I giudici della corte d’assise d’appello di Caltanissetta, che hanno processato il capomafia Matteo Messina Denaro per le stragi che hanno causato la morte dei giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, si sono riuniti stamattina in camera di consiglio per pronunciare la sentenza. Nel primo grado di giudizio, il capo della mafia è stato condannato all’ergastolo. Nonostante sia detenuto nel regime di isolamento 41 bis nel carcere de L’Aquila, il boss ha ancora una volta scelto di non partecipare all’udienza tramite videocollegamento. Gli avvocati dell’accusa sono Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono.
Diamo questa notizia proprio oggi, a distanza di 31 anni dalla strage che ha ucciso Paolo Borsellino, un uomo consapevole del destino che lo attendeva, o meglio, che non lo attendeva. Nei 57 giorni dalla strage di Capaci, in cui Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro persero la vita, Paolo Borsellino ripeteva spesso “ora tocca a me“. Era ben consapevole che la mafia avrebbe desiderato fermarlo, ma nessuno lo proteggeva. Paolo Borsellino sapeva che sarebbe stato ucciso, eppure non si fermò mai.
Quando si parla di mafia, non si dovrebbe parlare di storie d’amore come avviene con 365 giorni. Si dovrebbe parlare delle vittime, di tutte quelle persone che sono state uccise solo perché non si sono fatte corrompere, solo perché hanno alzato lo sguardo e hanno cercato giustizia. Matteo Messina Denaro è il figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano, Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, ed era latitante dal 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa.
«Sentirai parlare di me, mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità», scrisse, ovviamente facendo riferimento a come il suo nome sarebbe stato legato a omicidi. Tant’è che il capo mafioso è condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Era l’ultimo boss mafioso ancora ricercato, per cui adesso possiamo ritenere concluso uno dei periodi più bui dell’Italia. Ma non dimentichiamolo.
Confermato l’ergastolo per Matteo Messina Denaro
La corte d’assise d’appello di Caltanissetta ha confermato la condanna all’ergastolo del boss mafioso Matteo Messina Denaro, accusato di essere uno dei mandanti delle stragi di Capaci e via D’Amelio dove sono morti i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Il collegio, presieduto dal giudice Maria Carmela Giannazzo, ha accolto la richiesta dei procuratori generali Antonino Patti, Fabiola Furnari e Gaetano Bono. Difeso dall’avvocato d’ufficio Adriana Vella, Messina Denaro ha scelto di rinunciare a collegarsi dal carcere in cui è detenuto per ascoltare il dispositivo della sentenza.
Nel corso della requisitoria, il Pg Patti ha affermato: «L’accusa che si muove a Matteo Messina Denaro è di avere deliberato, insieme ad altri mafiosi regionali, che rivestivano uguale carica, le stragi. Quindi ci occupiamo di un mandante, non di un esecutore». L’avvocata Adriana Vella, invece, aveva chiesto l’assoluzione, in quanto secondo lei il mafioso «non era ai vertici di Cosa nostra» nel momento in cui avvennero le stragi del 1992, per cui «non ha partecipato alle riunioni deliberative» delle stesse.
Nell’udienza del 23 marzo, l’avvocata Adriana Vella è stata nominata dalla Presidente della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, Maria Carmela Giannazzo, in sostituzione dell’altro avvocato d’ufficio, Calogero Montante, che aveva presentato un certificato di malattia. In un’udienza precedente, un altro avvocato aveva rinunciato a rappresentare il boss mafioso, si trattava della nipote del capo mafia, Lorenza Guttadauro. L’avvocata si è detta emozionata in quanto si è trovata a difendere il boss «in un processo che fa la storia d’Italia».
Secondo l’avvocata Adriana Vella non è possibile stabilire che Matteo Messina Denaro abbia dato «la sua adesione al piano stragista». Soprattutto, «non ha avuto alcun ruolo nelle stragi, non ha messo a disposizione auto, armi o esplosivo», ribadisce l’avvocata nell’arringa di difesa ascoltata lo scorso 25 maggio per chiedere l’assoluzione del capomafia. Afferma ancora: «Signori della Corte, vi dovete chiedere quando e se e in quale luogo l’imputato Messina Denaro ha prestato il consenso, ha dato la sua adesione al piano stragista. Questa è una lacuna che non è di scarso rilievo».
Nei giorni scorsi, dopo l’arringa difensiva, il boss Matteo Messina Denaro ha inviato un telegramma alla sua avvocata per complimentarsi del suo intervento in aula durante il processo in Corte d’assise d’appello. Nel telegramma, Messina Denaro ha chiesto a Vella di essere disponibile per un colloquio telefonico, che tuttavia non si è mai svolto. «Dal poco che so mi è piaciuta la sua arringa», ha scritto il boss, augurandole poi una buona vita. Oggi è stata confermata la condanna all’ergastolo.
Matteo Messina Denaro colpevole!
— bafefit (@bafefit) July 19, 2023
Confermato in appello l’ergastolo come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio.
La sentenza arriva oggi nel giorno del 31° anniversario dell’uccisione del giudice #PaoloBorsellino.
Era ora dopo 31 anni!
La #mafia è una montagna di merda! pic.twitter.com/zgTqznfE8Y
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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