Naya Rivera è morta prematuramente lo scorso luglio a soli 33 anni. Ad assistere alla sua morte, suo figlio di 4 anni, che fortunatamente è riuscito a sopravvivere. Le ricerche per il suo corpo sono durate giorni, abbiamo assistito a foto dei suoi amici e della sua famiglia distrutti dalla sua scomparsa, e poi abbiamo avuto l’ufficialità: un corpo era stato trovato nel lago Piru. La Santana Lopez di Glee, è morta.
Ci ha lasciato una grande eredità, il suo personaggio continua a vivere in ogni ragazzina che ha trovato la forza di accettare se stessa per com’è e non per come dovrebbe essere, in ogni persona che ha compreso che solo perché non è come gli altri, solo perché non è eterosessuale, non significa che sia sbagliata. Santana Lopez ha insegnato a chi ne aveva bisogno, che essere se stessi e saper esprimere la propria opinione, a prescindere da quale essa sia, è la cosa più importante.
Tuttavia, lei, Naya Rivera, non c’è più. Non potrà più riabbracciare il suo amato figlio, per cui lei impazziva, che amava profondamente anche a costo di sacrificare la propria vita per lui. Non potrà riabbracciare i suoi cari, la sua famiglia, né la sua migliore amica Heather Morris, la sua compagna in Glee, la sua Brittany. Ma l’ex marito, Ryan Dorsey, non riesce ad andare avanti, e in questi giorni ha intentato una causa per omicidio colposo verso l’autorità locale e i gestori del lago.
Per Ryan Dorsey, la morte di Naya Rivera, ritenuta accidentale poiché si ritiene che, mentre nuotava con il figlio, sia stata spinta giù da delle forti correnti che non le avrebbero più permesso di risalire a galla, non è stata affatto accidentale. Secondo lui, si sarebbe potuta evitare e Naya Rivera sarebbe ancora viva, e suo figlio di 4 anni in questo momento non avrebbe visto la madre venire tirata sotto le acque da una forte corrente senza riuscire più a risalire.
Morte di Naya Rivera: le accuse di Ryan Dorsey
Ryan Dorsey insieme agli avvocati che gestiscono il patrimonio di Naya Rivera, ritengono che quella della sua ex moglie non sia stata poi una morte così accidentale, poiché se ci fossero stati dei cartelli per avvisare della pericolosità e dei rischi contro cui si sarebbe dovuta scontrare nuotando nel lago, lei non si sarebbe mai tuffata, non avrebbe mai scelto di nuotare nel lago Piru.
Per cui, l’uomo insieme agli avvocati hanno intentato una causa per omicidio colposo nei confronti delle autorità locali e dei gestori del lago, ma non solo per la mancanza dei cartelli che sono solo la punta dell’iceberg. Il problema principale è proprio la barca che hanno noleggiato e che era priva di qualsiasi dispositivo che avrebbe potuto, quell’8 luglio, salvare Naya Rivera.
Per cui, l’attore ha fatto causa non solo per l’assenza di cartelli di avvertimento riguardo alle «forti correnti, alla scarsa visibilità ai forti venti e alla pericolosità del fondale», ma anche per la mancanza sull’imbarcazione noleggiata da madre e figlio di qualsiasi «meccanismo di sicurezza. Non c’erano né una scala accessibile, né una corda adeguata, un’ancora, una radio e nemmeno i dispositivi di galleggiamento…».
La pericolosità del lago Piru è abbastanza nota a chi è del posto, poiché dal 1959 ha tolto la vita a ben 29 persone. Tuttavia, proprio per questo motivo, dei cartelli che avvisino le persone di quanto sia rischioso e talvolta mortale potrebbero essere fondamentali per evitare che si presentino altre morti, che altre vite vengano spezzate dalle forti correnti e dai fondali pericolosi.
Forse, se quei cartelli in più di 50 anni in cui sono morte troppe persone fossero stati inseriti, oggi non dovremmo piangere la morte di Naya Rivera. Adesso non ci resta che darle giustizia, e vedere come si evolve la situazione.
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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