Joe Biden, il più grande avversario di Donald Trump nelle elezioni 2020 degli Usa, presenta come sua vice-presidente una donna nera, la prima nella storia a poter essere vice-presidente: Kamala Harris.
A distanza di quattro anni dalle ultime votazioni per il Presidente degli Stati Uniti d’America, il paese si prepara per le prossime campagne elettorali. Certo, le condizioni sembrerebbero non essere le ideali a causa del Coronavirus, che continua a mietere vittime in tutto il mondo con numeri che non mostrano nessun segno di resa, e l’attuale presidente Donald Trump pare marciare sulla pandemia per poter rimandare le elezioni, pur non avendo il potere di farlo.
Che sia spaventato? In effetti sappiamo che ultimamente hanno iniziato a viaggiare su Twitter immagini che mostravano alcuni camion del servizio postale nazionale impegnati nella rimozione delle cassette della posta. I dubbi sono stati pochi, si è pensato subito ad un sabotaggio da parte dell’attuale Presidente, preoccupato per la possibilità di un voto per corrispondenza a novembre, la soluzione più logica se si pensa di votare durante la pandemia. Questo però non per Trump, il quale è del parere che un voto via posta porterebbe a frodi di ogni genere.
Chi è il principale avversario di Donald Trump?
Il suo nome è Joe Biden, senatore del Delaware dal 1973 al 2009 e vicepresidente degli Stati Uniti sotto l’amministrazione di Obama, dal 2009 al 2017.
Il 6 giugno 2020 Biden diviene candidato in pectore del Partito per la presidenza e alla fine delle votazioni dell’11 agosto, con il totale di 19.058.015 voti, è il candidato democratico con più preferenze nella storia delle primarie democratiche degli Stati Uniti e al momento anche quello più benvoluto.
A fare scalpore però non sono stati i risultati che sino ad adesso Biden ha ottenuto: l’11 Agosto ha anche annunciato ufficialmente il nome della sua candidata alla vicepresidenza, ovvero Kamala Harris, la prima donna nera ad essere indicata in un ticket presidenziale.
Kamala Harris: vice-presidente donna e nera
Nata da madre indo-americana e da padre di origini giamaicane e con alle spalle una famiglia impegnata nel sociale (suo nonno era un alto funzionario del governo che aveva combattuto per l’indipendenza e la nonna un’attivista) il curriculum di Kamala Harris sembra interminabile.
Avvocato, intraprende la carriera di procuratore distrettuale, per poi diventare la prima donna a ricoprire la carica di procuratore generale della California. Nel 2016 fa la sua comparsa in politica, candidandosi al Senato. Ciò però non basta alla Harris, che nel 2019 annuncia la sua candidatura alle primarie democratiche: non ricevendo i voti sperati, cambia strategia, ritirandosi e appoggiando Joe Biden. È stato solo questo però a far sì che questa formidabile donna venisse scelta come vicepresidente, in caso di vittoria, al fianco dell’ex braccio destro di Obama?
Kamala è una donna che senza dubbio ha sempre saputo cosa volere dalla vita. Determinata, caparbia, intraprendente, dà voce a coloro che, purtroppo, non hanno i mezzi per potersi far ascoltare. Ciò che desidera è portare dei cambiamenti nella storia, combattendo contro le ingiustizie che continuano ad essere alla portata di ogni giorno. L’America che sogna? Quella in grado di unire tutti: donne, neri, bianchi, asiatici, latini, indigeni.
Per Kamala Harris “non esiste un vaccino contro il razzismo” e al momento si sente lontana anni luce da quel paese che tanto vorrebbe. La colpa per lei ricadrebbe sull’attuale presidente, Donald Trump, artefice delle disgrazie che, a suo parere, hanno colpito gli Stati Uniti negli ultimi quattro anni.
Una donna senza peccati?
Come sappiamo, nessuno è privo di colpe: la Harris a quanto pare nel suo armadio nasconde scheletri che i suoi avversari politici, e non solo, tendono a mettere in evidenza.
Nonostante la senatrice Californiana si sia fatta sentire durante le proteste in nome di George Floyd, l’uomo afroamericano ucciso da un agente della polizia statunitense, scendendo in piazza e manifestando contro il razzismo e la violenza dei “cops”, in molti non dimenticano il passato di questa donna, che aveva la fama di essere una dura tutrice dell’ordine.
Le accuse alle sue spalle variano: c’è chi la colpevolizza per aver fatto ricorso ad una sentenza che riteneva incostituzionale la pena di morte, chi le ricorda di non aver sostenuto un progetto di legge che nominava un procuratore speciale per i casi di uso eccessivo della forza da parte della polizia, o ancora il suo non ammettere persone transessuali nelle carceri del genere in cui esse si identificavano e il negare loro operazioni di cambio genere.
Le accuse demoralizzano l’animo della senatrice?
Kamala Harris non si lascia troppo scalfire dalle critiche, alle quali risponde dichiarando che, a quei tempi, stava solo facendo rispettare le leggi vigenti e che, una volta compreso i retroscena ha fatto di tutto per cambiare le carte in regola.
Lei stessa afferma di sapere di essere stata in grado di apportare alcuni cambiamenti nel sistema giudiziario, ma di per certo sa anche che ciò non è stato sufficiente; si dice però pronta a sostenere ulteriori riforme al sistema giudiziario penale. Basteranno però queste poche parole a mettere a tacere gli animi inquieti dei suoi oppositori?
Nonostante i chiaroscuri del suo carattere, Kamala Harris potrebbe essere realmente la donna pronta a far tornare l’America sulla giusta strada per essere un paese migliore, contrastando il lavoro fatto sino ad adesso da Donald Trump, o almeno questo è quello che pensano i suoi numerosi sostenitori.
Ciò che rimane quindi da chiederci è: l’attuale candidata alla vicepresidenza americana, Kamala Harris, è una pragmatica politica, capace di costruirsi un profilo progressista per attrarre consensi, oppure è realmente cambiata?
Giorgia, 22 anni di amore verso la letteratura, il cinema, la scrittura e ogni forma di arte. Serie tv e libri sono il mio pane quotidiano.