Martina Rossi: la beffa del CONI dopo lo stupro e la morte

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Nessuno dovrebbe vivere quello che stanno vivendo i genitori di Martina Rossi, studentessa di 20 anni morta precipitata dal balcone di un hotel a Palma di Maiorca per fuggire da uno stupro di gruppo. Oltre alla morte della figlia, Bruno e Franca Rossi, devono assistere alla CONI che vuole premiare uno dei due stupratori, condannati a tre anni in via definitiva per tentato stupro di gruppo. I loro nomi sono Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, ed è proprio quest’ultimo che la CONI voleva premiare, per poi fare un passo indietro.

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Martina Rossi

Martina Rossi era partita in vacanza con le sue amiche nel 2011. Aveva 20 anni, e insieme alle altre ragazze alloggiava in una stanza all’hotel Santa Ana di Cala Mayor. Era il 3 agosto quando andarono in discoteca e passarono il tempo in compagnia di quattro ragazzi di Castiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo, conosciuti in quei giorni. Una volta tornate dal locale, le due amiche di Martina si appartarono con due ragazzi, mentre lei raggiunse Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, nella loro camera, la 609.

Erano le 7 del mattino quando è precipitata dal sesto piano, non indossando i pantaloncini che non sono mai stati ritrovati. È proprio questo particolare che fece subito pensare all’accusa di stupro contro i due ragazzi, e in più due ragazzi danesi che si trovavano vicino alle 609 dissero di aver sentito un urlo e poi dei passi verso le scale. Purtroppo, per Martina Rossi non c’è niente da fare: è morta 35 minuti dopo l’impatto. Ma le indagini furono abbastanza veloci e archiviarono il caso con l’ipotesi di suicidio.

Tuttavia, sono sempre i genitori coraggio, quelli che vogliono giustizia per i propri figli, che lottano anni e anni contro uno Stato che sembra voler far di tutto per archiviare. E così Franca Murialdi e Bruno Rossi si rivolsero alla polizia di Genova e, nel 2012, il sostituto procuratore Biagio Mazzeo ipotizzò prima l’omicidio volontario e poi la morte come conseguenza di altro reato, soprattutto perché Martina non indossava i pantaloncini. In più, si tennero in considerazione le testimonianze dei ragazzi danesi e il verbale della polizia spagnola sui graffi sul collo di Albertoni.

Quando c’è una svolta nel caso? I due ragazzi vengono sentiti come testimoni e, quando non sapevano di essere ascoltati, Albertoni disse a Vanneschi che non c’erano prove di violenza sessuale. Ma nessuno aveva mai parlato di stupro. I reati ipotizzati dalla Procura genovese furono tentata violenza sessuale, morte come conseguenza di altro reato e omissione di soccorso. Nel 2017 c’è stato il rinvio a giudizio, e i medici legali dissero che sul corpo di Martina era stata riscontrata una frattura alla mascella che era incompatibile con la caduta.

«È una rottura, di quegli spaccamenti… ora starà chiuden… c’è scritto… sul cadavere non ci sono … non vi sono riportati segni di violenza… di tipo sessuale. È stato bello, eh? Ti giuro che io e te ricordarsi di quando salati s’era. Boia! C’è stato un momento che io ho volato».

Registrazione ascoltata in aula, conversazione fra i due stupratori di Martina Rossi
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Martina Rossi

Il 14 dicembre Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi vennero condannati a sei anni di reclusione. I giudici li riconobbero colpevoli di tentata violenza sessuale e morte come conseguenza di altro reato. Nelle motivazioni della sentenza i giudici sottolinearono che Martina Rossi «non aveva assunto sostanze stupefacenti né psicofarmaci come dimostrano le analisi tossicologiche fatte nell’immediatezza dai tecnici spagnoli sui campioni prelevati in autopsia che escludono con certezza anche la presenza di alcol nel corpo della ragazza». Nel 2020 poi son stati assolti, ma nel 2021 è stata annullata l’assoluzione. Con il processo bis, nel 2021, i due sono stati condannati a 3 anni di reclusione.

Martina Rossi: lo stupratore premiato dal CONI

Bruno Rossi, dopo la sentenza di Cassazione, disse ai giornalisti: «Non ci deve essere più nessuno che si possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Ora posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c’è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare giustizia». Adesso, però, dopo anni e anni di sofferenza non solo per la morte di una figlia ma anche per due criminali che sono stati a piede libero per troppo tempo (e scusate, ma tre anni sembrano anche troppo pochi), con una condanna arrivata dopo dieci anni, l’Italia torna a farsi riconoscere.

Sembrerebbe infatti che il CONI avrebbe assegnato la benemerenza ad Alessandro Albertoni, condannato in via definitiva a 3 anni per la morte di Martina Rossi in conseguenza di altro reato. Stupratore. Il premio sarebbe in seguito alla medaglia d’argento in «meriti sportivi pregressi» nel campo del motociclismo. Subito la notizia è arrivata a Genova, ai poveri genitori di Martina Rossi, per cui ha parlato l’avvocato Luca Fanfani, che li ha seguiti nel corso del caso.

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Martina Rossi

«Bruno Rossi e Franca Murialdo mi segnalano che a distanza di nemmeno un anno da una condanna a 3 anni di reclusione ed a risarcire il danno per tentato stupro di gruppo e morte in conseguenza di esso, con pena ancora interamente da espiare e nessun segno di ripensamento in ben 11 anni, si può ricevere una benemerenza da parte niente meno che del Coni per pregressi meriti sportivi. Il tutto alla presenza delle massime autorità locali nella sala dei Grandi della Provincia. Siamo rimasti tutti senza parole. Siamo angosciati da questo fatto», ha detto.

Telefonicamente, poi, la signora Franca Murialdo aggiunge: «Come si fa a dare un premio di sport ad un condannato in via definitiva per morte in conseguenza di altro reato come il tentativo di stupro di gruppo? Spero che ci ripensino veramente, che sia stata una grossolana svista, che Malagò non sia stato adeguatamente informato, altrimenti sarebbe indecente e andrebbe contro ogni valore che lo sport vorrebbe portare avanti. Sono questi i modelli che propiniamo ai nostri giovani? Questa cosa va ripensata subito».

E infatti poco dopo arriva la dichiarazione del delegato Coni di Arezzo, Alberto Melis, che dice che «non avevamo collegato quel nome a quei fatti, abbiamo congelato la premiazione e rimandato il tutto a Roma. Adesso è in stand by, ma verrà presa una decisione in merito senza dubbio». Poi, il Coni, spiega di aver attribuito il riconoscimento nel 2020, con la cerimonia poi slittata a causa della pandemia, e in seguito a un automatismo per tutti i vincitori dei campionati italiani, ma ovviamente non sarà attribuito ad Albertoni. Subito quindi è arrivato il dietrofront con un comunicato:

«Avendo appreso della condanna in via definita a tre anni di reclusione per tentato stupro di gruppo nell’ambito dell’inchiesta sulla morte della studentessa genovese Martina Rossi, il Coni ha disposto la revoca della benemerenza ad Alessandro Albertoni. Il riconoscimento gli era stato assegnato in via automatica di diritto in quanto campione italiano di motocross».

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