Alessandra Matteuzzi: le dichiarazioni della madre del killer sono il risultato di una società maschilista

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Tutti, ormai, stanno parlando delle dichiarazioni della madre di Giovanni Padovani, l’uomo che ha ucciso la sua ex compagna, Alessandra Matteuzzi. La donna è stata la testimone principale per la nuova udienza del processo, mentre il figlio, ex calciatore di Senigallia, è ormai in carcere dal 23 agosto 2022 accusato di femminicidio, in quanto ha ucciso Alessandra Matteuzzi, sua ex fidanzata di cui era molto geloso. La donna lo aveva anche denunciato, ma questo non è bastato per non ridurla all’ennesimo numero e l’ennesimo nome nella lista dei femminicidi in Italia.

Alessandra Matteuzzi aveva 57 anni ed era appassionata di moda, tanto da lavorare nel settore da anni in qualità di rappresentante di vendita di uno showroom con sede anche a Milano. Sul suo profilo Instagram, infatti, si vedono diverse foto in cui prova outfit, felice, libera. Giovanni Padovani, l’assassino, è invece un calciatore di 27 anni nato a Senigallia, in provincia di Ancona, ma che, per il calcio, vive a San Cataldo, dove gioca per la squadra cittadina. Pur di uccidere Alessandra, avrebbe abbandonato il raduno, preso un aereo e si sarebbe appostato sotto casa sua.

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Alessandra Matteuzzi

Lei lo aveva anche denunciato a fine luglio, ed agli inizi di agosto era stato aperto un fascicolo in procura, con le indagini delegate ai carabinieri. Gli investigatori hanno avviato gli accertamenti e sentito diversi testimoni, inviando una prima informativa in Procura attorno alla metà di agosto, sebbene dovessero ancora ascoltare altre persone al momento lontane da Bologna per le vacanze. In più, qualche giorno prima di essere uccisa, Alessandra Matteuzzi aveva anche chiamato il legale per comunicargli che Padovani si era presentato ancora sotto casa sua.

Come se ciò non bastasse, 25 persone sono state denunciato per i messaggi e i commenti pubblicati sui social dopo l’omicidio della 57enne. I parenti della donna sono assistiti dall’avvocata Chiara Rinaldi e hanno presentato alla Procura bolognese una denuncia chiedendo di agire contro gli autori delle parole di disprezzo e odio nei confronti della donna, pubblicate su Facebook e Instagram dopo il femminicidio. Fra loro c’è anche Donatello Alberti, direttore della Croce Bianca di Ferrara, che nelle ore successive al femminicidio scrisse sui social: «Comunque anche lei come andava conciata, ovvio che il ragazzo era geloso».

Le dichiarazioni della madre del killer di Alessandra Matteuzzi

«Mio figlio era delirante, da quando ha conosciuto lei non era più lui. Erano incompatibili. Era tutto un dispetto. Solo la forte attrazione sessuale li univa. Tutti e due si lamentavano con me dell’altro, dopo le liti. Lei una volta mi ha detto che lo voleva denunciare perché lui aveva le password delle telecamere di casa sua e io le ho detto lascia perdere, ormai vi siete lasciati, lui gioca a calcio in Sicilia: perché rovinare la vita a un ragazzo di 26 anni, che è normale che faccia delle stupidaggini?», ha affermato la donna in aula.

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Alessandra Matteuzzi

Analizziamo le sue parole, in particolare quel “lei una volta mi ha detto che lo voleva denunciare perché lui aveva le password delle telecamere di casa sua e io le ho detto lascia perdere, ormai vi siete lasciati, lui gioca a calcio in Sicilia“. Se sei consapevole che tuo figlio è violento con la sua fidanzata o ex fidanzata, non dovresti consigliarle di non denunciare, dovresti prendere tuo figlio e cercare di fargli comprendere i suoi errori. Non dico che dovresti spronarla a denunciare perché probabilmente nessuna madre lo farebbe, ma di certo non le vai a dire “lascia perdere“.

In particolare, lei dice: “perché rovinare la vita a un ragazzo di 26 anni, che è normale che faccia delle stupidaggini?“. No. Punto primo, la vita rovinata non è quella di lui, ma quella di lei che è stata letteralmente stalkerizzata, molestata e anche violentata (ma questo lo vedremo dopo). Punto secondo, non sono “stupidaggini”, in particolare messe di fronte a una persona di 26 anni. Capiamo che per ogni madre, i figli saranno sempre bambini, ma a 26 anni si è adulti, e soprattutto non si può giustificare e minimizzare in questo modo barbaro una violenza.

A proposito dello stupro, Alessandra Matteuzzi, poco più di un mese prima del femminicidio, scriveva alla madre del suo assassino: «Dopo avergli detto che ero stanca, non me la sentivo, dopo averlo respinto anche dicendogli basta smettila, ha voluto lo stesso farlo con me completamente inerme, è andato avanti come nulla fosse senza rispetto per me». Per la donna, però, questa non è stata un’aggressione sessuale, e lo ha persino affermato in aula, davanti agli avvocati di parte civile Chiara Rinaldi e Antonio Petroncini e davanti alla famiglia della vittima.

Addirittura, ha accusato la famiglia di Alessandra Matteuzzi: erano loro a essere violenti con il suo povero figlio, che avrebbero «chiamato la polizia, lo avevano cacciato di casa senza fargli prendere neppure la sua roba. Il cognato di Alessandra aveva portato un cric per fargli paura». Questo nonostante, secondo Gabriele Bordoni, avvocato di Padovani, «Giovanni mai si era comportato così prima. Quando ha incontrato lei, si stava riprendendo da un periodo difficile, in cui era stato malato e aveva tentato il suicidio con dei farmaci. Patologie psichiatriche? Sì, in casa c’è familiarità».

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Giovanni Padovani

Delle dichiarazioni, quella della madre di un uomo che ha ucciso la propria ex compagna, sconvolgenti e vergognose, che sono la testimonianza di come in Italia viga ancora una cultura machista e sessista, che continua a giustificare le azioni degli uomini riducendole a “sciocchezze“, a “ragazzate“, e che si parla di “rovinare la vita con una denuncia” senza tenere conto del riscontro psicologico che deve sopportare una donna, ancor prima che arrivi alla denuncia. Perché un uomo può rovinare la vita di una donna con violenza domestica e psicologica, ma una donna non può rovinare quella di un uomo con una denuncia.

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