Uno studente su tre mente ai genitori sugli esami

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Da un’indagine condotta da Skuola.net è emerso un disagio condiviso da fin troppi universitari italiani e che spesso viene anche alimentato dai diversi articoli sulle varie eccellenze, primati e tempi record che lo stesso Skuola.net in numerose occasioni ha condiviso. Ma andiamo avanti, non siamo qui per far polemica. Quest’anno in Italia si sono suicidati tre studenti e due di loro, nella loro lettera d’addio, hanno esplicitamente parlato di fallimento, quindi, a prescindere dalla moralità di chi abbia condotto l’indagine, è tanto importante osservarla con attenzione.

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L’ultima studentessa che si è suicidata si chiama Diana Biondi, aveva 27 anni e studiava Lettere Moderne. Le era stata messa addosso la targhetta del fuoricorso. È stata il terzo suicidio di uno studente universitario nel 2023 e, anche lei come i due precedenti, non si è meritata (capite la citazione a un ministero in particolare) neanche la citazione, un post o una storia nei profili Instagram dei due ministeri che si occupano del presente e del futuro degli studenti. Ma evidentemente se c’è spazio per quei primati, non c’è per chi passa dall’essere un numero di matricola a delle vittime di un sistema che non riconosce la salute mentale.

Prima di lei c’è stato il ragazzo di Palermo di cui non si è parlato più di tanto in quanto la famiglia ha chiesto riserbo e privacy.  “Fallimento, università e politica“, ha scritto su un biglietto d’addio. Sempre quella parola, fallimento, poi condivisa anche da quella divenuta famosa per essere la ragazza della IULM, che si è suicidata in un bagno della sua università. La sua università che non ha sospeso niente, ma ha solo predisposto tre minuti di silenzio (questo vale la vita di una studentessa per le università) che a quanto pare non sono neanche stati rispettati (fonte: testimonianze di studenti).

Infine, c’è stata Diana Biondi, con quell’ultimo esame di latino. Era stata data per dispersa, era uscita per stampare la tesi ma poi non è più rientrata in casa e subito è stato lanciato l’allarme che, purtroppo, ha portato all’amare scoperta del suicidio della giovane. La proposta della Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini «ha deciso di predisporre un provvedimento finalizzato alla creazione, da concordare con le Università, i Conservatori e le Accademie che non vi abbiano gia [sì, proprio così, perché un post del genere, di tanta importanza, non merita neanche di essere riletto, ndr.] provveduto, di un presidio per il benessere psicologico degli studenti».

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Gli sportelli psicologici nelle università esistono già, ma è evidente che non funzionano come dovrebbero in quanto le richieste per la disponibilità sono troppe, e soprattutto spesso le sedute sono troppo poche, prendere appuntamento significa averlo dopo mesi oppure restare in lista d’attesa per mesi, e in tanto chi pensa alla tua salute mentale? Non c’era bisogno di un’indagine di Skuola.net per evidenziare i problemi che stanno vivendo gli universitari, ma forse il Ministero dell’Università e della Ricerca dovrebbe darci uno sguardo.

L’indagine sugli universitari di Skuola.net

«Gli studenti universitari sono sempre più attanagliati da pressione sociale, aspettative dei genitori, paura del fallimento. Fattori che innescano un disagio molto più generalizzato di quanto ci raccontino le tragedie a cui purtroppo assistiamo periodicamente. Circa 1 universitario su 3, infatti, ammette di aver mentito almeno una volta alla famiglia sul reale andamento della sua carriera di studi», leggiamo nel report in cui sono stati coinvolti 1.100 studenti che stanno frequentando l’università.

Nella metà dei casi, «si parla del 16% del totale, la bugia è sistematica» e «se venisse scoperto dalla famiglia sul reale stato delle cose, il 25% ritiene di poter essere preda di uno stato di disperazione e la stessa percentuale afferma di poter ipotizzare anche un gesto estremo». Chi ha condotto l’indagine ha spiegato che «la miccia molte volte è innescata dall’idea che qualche passo falso possa deludere chi ha scommesso su di loro. In primis la famiglia: circa 1 ‘bugiardo’ su 4 dice di aver nascosto la realtà dei fatti per tranquillizzare i propri genitori».

Tuttavia, c’è anche chi è stato quasi costretto a mentire: «circa 1 su 5 lo ha fatto per evitare lo scontro in casa. Mentre uno su 10 è ricorso alla bugia per la vergogna di non essere all’altezza del compito che gli è stato affidato. A volte si inizia senza un motivo specifico: uno su 3 inizia con piccole bugie apparentemente innocue per allentare la pressione, salvo poi ritrovarsi in una realtà parallela che, per uno su 10, diventa una sceneggiatura dalla quale è impossibile tornare indietro e che richiede di continuare a mentire».

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Il 72% degli intervistati ha ammesso che amici, genitori e parenti non hanno un’idea chiara di quale sia il proprio rendimento negli studi, e il 5% sta mentendo fino alle soglie della laurea, facendo credere che l’obiettivo finale sia vicino quando in realtà non è così; il 10% ha dato l’impressione di aver sostenuto più esami di quelli che ha effettivamente dato. Dei casi che, per chi ha seguito la cronaca degli studenti che si sono suicidati, sono davvero preoccupanti, perché molti dei suicidi sono iniziati proprio con una bugia che poi, piano piano, ha finito per schiacciarli insieme alla pressione, allo stress, all’ansia e a tutti quegli articoli delle eccellenze.

Dati abbastanza preoccupando riguardano anche il 10% che è stato quasi obbligato a fare l’università dal contesto in cui vive e anche il il 21% che avrebbe voluto intraprendere un altro percorso accademico. Oltre 2 su 3 studenti hanno pensato di mollare. Questo dimostra in primis un problema nelle famiglie che hanno dimenticato che i figli non sono il loro riscatto o una loro copia esatta, e anche delle università che, è evidente, non incitano o invogliano minimamente gli universitari a studiare. Daniele Grassucci, direttore di skuola.net, ha commentato:

«Non possiamo più nasconderci e aspettare di piangere la prossima vittima. Il fenomeno delle ‘menzogne accademiche’ è molto più diffuso di quanto si possa pensare e non accenna a diminuire gli studenti che arrivano a mentire alle proprie famiglie sono circa un terzo del totale, in linea con quanto rilevato sempre da Skuola.net nel 2018 a seguito di un’altra ondata di suicidi fra gli universitari.

In questi cinque anni non è cambiato praticamente nulla, anzi le famiglie hanno continuato a pianificare la ‘doppietta’ liceo-università in barba alle reale aspirazioni dei figli e ai bisogni del mercato del lavoro. E il paradosso è servito: mentre gli studenti si affannano a raggiungere un pezzo di carta sognato dai propri genitori, magari poco utile ai fini lavorativi, nel contempo ci sono tanti posti di lavoro vuoti, spesso ben pagati, che potrebbero essere occupati tramite percorsi formativi meno accademici e più pratici».

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