Tra geni in armatura, soldati congelati e scienziati che diventano verdi, con Peter Parker, con Spider-Man, il pubblico della Marvel, sia quello fumettistico che quello dell’MCU (e, ancor prima, della Sony) ha fra le mani un eroe che è un po’ vicino a quello che siamo. È uno studente, un po’ impacciato e goffo, che all’improvviso si trova fra le mani dei superpoteri ma che, comunque, non è uno degli Avengers, non è un supereroe di fama nazionale: è un piccolo eroe di quartiere. Il primo film di Spider-Man è uscito nelle sale cinematografiche esattamente 20 anni fa, per cui oggi vediamo insieme come si è evoluto il personaggio, fino ad arrivare all’interpretazione di Tom Holland.
L’Uomo Ragno è sempre stato uno dei supereroi preferiti, non solo dai bambini ma anche dagli adolescenti, proprio perché era semplice immedesimarsi in lui. Era il 1962 quando la penna di Stan Lee e la matita di Steve Ditko danno luce a Peter Parker, nel fumetto n.15 di Amazing Fantasy. Già ai tempi, quando era solo un fumetto letto non da poi una così grande fetta di pubblico come invece lo è adesso, riscosse un successo strepitoso, tanto da iniziare a scrivere la saga di Amazing Spider-Man.
Per il cinema, bisogna aspettare un po’ di più: mentre in onda il cinecomics si sviluppa già negli anni Ottanta (abbiamo non solo i film di Superman ma più in là anche quelli di Batman & Robin che però non riscuotono troppo successi), dobbiamo arrivare al 2002 per vedere un film di Spider-Man ben realizzato. A vincere questo gran successo fu la Sony, che acquistò i diritti cinematografici a titolo definitivo per $7 milioni, sebbene la Marvel avrebbe trattenuto il 5% dei profitti e il 50% del merchandising. Sappiamo, poi, che solo vent’anni dopo avremmo rivisto Spider-Man con la Marvel.
«Guardavo Lee come se fosse uno zio. E lui mi sussurra all’orecchio: “E’ tutto qui?” E poi ho capito che non sapeva che fosse una preview. Era del tutto nuovo per quanto riguarda la tecnologia. Era così deluso che io stesso ho quasi pianto! Gli ho detto: “Stan, il mondo non ha mai visto niente di simile”. “Sì, ma non sembra bello.” E poi: “Non preoccuparti. Sarà fantastico.” Ad ogni modo, quando l’ha visto finito, aveva un sacco di lacrime agli occhi, perché quello è il suo bambino».
Avi Arad, producer
Spider-Man: da Tobey Maguire a Tom Holland
Era il 1990, e Sam Raimi riesce a spiccare fra tanti registi per convincere la Sony a scegliere proprio lui per dirigere il film di Spider-Man. Racconta loro della sua passione, di come l’Uomo Ragno fosse stato il suo eroe e di come vedesse il protagonista della serie fumettistica: ed è riuscito a fare la storia. Il 3 maggio 2002, con un cast che non è stato neanche semplice trovare (come protagonista si è pensato persino a Leonardo DiCaprio o a Jude Law!), ma che è stato scelto alla perfezione.
Decidere qual è il miglior Spider-Man è quasi impossibile. Il pubblico è sempre diviso. Quello di Tobey Maguire ci ha fatto innamorare, è stato il primo e anche forse quello più adatto come personalità di Peter Parker: impacciato, timido e molto sfortunato; quello di Andrew Garfield, invece, è il perfetto uomo ragno: sarcastico, ironico e simpatico; quello di Tom Holland, infine, è il perfetto per quanto riguarda l’età e forse persino l’aspetto. Lo stesso Stan Lee disse che è proprio lo Spider-Man che aveva immaginato!
I think @TomHolland1996 is a great Spider-Man. He is the exact height and age I envisioned when I first wrote Spider-Man. Spidey was never supposed to be too large. How is my friend Tom doing?
— Stan Lee (@TheRealStanLee) May 19, 2018
Abbiamo iniziato quindi con i primi film di Spider-Man in cui siamo un po’ più fedeli al fumetto, forse anche come età degli zii. Conosciamo però lievemente la storia di Peter: lo vediamo crescere con gli zii, vediamo lo zio Ben morire, lo vediamo reagire. Tobey Maguire ci ha dato momenti indimenticabili con la sua interpretazione (oltre che a tantissimi meme): chi potrà mai dimenticare la scena del treno, in cui uno dei passeggeri dice «è solo un ragazzo». Perché, alla fine, è proprio ciò che Peter è. Dietro la maschera, c’è un ragazzo normalissimo.
Nel 2012, poi, Peter Parker prende il volto di Andrew Garfield, forse lo Spider-Man più criticato, o meglio, lo è stato prima dell’uscita dell’ultimo film. Sarà che Peter non era uno sfigato e neanche goffo, sarà che sì, era un po’ nerd e anche abbastanza diverso da quello di Maguire, ma è forse anche il Peter che ha sofferto di più: perché mentre il primo ha la sua MJ, il secondo perde la sua Gwen, proprio come abbiamo letto nei fumetti. Garfield porta sullo schermo uno Spider-Man più consapevole, ma non per questo deve essere il peggiore.
Infine, prima in Captain America: Civil War e poi con la sua bella trilogia dal 2017, ecco che Tom Holland diventa il bimbo ragno. Apprezzato da alcuni, odiato da altri, il Peter Parker è perfetto come casting, un po’ impacciato anche lui, molto gentile, logorroico e nerd, ma senza uno zio Ben. Forse quello di Holland è lo Spider-Man che fa più strada. D’altronde, più che bimbo ragno è stato un bimbo viziato da Tony Stark: non si fa una divisa, può contare sempre su di lui. Solo con il terzo film lo vediamo solo, persino senza quella zia May che tutti gli altri hanno avuto.
In ogni caso, Maguire, Garfield, Holland, ci hanno regalato sul grande schermo un meraviglioso evento: il multiverso con i diversi Uomo Ragno, tutti con una propria personalità, tutti che si comprendevano e apprezzavano l’un l’altro. Il secondo che salva la MJ del terzo, il primo che evita che il più piccolo faccia il suo stesso errore. È come se i primi due siano semplicemente venuti in aiuto dell’ultimo, per aiutarlo a diventare la persona che loro erano già divenuti.
Se nei primi film non abbiamo gli Avengers e le varie tecnologie, negli ultimi sono quasi sempre una certezza, ma siamo sicuri che, se dovesse esserci un prossimo film dell’Uomo Ragno (e lo speriamo davvero), Tom Holland sarà capace di portare avanti gli insegnamenti ricevuti dai suoi predecessori. E speriamo anche di poter vedere tutti e tre nuovamente insieme, sebbene penso sia molto improbabile. Comunque vada, grazie Stan Lee, grazie Steve Ditko, grazie Sam Raimi, e grazie a tutti gli interpreti, per averci fatto sentire dei supereroi.
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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