Perché tendiamo a dare le colpe di un figlio a una madre?

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Una donna incinta scompare. Si scopre che a farla scomparire e a ucciderla è stato il compagno. Si chiama lui mostro. Si cominciano a dare colpe alla madre di lui. Parliamo della tragedia di Giulia Tramontano, uccisa dal compagno e padre del bambino che sarebbe dovuto nascere a distanza di due mesi, che in questi giorni è divenuto un mostro come se non fosse semplicemente un uomo. È un uomo. Un uomo ha ucciso Giulia. Un uomo conscio delle sue azioni che non accettava che la sua compagna, da lui tradita, lo lasciasse. Un uomo, ha ucciso una donna. Se lo chiamiamo mostro stiamo minimizzando il problema dei femminicidi.

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Giulia Tramontano, una giovane di 29 anni che era incinta da sette mesi, aveva una relazione con Alessandro Impagnatiello, un barista di trent’anni. Proprio Alessandro aveva denunciato la scomparsa di Giulia. Le autorità locali, compresi i vigili del fuoco, gli elicotteri, i cani addestrati, la squadra scientifica, i militari e la protezione civile, si sono immediatamente mobilitati per cercare la ragazza in un’area che includeva il canale Villoresi, un campo da baseball e delle aree boschive, distanti circa un chilometro e mezzo dalla loro casa. Purtroppo, però, il corpo di Giulia è stato trovato a Senago, su indicazione dello stesso fidanzato che ha confessato di averla uccisa.

Dopo giorni di contraddizioni, Alessandro Impagnatiello ha confessato e ha indicato ai Carabinieri il luogo in cui aveva nascosto il corpo senza vita di Giulia, insieme al bambino che portava in grembo. Secondo quanto riportato dall’Ansa, l’assassino avrebbe ucciso Giulia a coltellate durante una lite e avrebbe poi tentato di bruciare il suo corpo, senza però riuscirci. Attualmente, è indagato per omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. Prima della confessione, tuttavia, erano già state trovate delle tracce, presumibilmente di sangue, all’interno dell’auto dell’uomo.

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Dalle indagini condotte dalla procura di Milano e dai Carabinieri emergono ulteriori dettagli che coinvolgono Alessandro Impagnatiello. Si è scoperto che l’uomo aveva più volte screditato Giulia Tramontano durante le conversazioni con la donna con cui aveva aveva una relazione parallela da diversi mesi e che lavorava insieme a lui. Sembrerebbe che sia stata proprio questa donna a chiedere al trentenne di incontrare la sua fidanzata, di cui inizialmente non era a conoscenza (Impagnatiello viveva una doppia vita).

La storia di Giulia Tramontano è la storia di un’ennesimo femminicidio, di cui oggi tutti parlano. Ci racconteranno chi era Giulia, parleranno con i suoi familiari, probabilmente ci racconteranno anche la vita dell’uomo che avrebbe dovuto amarla ma che l’ha tradita, le ha mentito, l’ha uccisa e ha anche cercato di bruciare il suo corpo. Poi, la settimana prossima, forse due, tutto tornerà alla normalità. Tutto in silenzio, fino al prossimo femminicidio. Giulia Tramontana e il suo bambino sono stati uccisi, diventeranno delle scarpette rosse di “non una di meno“. Ma, ogni volta, una in meno di noi c’è. Giustizia per Giulia, e per tutte le donne vittime degli uomini.

Accusare la madre di Impagnatiello è alimentare il patriarcato

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a diverse persone che attaccano la madre di Alessandro Impagnatiello, già distrutta non solo perché lei stessa aveva un buon rapporto con Giulia e perché anche lei ha perso un nipote e una nuora per mano del figlio. Perché? A quanto pare una madre è responsabile dell’educazione del figlio anche se questo figlio ha 30 anni. Lasciate che vi dica una cosa: i genitori (e non la madre!) sono responsabili dei crimini del figlio solo se il figlio ha meno di 10 anni. A 30 anni ha scelto lui, a prescindere dall’educazione che gli è stata impartita, del femminicidio della fidanzata. Solo lui.

Penso a un libro letto tempo fa, scritto dalla madre di uno dei due killer della Columbine. In quel caso parliamo di un ragazzino di 17 anni che ha ucciso i suoi compagni di scuola nella prima school shooting degli Stati Uniti d’America. Anche in quell’occasione, ovviamente… Colpa alle mamme. La madre di Dylan Klebond ha sempre amato il figlio: famiglia cristiana e praticante, piena d’amore e rispetto. Eppure il figlio è un assassino che ha distrutto la vita di tantissime persone. Che poi probabilmente dietro gli assassini della Columbine ci fossero problemi di salute mentale mai curati, è un altro discorso. Ma una madre non può pensare che il figlio arrivi a tanto.

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Allo stesso modo, la madre di Alessandro Impagnatiello non poteva immaginare che il figlio arrivasse a tanto. Nessun genitore può pensare che il figlio sia un serial killer. Soprattutto, però, dovremo chiederci: perché davanti a un femminicidio si infierisce sulla madre che tra l’altro non tenta neanche di giustificare il figlio ma riconosce il fatto che sia stato un mostro? Il padre non ha alcuna responsabilità sull’educazione di un figlio? La colpa è di chi ha ucciso Giulia e basta, ma perché quando si cercano dei colpevoli dietro all’educazione di un assassino, non si pensa minimamente alla figura paterna?

Una madre distrutta, in lacrime, che va in diretta televisiva per giustificare se stessa, non il figlio. Per chiedere perdono per le azioni del figlio di cui però lei non è minimamente responsabile. «Io le chiedo perdono, da madre, ma non so cosa fare. Io le chiedo perdono per aver fatto un figlio così, io chiedo perdono a tutta la famiglia», ha detto tra le lacrime alle telecamere de La Vita in Diretta la madre di Alessandro Impagnatiello. Si rivolge anche al figlio: «Hai fatto schifo. Sei un mostro. Purtroppo sei un mostro. È la verità, è tua mamma che te lo sta dicendo. Sei un mostro».

Parole che poi sono state riprese dalla stessa Mara Venier che invece di dire a una donna già psicologicamente distrutta che lei non ha colpe, che non è responsabile delle terribili azioni di un figlio 30enne, mette il coltello nella piaga: «Vorrei anche mandare un abbraccio alla mamma di Alessandro, l’assassino. Signora, lei ha fatto un’intervista in cui dice ‘Vi prego di perdonarmi perché mio figlio è un mostro’. Sì signora, suo figlio è un mostro». Insomma, le ha mandato un abbraccio infierendo in diretta nazionale sulla salute mentale di una donna che di certo non aveva bisogno anche della Mara Venier di turno (ennesima testimonianza della decadenza del giornalismo italiano). Poi, in mezzo alla polemica, si giustifica:

«Non volevo assolutamente essere critica nei confronti della famiglia di Alessandro. Io ho visto la sua intervista drammatica, che ha fatto male anche a noi, straziante, credo che il dolore sia enorme. Quando io ho detto quelle parole, ‘Sì, suo figlio è un mostro’, volevo solo dire ‘sì signora purtroppo lo diciamo tutti, che suo figlio è un mostro’. Lo pensiamo tutti perché è una cosa che ha colpito tutti. Però io non volevo assolutamente mancarle di rispetto e le chiedo scusa se l’ho fatto. Sono vicina sia alla famiglia di Giulia che alla sua.

Signora Sabrina lei è una vittima e sta affrontando un dolore enorme, a me vedere quell’intervista mi ha straziata dal dolore, perché posso immaginare cosa stia vivendo e quale sia la sua sofferenza, se ho sbagliato all’inizio le chiedo scusa, voglio farle sapere che le siamo vicini perché il dolore è enorme».

Alla fine della questione, l’unico colpevole dell’omicidio di Giulia Tramontano è Alessandro Impagnatiello. La madre non ha alcun bisogno di chiedere scusa per qualcosa che lei non ha fatto e qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dirle che lei non ha nessuna colpa per il femminicidio, invece di ribadire che il figlio è un mostro. Perché dando la colpa alle mamme per le azioni dei propri figli stiamo solo alimentando quella mentalità che vede le donne responsabili per le azioni degli uomini. Facciamoci un po’ schifo.

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