Il caso del piccolo Luca: affido, adozione e il dilemma della continuità affettiva

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​Il recente caso del piccolo Luca, un bambino di quattro anni affidato sin dalla nascita a una famiglia della provincia di Varese e successivamente dato in adozione a un’altra coppia, ha sollevato un acceso dibattito sull’affido familiare e l’adozione in Italia. Questa vicenda mette in luce le complesse dinamiche tra affido temporaneo, adozione e il superiore interesse del minore.

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Il caso di Luca evidenzia alcune criticità nel sistema di affido e adozione in Italia. La durata dell’affido, inizialmente previsto come temporaneo, si è estesa per un periodo significativo, creando legami profondi tra il bambino e la famiglia affidataria. Questo solleva interrogativi sulla gestione dei tempi e delle procedure nell’affido temporaneo e sulla necessità di garantire stabilità e continuità affettiva ai minori.​

Il caso di Luca: dall’affido all’adozione

Nel 2020, Luca (nome di fantasia) è stato affidato a una coppia della provincia di Varese quando aveva solo un mese di vita. L’affido doveva essere una soluzione temporanea, ma si è protratto per quattro anni. Nel dicembre 2024, il Tribunale per i Minorenni di Milano ha decretato l’adozione di Luca da parte di una famiglia diversa da quella affidataria, nonostante quest’ultima avesse manifestato la volontà di adottare il bambino.

La decisione del Tribunale ha suscitato perplessità e preoccupazioni. Il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Lombardia, Riccardo Bettiga, ha espresso “grandi perplessità e amarezza per le conseguenze che ha avuto sul bambino e sulle persone coinvolte“.

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La presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, ha spiegato che la famiglia affidataria non era idonea all’adozione a causa dell’età avanzata dei coniugi e della presenza di altri tre figli, due dei quali in affido. Secondo Gatto, la coppia era consapevole che questi fattori precludevano la possibilità di adozione: «sentita, la coppia affidataria aveva dimostrato la consapevolezza che il requisito dell’età le precludesse il percorso adottivo», ha affermato su La Stampa.

Tuttavia, l’avvocata della famiglia affidataria, Sara Cuniberti, ha contestato questa versione, affermando che nel 2021 il Tribunale aveva chiesto alla coppia se fossero disponibili all’adozione e che essi avevano dato la loro disponibilità. Inoltre, nel novembre 2023, la coppia aveva presentato una domanda di adozione mirata per Luca.

«È il Tribunale per i Minorenni che convoca i genitori affidatari e chiede loro se sono disponibili anche ad adottare. I genitori affidatari, ben consapevoli che il progetto era nato come affido, si chiedono, con umiltà e onestà, se non fossero ‘troppo vecchi’ per adottare (e tutto questo viene verbalizzato, sottolineiamo). Chiedono qualche minuto per rifletterci e danno la loro disponibilità. Nel novembre 2023, due anni dopo, viene comunicato agli affidatari che entro fine anno il minore sarà dichiarato adottabile e viene loro consigliato di presentare una domanda di adozione mirata».

Un aspetto centrale di questa vicenda è la continuità affettiva del minore. Luca ha trascorso i primi quattro anni della sua vita con la famiglia affidataria, sviluppando legami affettivi significativi. Secondo la Fondazione Albero della Vita, che ha seguito l’affido di Luca, «la sua storia è complessa e divisiva, perché contrappone duramente giurisprudenza e vita reale, ragioni e sentimenti, giuste leggi e applicazioni discutibili». La Fondazione auspica che sia possibile garantire la continuità affettiva con la famiglia che lo ha cresciuto.

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Tuttavia, secondo l’avvocata, «il bambino è stato collocato in meno di 48 ore, non rispettando alcun criterio di gradualità; la continuità affettiva è stata tranciata di netto poiché il bambino non ha più né visto né sentito i suoi genitori affidatari dal giorno del collocamento».

La vicenda di Luca rappresenta un caso emblematico delle sfide e delle complessità inerenti al sistema di affido e adozione in Italia. È fondamentale che le istituzioni coinvolte lavorino in sinergia per garantire che il superiore interesse del minore sia sempre al centro delle decisioni, assicurando al contempo trasparenza nelle procedure e attenzione alla continuità affettiva. Solo attraverso un approccio integrato e sensibile alle esigenze dei bambini sarà possibile offrire loro un ambiente stabile e amorevole in cui crescere.​

La petizione lanciata dai genitori affidatari

«Siamo i genitori affidatari di Luca, 4 anni. Luca fa parte della nostra famiglia e delle nostre vite da quando, appena nato, ci è stato affidato con l’idea iniziale che questo fosse un affido “ponte” della durata di pochi mesi. Poi, per il menefreghismo della burocrazia, l’incompetenza di alcuni servizi sociali, le carenze del sistema, sono passati 4 anni: tutta la sua esistenza Luca l’ha trascorsa con noi», scrivono i genitori di Luca in una petizione che al momento ha 21.874. Commentano e denunciano:

«Allontanare Luca da chi lo ha amato e protetto sin dalla nascita significa infliggergli uno strappo gravissimo e irreparabile, un trauma oggi che potrebbe diventare una “bomba” inesplosa nell’adulto di domani. La giustizia dovrebbe garantire il bene supremo del minore, e non metterne in pericolo la stabilità emotiva e affettiva.

Le leggi che garantiscono la continuità affettiva e la tutela del minore esistono e vanno “soltanto” applicate. Questo bambino ha due persone che lo amano e che lui chiama “mamma” e “papà”, ha dei “fratelli”, ha i suoi amici alla scuola dell’infanzia,  ha il suo mondo e i suoi desideri e non chiede un’altra famiglia».

Per firmare la petizione, cliccate questo link.

Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e studentessa di Didattica dell'Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty

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