsi mentre si guardano quelle foto per vedere la reazione. Già, proprio senza senso. A parte ciò, parliamo della trama ufficiale della serie.

Negli Stati Uniti, tra il 1978 e il 1991, un invisibile serial killer miete le sue vittime indisturbato lontano dagli occhi della polizia, colpendo principalmente minoranze, tra LGBT e persone nere. Ma quando odori repellenti, urla raccapriccianti e delitti impensabili cominciano pian piano ad emergere, le forze dell’ordine capiscono di dover intervenire al più presto per fermare questa furia omicida contro vittime innocenti che dura da oltre un decennio. Dahmer è anche una sorta di denuncia verso la polizia che non è minimamente intervenuta in quanto le vittime non erano bianchi ed etero.

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La risposta di Ryan Murphy alle critiche di Dahmer

Ryan Murphy, regista della serie, ha principalmente risposto al fatto che la serie Dahmer sia stata tolta fra i tag dedicati ai contenuti LGBTQ presenti sulla piattaforma di Netflix. Il regista si è detto contrario a questa scelta, in quanto è corretto per lui inserire il tag insieme ovviamente a quelli psicologico, vintage crime e horror. Al New York Times ha detto: «la regola della mia carriera è stata: più sei specifico più puoi diventare universale. Inoltre non penso che tutte le storie gay debbano essere felici».

«Da questo punto di vista è stata la cosa più grande che abbia mai visto, esamina davvero quanto sia facile farla franca se possiedi tutti i privilegi dei bianchi. E poi quali sono le regole adesso? Non dovremmo più fare film su un tiranno?», dice ancora. E in effetti nella serie si vede benissimo come Dahmer sia stato facilitato dall’essere un uomo bianco, tanto che, addirittura, la polizia gli riconsegna una giovane vittima che era riuscita a scappare dalla sua furia.

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Ha poi aggiunto che «c’era stato un momento su Netflix in cui hanno rimosso il tag LGBTQ da Dahmer e non mi è piaciuta quell’idea. Ho chiesto perché e mi hanno detto che è stato perché le persone erano sconvolte dalla serie e si trattava di una storia sconvolgente. Ho pensato ‘Beh, sì’. Ma era una storia di un uomo gay e, ancora più importante, delle sue vittime gay». Insomma, a Netflix importa del parere degli utenti solo quando non si lamentano delle serie costantemente cancellate senza un finale.

A questo punto Ryan Murphy ha voluto ricordare che nella sua serie non c’era solo un serial killer omosessuale, tuttavia anche delle persone omosessuali mostrate mentre godevano la loro vita in modo molto positivo, come ad esempio quella del gruppo di amici che parla di appuntamento, vita e ostacoli che affrontano non solo in quanto omosessuali, ma anche come sordo-muti, utilizzando il linguaggio dei segni.

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