Afghanistan: la comunità LGBT chiede aiuto

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Ieri abbiamo marciato con il Pride di Brindisi nelle strade della città, e il pensiero è stato spesso rivolto alla comunità LGBT in Afghanistan, che si trova nel terrore a causa dei talebani. Con il ritorno al potere di quest’ultimi e soprattutto con la sharia, la legge islamica seguita dai talebani, per gli omosessuali e i transessuali è prevista la pena di morte schiacciati da un muro alto più di 2 metri o lapidati. A riferire ciò è il giudice talebano Gul Rahim al quotidiano tedesco Bild. Per questo, in pericolo non sono solo le donne o i collaboratori della democrazia, ma anche le persone omosessuali.

«Un grande pensiero a quello che sta succedendo in Afghanistan. In questa piazza e con la vostra energia deve arrivare la spinta al governo per aprire i corridoi umanitari, salviamo la gente in Afghanistan, bisogna portarle in salvo», ha detto il sindaco di Brindisi, mentre per le strade diversi cartelli erano dedicati alle persone LGBTQIA+ che si trovano nel territorio conquistato dai talebani. Oggi è anche atteso un discorso di Biden a riguardo, sperando che annunci qualcosa di concreto nei confronti delle persone che stanno già morendo, alcuni persino suicidandosi.

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La situazione delle persone LGBT in Afghanistan prima non era positiva. Una comunità non esisteva, le persone venivano uccise ma venivano uccise nel silenzio generale. Quello che cambierà adesso è che saranno uccise in piazza, davanti a tutti, come se fosse una punizione. Le persone in Afghanistan LGBT vanno aiutate adesso, come andavano aiutate anche prima e come andranno aiutate anche nel futuro.

Le persone, tutte le persone, in Afghanistan vanno aiutate. Non solo i bambini, non solo le donne, non solo i collaboratori. Se si arriva a pensare che attaccarsi a un aereo rischiando di morire (e, alla fine, morire) precipitando pur di non restare sotto la dittatura dei talebani sia normale, c’è un problema di base nella nostra società. Vi ricordiamo che abbiamo scritto un articolo con tutte le associazioni a cui potete donare e anche delle petizioni da firmare. Se potete, donate. Se non potete, almeno firmate.

Afghanistan: persone LGBT in pericolo

La richiesta d’aiuto è arrivata da una pagina LGBT afghana su Instagram: «Noi persone afghane LGBT+ siamo minacciate di sterminio per il solo fatto di essere noi stessǝ. Vi esortiamo a concedere asilo alle persone LGBT+ afghane!», hanno scritto 3 giorni fa. Ieri, invece, hanno scritto un post più lungo, ringraziando «tutti per la vostra gentilezza con le persone in Afghanistan, specialmente per la comunità LGBT afghana. A causa del grande volume di messaggi, non siamo in grado di rispondere a tutti i messaggi, ma grazie a tutti per l’invio di messaggi da tutto il mondo».

«Secondo la nostra ricerca, le persone LGBT afgane sono in grave pericolo a causa del controllo del potere da parte dei talebani. Molte persone LGBT sono state giustiziate dai talebani tra il 1996 e il 2001. I talebani sono molto violenti con le persone LGBTQ. Abbiamo ricevuto molti messaggi che molte persone nella comunità queer hanno perso le loro case a causa della guerra e vivono per strada senza riparo. Molti queer non hanno accesso a cibo, medicine e beni di prima necessità», scrivono subito dopo, spiegando il problema.

Un problema grave è anche quello della mancanza di denaro: «Inoltre, a causa dell’aumento della violenza, molte persone stanno cercando di lasciare l’Afghanistan, ma non possono permetterselo». Spiegano che per questo motivo hanno deciso di raccogliere delle donazioni insieme a Queerkade, un’associazione canadese senza scopo di lucro. «Le vostre donazioni raggiungeranno gli afghani che sono dovuti scappare dall’Afghanistan per salvare la propria vita e coloro che non sono ancora stati in grado di andarsene.» Questo è il link per donare.

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Tra l’altro, più di 130 organizzazioni hanno esposto la richiesta di inserire fra le persone vulnerabili da mettere in salvo con donne e bambini anche le persone LGBT, ma al momento a rispondere sono stati pochi paesi. Tra questi il Canada, che accoglierà 20mila afghani con priorità per le persone LGBT e per le donne. Le testimonianze che arrivano dal web e dalle testate internazionali sono comunque terrificanti e ci fanno accapponare la pelle.

A Piknews Mehrshad, un nome di fantasia di un uomo bisessuale che è fuggito dall’Afghanistan e che ora si trova in Europa, senza documenti, spiega che «la situazione è disastrosa per le persone Lgbtq+ ora che i talebani sono tornati al potere. Potrebbero venire giustiziate intere fasce di popolazione, tra cui donne e persone Lgbtq+». Lui è riuscito ad andarsene quando ancora gli USA stavano negoziando la resa con i talebani, ma la sua famiglia si trova ancora lì.

«Tutti si nascondono, non esiste una comunità Lgbtq+ perché nessuno rivela il suo orientamento sessuale. È come guardare The Walking Dead, come se gli zombi stessero conquistando il Paese. Non esiste un posto sicuro», spiega ancora. Un’altra testimonianza è quella condivisa da LaStampa in un articolo con Simone Alliva, con un 23enne nascosto in un rifugio a Kabul che spiega alla perfezione il pericolo che le persone stanno correndo:

«Ci ammazzeranno a colpi di pietre. Ci lapideranno. Sai che vuol dire? In questo momento ci sono cinque taleban in cerchio con i fucili puntati verso il basso. Siamo cadaveri che si nascondono. Gli hanno strappato l’anima. Si era molto avvicinato ad una persona ma non sapeva fosse un talebano, lo conosceva da tre settimane. È stato invitato a casa con la promessa che avrebbero lasciato l’Afghanistan insieme.

Si è trovato davanti altre due persone, una di queste aveva una barba lunghissima da mullah. Prima lo hanno picchiato senza pietà, colpito sui reni, alla testa, ai polpacci, con il calcio del fucile e i bastoni. Poi è stato stuprato. Gli hanno chiesto il nome del padre. Volevano comunicare che aveva un figlio gay. Si è rifiutato. Hanno continuato a picchiarlo. Adesso non vuole palare, non vuole dire chi sono questi taleban. Lo controllano tramite social e da vivo, da qui, non scapperà mai».

Ma anche in Italia ci sono tante persone che cercano di attivarsi per aiutare, uno di questi è Pietro Turano, attore e attivista LGBT, che su Instagram scrive un lungo post in cui spiega che «la società afghana del 2021 è inoltre molto diversa da quella di 20 anni fa. Soprattutto per quanto riguarda le generazioni più giovani che in larga parte non sono cresciute sotto regime.»

Per questo motivo, lui come portavoce di Gay Center, chiede «corridoi umanitari immediati per la popolazione afghana in pericolo e l’impegno dei governi occidentali nell’accoglienza e nella protezione delle fasce attualmente più esposte.» Anche Vladimir Luxuria chiede che venga riconosciuto «lo status di rifugiato a chi vorrà fuggire dalle forche caudine dei #talebani in #Afganisthan: in particolare alle donne e alla comunità #LGBTQ che rischiano di essere lapidati senza possibilità di difesa. I talebani non diventeranno mai “talebuoni”, non credeteci».

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