Docenti che dimenticano l’umanità: la storia condivisa da una studentessa su TikTok

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I social possono essere un posto dove svagare la testa, dove condividere foto e video della propria vita, ma anche un modo per denunciare delle situazioni spiacevoli e che, purtroppo, spesso sono normalizzate. È il caso di Ester Barrale, studentessa palermitana che, come tanti coetanei, ha lasciato la sua regione per studiare. Ester studia in un’università del nord, ha 22 anni e si è trovata davanti una docente che avrebbe bisogno di un corso di umanità e soprattutto di educazione. Perché puoi avere lauree, scrivere libri e insegnare anche, ma nel momento in cui non rispetti i tuoi studenti ritenendoti superiore a loro, hai fallito in tutto.

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Sempre più spesso sentiamo parlare di docenti che insultano e mancano di rispetto ai propri studenti (sentiamo anche il contrario, in genere durante il percorso di scuole superiori) durante le sessioni di esami e non solo. In molti fra gli adulti dicono che “si è sempre fatto così“, raccontando le proprie esperienze e quindi attaccando a loro volta la generazione che ha deciso di non stare in silenzio come hanno fatto loro. Perché nessuno ha intenzione di negare che spesso i docenti universitari si siano presi il diritto di umiliare e insultare studenti, ma non per questo deve essere normalizzato.

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Manifesto dell’Unione degli Universitari di Lecce dopo la morte della studentessa 19enne alla IULM

La nostra non è una generazione sensibile, non è vero che non ci si può dire più niente, tantomeno che ci lamentiamo per tutto. La nostra è semplicemente la generazione che ha deciso di non accettare più ingiustizie e umiliazioni, perché abbiamo visto sulla nostra pelle cosa significa studiare con docenti non umani, e non abbiamo intenzione di traumatizzare altri studenti. Siamo la generazione che vuole chiudere il cerchio di vessazioni, rendendo la scuola e l’università un posto sicuro. E se non ci si può dire più niente, è semplicemente perché non abbiamo più paura di urlare il nostro dissenzo.

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La storia raccontata da Ester Barrale è una delle tante. Non è l’unica a essersi sentita umiliata da una docente, e sfortunatamente non sarà neanche l’ultima. Finché i docenti non ricorderanno che davanti a loro non hanno dei numeri di matricola, delle semplici teste da riempire di nozioni che poi dimenticheranno qualche settimana dopo perché a causa della grande quantità di nozioni presenti in ogni esame (anche in quelli da 6 CFU) è impossibile ricordare tutto, la situazione non cambierà. Siamo studenti, esseri umani con emozioni e sentimenti. Siamo persone.

Ester Barrale racconta l’università su TikTok: “quella volta che la prof mi insultò pure l’anima

«Sto facendo questo video adesso perché mi è stato verbalizzato l’esame, e per ovvi motivi non ne ho parlato prima», dice all’inizio del primo dei tre video che ha pubblicato sul suo account TikTok, con l’obiettivo di raggiungere delle docenti che non sono capaci di comportarsi umanamente nei confronti dei propri studenti, sperando di aprire loro la mente. Ester spiega che l’esame era stato già slittato di qualche giorno a causa dei terremoti che hanno costretto l’università a cessare qualsiasi attività, inclusa quella dell’esaminazione degli studenti.

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Il video di Ester Barrale su TikTok

A causa di ansia, a causa di paura, a causa dello sciame sismico ancora in atto, la studentessa si aspettava di trovare del tatto da parte dei docenti, «non favoritismo», ci tiene a sottolineare, ma semplicemente del tatto nei confronti di persone che non sono neanche riuscite a dormire bene a causa delle scosse. L’esame, comunque, era a scelta, a Ester è piaciuto tanto studiarlo e non ha avuto problemi a farlo proprio per questo motivo, quindi si siede all’esame molto preparata. Ma si trova davanti una docente che, sin dall’inizio, la giudica.

«Mi viene chiesto l’argomento a scelta, e faccio diversi collegamenti per toccare tutti gli argomenti trattati. Ma evidentemente lei [la docente, nda] voleva semplicemente un tot, quando finivi di parlare dovevi stare zitto», comincia il suo racconto. Ma non è questo il problema: la docente la interrompe più e più volte. In primis, con un commento che davvero dimostra la persona (e non l’insegnante, proprio la persona) che è: «Ma tu parli male», le dice. Al ché, la studentessa fa finta di niente, finché non viene interrotta di nuovo: «Le cose le sai, ma parli male».

Ester rimane interdetta, non sa che dire, non sa cosa fare. E come darle torto? Sta quindi in silenzio fino alla successiva domanda, a cui nuovamente risponde e in cui, nuovamente, viene interrotta e non per commenti sul contenuto, ma sempre sul modo in cui parla: «Ma gli altri esami come vanno? Male, vero?». «Piangendo dentro, con l’ansia e un senso di vuoto dentro, rispondo: “In realtà bene”, rispondo con timidezza. Perché, sì, gli esami vanno bene, ma anche se fosse, come ti permetti a fare un’osservazione del genere a un esame?».

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Il video di Ester Barrale su TikTok

E non finisce qui. L’esaminanda continua a esporre, e per la quarta volta viene interrotta da un commento inappropriato dalla professoressa: «Ma te l’ha mai detto nessuno che ti esprimi veramente male? O sono la prima?». Ester commenta, nel video: «Io, che volevo morire in quel momento, le dico che è la prima. Ovviamente non ho risposto come volevo, perché dopo avevo un altro esame e volevo finire questo». Aggiunge anche che poi le università fanno corsi per prevenire i suicidi, seminari, sportelli psicologici, ogni volta che uno studente si ammazza. Ma poi ci troviamo docenti del genere.

Il quinto commento, la quinta interruzione della docente, arriva poco dopo: «Ma tu l’hai dato qualche esame di italiano?». Ester risponde che ancora non lo ha sostenuto e, dopo ciò, con fare molto saccente e soprattutto maleducato, la professoressa in questione aggiunge: «Ah, ecco, per questo». La storia finisce qui, ma quello che Ester si chiede è: se la docente si fosse comportata così con una studentessa che non ha autostima in sé? Che non è forte come lei?

«Io avrei voluto dire solo una cosa a quella professoressa: come ti permetti? Come ti permetti a giudicare una persona per come si esprimere? Che poi è soggettivo. Io per altri professori mi sono espressa sempre bene. Magari in quel momento ho balbettato perché ero nervosa, ma tu stai accanendo su una particolarità di una persona. Poi creiamo i corsi sull’integrazione, “ognuno deve essere se stesso”, e dov’è l’essere se stesso poi dobbiamo essere omologati l’uno all’altro? Dov’è se poi dobbiamo essere come il professore?».

Ester Barrale

«Io ho portato questa testimonianza perché questo non succede solo a me, questo non è un caso raro e porta alla morte, perché magari è duro da capire, da credere, ma magari è per questo che certi ragazzi non hanno più fiducia in se stessi», dice ancora Ester, prima di rivolgersi ai docenti: «Nella vita il male ritorna, e voi siete stati i primi a essere studenti, ma gli studenti non li conoscete. In due minuti cosa volete conoscere? La loro vita? I sentimenti? Il loro stato d’animo? Mi spiace ma non è così».

«Quindi ragazzi, ci vuole forza. L’università non è facile e dobbiamo essere noi i primi a cambiare questa situazione parlando di queste cose, perché è con il parlare che se ne esce», conclude Ester. Fa sapere anche che parlerà con i rappresentati di questa sua “disavventura” per comprendere come agire nel concreto, ed è così che dovremmo fare tutti. Basta accettare insulti, vessazione e mancanze di rispetto dai docenti. Se potete, parlatene subito per evitare che altri cadano vittime del sadismo dei docenti che hanno perso la passione per il proprio mestiere.

@esterbarrale2 Parte 1 #sessione #perte #siena ♬ suono originale – Ester Barrale

Dai commenti sui video, emerge che quello a cui la professoressa si sarebbe potuta riferire è la cadenza siciliana, e non sarebbe neanche un caso isolato. Un utente commenta: «Credo di sapere di chi parli e penso che quello a cui si riferisse sia la cadenza siciliana. Era successo anche a una mia compagna di corso». E altri purtroppo fanno emergere un altro problema, quello dei docenti che evidentemente non sono a conoscenza di cadenze e dialetti (gravissimo): «Io per la cadenza abruzzese sono stata trattata malissimo da un prof a Milano, capisco benissimo», commenta una ragazza. E ancora un’altra: «è successo anche a me “a causa” della cadenza pugliese. Ci sono molti prof razzisti all’interno delle università purtroppo».

Il ministero dell’Università e della Ricerca ha intenzione di fare qualcosa a riguardo, o ci limitiamo a quei commentini su Instagram o a fare presenza nelle università come se fossero delle sfilate di moda? Non basta parlare di salute mentale dicendo che è importante, c’è bisogno di fare dei sondaggi all’interno di tutte le università (sondaggi anonimi e obbligatori) per comprendere per bene la situazione e poterla risolvere una volta per tutte. Quanti studenti ancora dovremo piangere, quanto ancora ci dobbiamo arrabbiare, per far sì che l’università italiana diventi degli studenti, e non dei docenti?

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