La madre di Elena Del Pozzo, la piccola bambina che si pensava fosse stata rapita ma che in realtà era stata uccisa, ha confessato. Le sue parole sono agghiacciante, è impossibile empatizzare in qualsiasi modo con la sua storia, eppure dei giornali fanno quello che fanno sempre quando un innocente viene ucciso: descrivono in modo carino l’assassino. È questo quello che ho notato mentre cercavo delle notizie oggi, e per questo voglio proprio partire con questa digressione: certo, è sbagliato augurare la morte a una persona, ma allo stesso tempo è sbagliato descriverla come una “povera mamma gelosa della compagna dell’ex“.
Non si tratta proprio di victim blaming. Penso e spero che nessuno stia dando la colpa alla piccola Elena Del Pozzo per quel che le è accaduto. Non sta esattamente avvenendo quello che succede quando una donna viene uccisa dal proprio compagno e ci tocca leggere commenti come: “chissà quanto rompeva le scatole” o ancora “sì ma lei lo aveva tradito” e chi più ne ha, più ne metta. In questo infanticidio si sta semplicemente cercando di empatizzare verso la madre, verso la ragazzina che ha perso il lume, oscurata dalla gelosia. Ma si può davvero provare a mettersi nei panni di un assassino? Di una persona che ha ucciso la propria bambina?
Gli infanticidi in Italia, tra l’altro, non sono neanche un fenomeno così poco diffuso. Quest’anno è già il terzo che abbiamo, ma è il primo per mano della mamma. In entrambi i casi precedenti, i mariti, quasi ex, si sono voluti vendicare per la separazione. Uno dei casi più noti, però, è quello di Samuele Lorenzi, di 3 anni. La madre, Annamaria Franzoni, si è sempre dichiarata innocente, ma il bambino fu trovato con profonde ferite alla testa. L’arma del delitto non fu mai trovata.
E ancora, il terrificante caso di Loretta Zen, che uccise la figlioletta di 8 mesi mettendola nella lavatrice e attivando il lavaggio. Il padre la ritrovò morta quando tornò a casa con la figlia di 11 anni. Un caso simile a quello di Elena Del Pozzo, invece, è quello di Loris Stival, un bambino trovato morto in un canalone. La madre ne aveva denunciato la scomparsa poche ore prime. Dopo aver provato a incolpare il suocero, confessò l’omicidio.
Le vittime sono sempre i bambini. Vittime della pazzia, della gelosia, di genitori che non meritano di essere chiamati tali. E la madre di Elena Del Pozzo non fa eccezione. Cosa mai può portarti a uccidere la tua stessa figlia che ti amava più della sua stessa vita? Che era innocente, ingenua, indifesa. E come può qualcuno anche solo provare a giustificarla?
Sapete a cosa mi fa pensare l’orrore vissuto dalla piccola #Elena? Al calvario di controlli, test psicologici e idoneità che si devono affrontare per un’adozione, e poi c’é chi ha la benedizione di avere una figlia e la ammazza. E non parlatemi di depressione, era lucidissima.
— Marco Pignatello (@MarcoPignatello) June 14, 2022
Elena Del Pozzo: la confessione e la storia della amdre
«Quando ho colpito Elena avevo una forza che non avevo mai percepito prima. Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato», leggiamo sul Corriere. A parlare è Martina Patti, 23enne, madre di Elena Del Pozzo, di cui oggi tutti conoscono il nome a causa di una tragedia. All’inizio si pensava fosse stata rapita, persino la mamma di Denise Pipitone, bambina che davvero è stata rapita quasi 18 anni fa, ha fatto un appello per farla tornare a casa. Ma la verità era più amare di quel che si pensasse.
«Quando ho preso mia figlia all’asilo siamo andate a casa mia. Elena ha voluto mangiare un budino poi ha guardato i cartoni animati dal mio cellulare. Io intanto stiravo… in serata saremmo dovute andare da un mio amico per il suo compleanno ed Elena era contenta… poi siamo uscite per andare a casa di mia madre, ma poi ho rimosso tutto», ha continuato Patti nella sua confessione, avvenuta dopo ore e soprattutto dopo che le forze dell’ordine si sono rese conto che qualcosa nel suo racconto non tornasse.
«Non ricordo se ho portato con me qualche oggetto da casa. All’incirca erano le 14.30, siamo andate nel campo che ho indicato ai carabinieri». Aggiunge: «Era la prima volta che portavo la bambina in quel campo… ho l’immagine del coltello, ma non ricordo dove l’ho preso. Non ricordo di aver fatto del male alla bambina, ricordo solo di aver pianto tanto». L’avvocato, in seguito a queste dichiarazioni, ha chiesto la perizia psichiatrica, per accertarsi delle sue condizioni e di cosa l’abbia portata a un gesto così tragico e crudele.
Continuiamo a leggere sul Corriere: «…forse ho capito che la bambina era morta e non sapevo che cosa fare. Subito dopo ho chiamato il padre di Elena, ma ero così agitata che non capivo cosa dicessi… quindi sono andata a casa dei miei genitori, ero molto confusa e quello che era successo non mi sembrava reale». Tra l’altro, non ricorda dove ha messo l’arma del delitto, ma solo di essersi cambiata prima di andare dai genitori, sebbene i vestiti che indossava non fossero sporchi di sangue, ma aveva solo delle macchie «nelle braccia». Aggiunge che piangeva molto forte.
«Quando ho incontrato i miei genitori e Alessandro (l’ex compagno, ndr) ho inventato la storia che ci avevano fermato e che avevano rapito la bambina sfruttando la storia delle minacce ad Alessandro», facendo riferimento a una minaccia che il padre di Elena Del Pozzo aveva ricevuto tempo fa. «Non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io», conclude. Così come non ricorda perché lo abbia fatto, «era come se in quel momento fossi stata una persona diversa».
Riguardo il movente, non è stata in grado di spiegarlo, ma i carabinieri ritengano che possa trattarsi di una forma di gelosia in quanto la bambina cominciava ad affezionarsi alla compagna dell’ex fidanzato, padre di Elena Del Pozzo. Gli inquirenti hanno parlato di «un triste quadro familiare» con «due ex conviventi che, a prescindere dalla gestione apparentemente serena della figlia Elena, avevano allacciato nuovi legami e non apparivano rispettosi l’un l’altro».
Piercarmine Sica, comandante del reparto operativo dei Carabinieri di Catania, ha spiegato: «Una delle possibili ragioni che hanno portato Martina Patti a compiere il gesto, può essere proprio la gelosia, non solo della nuova compagna dell’ex convivente ma anche del possibile affezionarsi della figlia nei confronti della donna». Secondo gli agenti, tra l’altro, la Patti avrebbe progettato l’omicidio, in quanto si sarebbe anche procurata una pala e una zappa per occultare il cadavere della piccola Elena Del Pozzo.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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