Palestine Youth Club: il basket per l’inclusione

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Il Palestine Youth Club è una squadra di basket femminile e palestinese del campo profughi di Shatila, ma anche della stessa Palestina. Oggi dieci giocatrici sono volate a Madrid, in Spagna, grazie al progetto Basket Beats Borders, che consiste nella creazione di una squadra di basket di sole donne nel campo di Shatila. Lo scopo dell’iniziativa è quello di far conoscere alle ragazze il mondo fuori dal Campo Profughi, e, dopo essere andate in Libano e in Italia, adesso sono state in Spagna.

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Fonte foto: Fundacion Estudiantes su Twitter

Durante un’intervista con Large Movements, Daniele Bonifazi ha spiegato che Basket Beats Borders, grazie al supporto di diverse ONG e del Servizio Civile, porta le ragazze della Palestine Youth Club in Italia per giocare con delle squadre popolari di Roma. Il progetto ha avuto un impatto molto positivo sulle squadre coinvolte, ma l’obiettivo principale è quello di far «conoscere nuove realtà» alle ragazze, e «attraverso lo sport» di denunciare le «drammatiche condizioni di vita all’interno dei campi profughi». Infine, per «sconfiggere i pregiudizi di genere».

Il Palestine Youth Club, «è un movimento di base transnazionale, indipendente e di base di giovani palestinesi in Palestina e in esilio in tutto il mondo a causa della colonizzazione sionista in corso e dell’occupazione della nostra patria». «La nostra appartenenza alla Palestina e le nostre aspirazioni alla giustizia e alla liberazione ci motivano ad assumere un ruolo attivo come giovane generazione nella nostra lotta nazionale per la liberazione della nostra patria e del nostro popolo».

«Indipendentemente dai nostri diversi background politici, culturali e sociali, ci sforziamo di far rivivere una tradizione di impegno pluralistico verso la nostra causa per garantire un futuro migliore, caratterizzato da libertà e giustizia a livello sociale e politico, per noi stessi e per le generazioni successive».

«Guidati da principi di giustizia e liberazione, riconosciamo che la nostra lotta è intrinsecamente connessa con le lotte di tutti i popoli indigeni e oppressi. Affermiamo che la nostra lotta è profondamente radicata nel contesto regionale arabo che deve essere liberato dal neocolonialismo affinché la completa liberazione della Palestina diventi una realtà tangibile», leggiamo sul sito ufficiale. In che modo operano? Creando uno spazio sicuro per i giovani palestinesi, ma anche

  • «Avviando un’organizzazione di base, basata sulla comunità sul campo, affrontando in particolare il contesto e le esigenze delle diverse comunità arabe/palestinesi in cui viviamo, pur mantenendo il quadro di lotta per il Ritorno e la Liberazione del PYM.
  • Organizzando seminari specializzati per giovani palestinesi e programmi locali, nazionali e internazionali volti a sviluppare capacità di leadership e analisi critica tra i nostri membri e i giovani palestinesi attraverso un rigoroso curriculum educativo, continuiamo a sviluppare attraverso le nostre biennali Summer School.
  • Celebrando, commemorando e onorando contemporaneamente la nostra cultura, il nostro patrimonio e gli eventi storici nazionali attraverso eventi basati sulla comunità locale.
  • Partecipando a forum, conferenze, eventi e iniziative che cercano di sfidare il colonialismo, il razzismo e l’ingiustizia a livello globale attraverso un approccio di lotta congiunta. 
  • Crescendo e sviluppando con alleati solidali del terzo mondo per mantenere e costruire relazioni che legano la lotta palestinese per la liberazione tra tutti i popoli indigeni.
  • Sostenendo la nostra organizzazione attraverso la raccolta fondi di base e le donazioni dei nostri generosi sostenitori».

L’esperienza del Palestine Youth Club a Madrid

Amena al Madani, una delle giocatrici del Palestine Youth Club, ha detto di aver «dimostrato che sono una ragazza palestinese che può giocare a basket, posso essere qui a mostrare agli altri che una ragazza palestinese può giocare, ha capacità, ha talento e può essere una atleta». Le ragazze sono state accompagnate, durante uno dei dieci giorni in Spagna, da un allenatore professionista locale, Victor Barros, vice allenatore dell’Estudiantes Madrid femminile, che le ha aiutate con consigli tecnici.

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Fonte foto: Euronews

«Hanno la volontà e la capacità di migliorare, ma se le circostanze sono quelle che sono, ovviamente, sarà sempre complicato per loro, ma possono farcela, soprattutto con l’entusiasmo, che è la cosa più importante per svilupparsi e crescere in uno sport», ha detto l’allenatore. Insieme a loro, ci sono state anche tre giocatrici spagnole, sorprese del vedere, solo tramite foto, il luogo dove la Palestine Youth Club si allena in Palestina.

«Vedendole qui, mentre giocano, non sembra affatto che si allenino in una palestra semiabbandonata. Si muovono in modo spettacolare, tirano benissimo e giocano molto bene», ha detto Celia Perez. Il problema in Palestina è principalmente per gli impianti sportivi, in quanto diverse giocatrici e giocatori si stanno avvicinando allo sport, ma mancano oggettivamente i luoghi dove potersi allenare. Noha al Arab ha detto che «c’è un notevole divario tra il livello delle squadre, alcune erano buone, altre più debole: è stata una interessante esperienza».

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Fonte immagine: Euronews

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