Non è stato il primo vero massacro scolastico (sebbene in molti ritengano che lo sia), ma è stato quello che ha fatto più scalpore e, da quel momento, per tutti i ragazzini psicopatici Dylan Klebond ed Eric Harris sono divenuti delle divinità. Quello del 1999 alla Columbine High School è stato il massacro scolastico che ha evidenziato il problema delle armi negli USA e, da quel momento, sono cambiate tante cose, sia per gli studenti che al giorno d’oggi fanno tante esercitazioni, che per le forze dell’ordine che, prima di quella strage, non erano autorizzati ad agire subito.
Il pensiero che sia stato coniato un termine, school shooting e che, cercando massacro scolastico, esca una vera e propria pagina su Wikipedia con un indice e tante informazioni, ci fa comprendere che il problema è reale. La school shooting è una sparatoria di massa che avviene all’interno di una scuola o di un’università. Ogni volta che c’è un massacro scolastico, come quello di Columbine, i politici fanno una preghiera per le vittime, ma non agiscono in alcun modo sul porto delle armi, e quindi poi altre vittime muoiono dopo qualche mese, o anno.
Molti ritengono che il primo caso di school shooting sia del 1927, quello alla Bath School, una scuola elementare in cui morirono 45 persone, tuttavia in quel caso non ci fu alcuna sparatoria, per cui non può essere considerata una school shooting. Quelle persone, quei bambini, persero la vita a causa di un ordigno. La prima vera school shooting fu quella del 1979, per mano di Brenda Spencer, 16 anni, che poi divenne celebre per il suo «I don’t like Mondays». Lei ritiene che Dylan Klebond ed Eric Harris, i killer di Columbine, si ispirarono a lei.
Tuttavia, dal 1999, da quando i due aprirono il fuoco sulla Columbine High School, ci sono state tantissime school shooting e questo ci fa comprendere che non è stato fatto abbastanza per salvare i bambini, gli adolescenti e, soprattutto, il futuro. C’è stata persino una sparatoria nel 2021, non negli USA. Ovviamente a causa della pandemia che ha costretto molti studenti in dad, le sparatorie sono diminuite, infatti l’ultima che ha fatto tante vittime è nel 2019, in Brasile alla Suzano School Shooting, che è proprio stata ispirata a quella della Columbine.
School Shooting: dalla Columbine alla Suzano
Ci dicono sempre che il periodo scolastico è il migliore della nostra vita, che conosceremo persone fantastiche, che creeremo dei ricordi indelebili. Noi in Italia abbiamo il problema del bullismo e sicuramente esiste anche altrove, ma, fortunatamente, noi non ci troviamo a dover fare delle simulazioni di school shooting. In America, invece, sono normali. Perché, in America, nel periodo più bello della tua vita, potresti morire oppure veder morire la tua migliore amica, i tuoi compagni di classe, i tuoi insegnanti.
In Italia abbiamo l’ansia dell’interrogazione, magari siamo felici se il ragazzino che ci piace ci guarda o ci sorride, oppure siamo tristi se non sa neanche che esistiamo. E deve essere così, e va benissimo così. È giusto è normale provare queste emozioni. Non è però normale, né per lo studente né per un genitore, aver paura di non vedere più i propri affetti perché uno studente ha deciso di prendere un’arma e cominciare a uccidere i suoi compagni di classe.
A 22 anni da Columbine, le cose non sono cambiate. I ragazzi continuano ad aver paura, continuano a morire. Virginia Polytechnic, Chardon High School, Sandy Hook, Santa Monica, Campus di Santa Barbara, Marjory Stoneman, sono solo alcuni degli esempi più famosi. Della Chardon High School dobbiamo ricordare TJ Lane, il killer, che durante il processo, invece di chiedere scusa, di cercare di giustificarsi, affermò di «masturbarsi in memoria» delle vittime, con tanto di dito medio finale e maglietta fuck you, giusto per far comprendere che a lui proprio non frega nulla di quelle vite.
Le vittime, poi, non si fermano al giorno del massacro, alla school shooting. Sia dopo Columbine che dopo altri massacri, le vittime, che siano dei genitori che hanno perso dei figli, o semplicemente dei sopravvissuti, non riescono a convivere con quel ricordo, con quelle perdite, con le cose che sono stati costretti a vedere. Un esempio è Sydney Aiello, che ha visto morire la sua migliore amica, o ancora Jeremy Richman, che ha perso la sua bambina di 7 anni.
Sono passati 22 anni dal massacro alla Columbine, da quando 15 persone hanno perso la vita. In molti hanno parlato di questo problema, sia in documentari che in serie tv (che vanno da American Horror Story a 13 reasons why), ma nessuno fa mai qualcosa di concreto, nessuno che pensa «forse dovremmo evitare agli adolescenti o alle persone di comprare le armi come fossero un pacco di patatine». Perché pregare dopo una strage non riporta in vita quelle persone, non dà loro il futuro che gli è stato strappato via. Finché negli USA come nel mondo ci saranno altre Columbine, gli studenti non saranno mai al sicuro.
7000 shoes outside the U.S. Capitol rn to represent the children who lost their lives due to guns since Sandy Hook. Tom Mauser brought a pair of his son Daniel’s shoes to help w/ this installation. Daniel was 15 when he was shot and killed at Columbine. #NotOneMore @Avaaz @MoveOn pic.twitter.com/ibUXjzyQU2
— Sara Pearl (@skenigsberg) March 13, 2018
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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