La situazione delle persone LGBT in Indonesia è tragica da diverso tempo ormai, tuttavia adesso c’è più consapevolezza e c’è più forza di ribellione. Si è coscienti del fatto che non si è sbagliati perché si ama qualcuno dello stesso sesso o non ci si riconosce nel sesso in cui si è nati. La situazione si è aggravata nel 2016, nonostante anche negli anni precedenti la vita delle persone LGBT non fosse facile. Tuttavia, prima d’allora, mentre nessuna legge nazionale li proteggeva specificamente dalla discriminazione, il governo centrale non aveva mai criminalizzato il comportamento omosessuale. Ma adesso la situazione è peggiorata.
Partiamo dal gennaio 2016, quando «una serie di commenti pubblici anti-LGBT da parte di funzionari del governo è cresciuta in una cascata di minacce contro gli indonesiani LGBT da parte di commissioni statali, islamisti militanti e organizzazioni religiose tradizionali. Questa manifestazione di intolleranza ha portato a proposte di leggi che rappresentano una grave minaccia a lungo termine per i diritti e la sicurezza degli indonesiani LGBT». Il 24 gennaio 2016 il ministro dell’Istruzione superiore Muhammad Nasir ha dichiarato di voler bandire le organizzazioni studentesche LGBT dai campus universitari.
Il ministro della difesa, invece, ha etichettato l’attivismo per i diritti LGBT una guerra per procura contro la nazione guidata da estranei, più pericolosa di una bomba nucleare. Gli psichiatri hanno proclamato l’orientamento sessuale omosessuale e le identità transgender come “malattie mentali“. La più grande organizzazione musulmana del paese ha chiesto la criminalizzazione dei comportamenti e dell’attivismo LGBT e la “riabilitazione” forzata per le persone LGBT. Potete trovare più dettagli sulla situazione delle persone LGBT in Indonesia in questo report.
Intanto, però, solo qualche giorno fa la famiglia della leadership regionale dell’unità islamica della città di Bogor (Persis) ha detto di rifiutare categoricamente l’esistenza delle persone LGBT. Durante lo studio mensile presso la Moschea Ijtihad Al Walidain, si è parlato di «esporre i pericoli delle persone LGBT alla resilienza familiare e religiosa». Alla fine del convegno, hanno chiesto al sindaco di Bogor di emettere il Perwali Perda P4S (prevenzione e controllo del comportamento sessuale deviante) per impedire lo sviluppo delle persone LGBT nell’area di Bogor. E la situazione altrove non è migliore.
Indonesia: il sindaco di Medan contro le persone LGBT
«Lungo la strada davanti al municipio mi sono chiesto perché ci fossero uomini insieme ad altri uomini. Questo è inaccettabile. Non ci sono persone LGBT nella città di Medan. Siamo anti-LGBT», leggiamo sul sito di Coconuts, che ha denunciato il discorso del sindaco di Medan. Continua dicendo che «non c’è un solo gruppo etnico a Medan che sostenga le relazioni tra persone dello stesso sesso. Aderiamo quindi ai nostri valori culturali, sia in termini di tradizione e vita quotidiana, sia nelle relazioni». Ha poi augurato ai single della città di trovare dei partner eterosessuali, che si sposino e abbiamo due figli.
Ad eccezione della provincia di Aceh, l’Indonesia non criminalizza ufficialmente le relazioni omosessuali, le preferenze sessuali o le espressioni sessuali. Nonostante ciò, la comunità LGBTQ+ deve costantemente affrontare persecuzioni e persino procedimenti giudiziari utilizzando leggi ambigue legate ai valori morali, per non parlare di tutte le dichiarazioni omofobe fra cui troviamo anche quella di Bobby Nasution, sindaco di Medan e anche genero del presidente dell’Indonesia, Joko Widodo.
La Commissione nazionale per i diritti umani (Komnas HAM) ha avvertito Bobby che tale discriminazione è contro la costituzione del paese. «Tutti i cittadini di questa nazione devono essere protetti dalla discriminazione basata su razza, religione, orientamento sessuale e altro», ha detto il commissario di Komnas HAM Anis Hidayah. Ha poi spiegato che la costituzione in Indonesia considera tutti uguali davanti alla legge. Inoltre, sulla base della legge sui diritti umani, si sottolinea che non dovrebbe esserci alcuna discriminazione.
Continua dicendo che «la discriminazione è definita come restrizioni, molestie, esclusione direttamente o indirettamente basate su differenze sulla base di religione, etnia, gruppo di classe, condizione economica, lingua. Risulta nella riduzione delle deviazioni dall’eliminazione del riconoscimento dell’attuazione o dell’uso dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Sia individualmente che collettivamente nel campo dell’economia, della politica, del diritto sociale e di altri aspetti della vita, le discriminazione non dovrebbero verificarsi».
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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