In particolare nell’ultimo periodo a causa di Tale e Quale Show, si sente spesso parlare di blackface, che consiste, essenzialmente, nel dipingersi la faccia di nero per interpretare un personaggio con la pelle scura. Questo gesto è però ritenuto da molti un fenomeno razzista, da altri invece (in genere sono persone bianche e privilegiate ad affermare ciò) la si ritiene un’esagerazione. Ultimamente, a parlarne, è stato il trapper italiano Ghali.
Cos’è la blackface? La blackface è, essenzialmente, uno stile di makeup che si è diffuso nel XIX secolo in ambito teatrale e che consiste nel dipingersi la faccia di nero per essere più simile alle persone nere, ma facendo ciò spesso si tendeva a farne una parodia (un po’ come avveniva con i cartoni della Disney del secolo scorso, in cui non solo le persone nere ma anche quelle asiatiche erano frutto di stereotipi razzisti).
Il fenomeno si è diffuso negli Stati Uniti d’America e in tutto il mondo ma, già dal Movimento per i diritti civili degli afroamericani di Martin Luther King che ne denunciò il razzismo e la denigrazione negli anni ’60, ha gradualmente cessato di esistere. Ma non in Europa e in Italia, a quanto pare, dove sembra che le persone abbiamo deciso di ritornare a vivere a qualche secolo fa, quando le persone nere dovevano essere frutto di derisione su un palcoscenico.
Non parliamo solo degli ultimi avvenimenti a Tale e Quale Show (di cui parleremo a breve), ma anche di molti film e teatrini che vediamo in televisione. Uno di questi film è proprio uno di Aldo, Giovanni e Giacomo, Il ricco, il povero e il maggiordomo del 2014 (quindi sei anni fa) in cui Aldo è un immigrato afrodiscendente. Andando più indietro nel tempo abbiamo anche film di Totò, o lo sketch “Angela Negri” di Ugo Tognazzi e Gianni Agus.
Insomma, mentre nel resto del mondo, o meglio negli Stati Uniti dove comunque ci sono già altri problemi molto gravi di razzismo (ma abbiamo fiducia nel nuovo Presidente), in Italia abbiamo deciso che per rappresentare un artista nero, dobbiamo per forza tingerci ancora la pelle di nero, come se la sua caratteristica principale fosse questa. E non solo, perché spesso ci troviamo a fare episodi di razzismo senza neanche accorgercene (quanti si sono vestiti da indiani per Halloween?).
Ma, ancora una volta, Ghali ha voluto dire la sua opinione. Non è stato zitto e ha deciso di sfruttare al meglio la sua popolarità, cercando di far comprendere a chi lo segue per la musica ma anche a chi non lo segue e si è comunque ritrovato a guardare le sue storie sui vari social, che fare la blackface è un fenomeno non solo razzista ma anche molto offensivo e che, nel 2020, non è più possibile trovarsi davanti a questi episodi.
Ghali: «basta con la blackface»
«Non c’è bisogno di fare il blackface per imitare me o altri artisti. Potrete dire che esagero, che mi devo fare una risata e che non si vuole offendere nessuno, lo capisco.
Ma per offendere qualcuno basta essere ignoranti, non bisogna per forza essere razzisti o guidati dall’odio. Si può essere anche delle brave persone e non sapere che la storia del blackface va ben oltre un semplice make up, trucco o travestimento.»
Scrive, all’inizio delle sue storie a riguardo, il trapper Ghali, che ha sempre lottato per i diritti delle persone di colore e per tutte le minoranze. Ha consigliato di guardare su Netflix un documentario, “I’m not your negro”, che lui ritiene molto importante per imparare a essere inclusivi e non razzisti, per non mancare di rispetto e insultare, anche involontariamente, le persone.
“Il blackface è una cosa di cui lo spettacolo non ha bisogno. […] lo scopo del blackface è quello di denigrare le persone di colore e di dare un brutta impressione.”
Io vi consiglio di andare a vedere le storie di Ghali riguardo al blackface pic.twitter.com/vXNsaEEf8c
— 𝐋𝐚𝐫𝐚 𝐁𝐥𝐚𝐧𝐜𝐚 ☽ (@eclissilunarii) November 21, 2020
Nel video che vi è stato appena linkato, potete ascoltare le parole giuste di Ghali, dove spiega le origini del blackface, che veniva usata per denigrare, per spaventare, per compiere atti di razzismo, sebbene lui abbia detto che sa che non c’era del razzismo nell’esibizione di Tale e Quale Show, ma che lo spettacolo non ha bisogno del blackface, che è nato per un motivo (denigrare e fare una brutta impressione).
«Non sto dicendo che c’era del razzismo in quello che ho visto. Sto dicendo che l’ormai tristemente famosa “blackface” è qualcosa di cui lo spettacolo non ha bisogno. In America per denigrare le persone di colore si dipingeva la faccia di nero a un bianco per spaventare i bambini, erano attori bianchi che si travestivano da persone di colore e compivano atti osceni. È ora di finirla»
Inutile dire che, però, ancora una volta, il popolo italiano ha frainteso le sue parole e ha cominciato ad attaccarlo, dicendo che «Siamo al ridicolo proprio. Ora uno per interpretare un nero, non può colorarsi. Il politicamente coretto distruggerà il mondo. Basta!» o addirittura che «lo avrebbero denigrato se lo avessero fatto bello, biondo e con gli occhi azzurri: non si è mai visto allo specchio? E Muniz, che da bellissimo è stato abbruttito per assomigliargli , cosa dovrebbe dire? Ma per piacere: imparate ad accettarvi con il vostro aspetto!».
Insomma, anche questa volta ce la facciamo la prossima. Voi che ne pensate?
Giulia, 25 anni, laureata in Lettere Classiche, “paladina delle cause perse” e studentessa di Filologia Italiana. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
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