Il caso dell’omicidio di Meredith Kercher è stato uno dei più complessi e controversi nella storia recente della giustizia italiana. La vicenda ha avuto inizio la sera del 1° novembre 2007, quando Meredith, una giovane studentessa britannica a Perugia per un programma Erasmus, fu trovata senza vita nella casa che condivideva con altre ragazze, tra cui Amanda Knox, studentessa americana. Le indagini iniziali portarono all’arresto di Amanda Knox, del suo fidanzato dell’epoca, Raffaele Sollecito, e di Rudy Guede. Quest’ultimo è stato l’unico a essere condannato in via definitiva per l’omicidio, mentre Knox e Sollecito, dopo una lunga serie di processi, sono stati assolti dall’accusa di aver preso parte al delitto.
Tuttavia, un aspetto parallelo ma ugualmente significativo della vicenda giudiziaria riguarda l’accusa di calunnia mossa contro Amanda Knox nei confronti di Patrick Lumumba, il suo datore di lavoro all’epoca dei fatti. Durante gli interrogatori iniziali, Amanda Knox fece il nome di Lumumba come responsabile dell’omicidio di Meredith Kercher. Questa accusa portò all’arresto di Lumumba, che rimase detenuto per quasi due settimane, finché non fu completamente scagionato grazie a un alibi solido e alle testimonianze che confermavano la sua innocenza. La stessa Knox, successivamente, ritrattò le sue dichiarazioni, ma ciò non le evitò un procedimento penale per calunnia.
Il 23 gennaio 2025, la Corte di Cassazione italiana ha confermato in via definitiva la condanna di Amanda Knox per calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. La Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Knox, rendendo definitiva la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze nel giugno precedente. La condanna prevede una pena di tre anni di reclusione, che Knox ha però già scontato durante i quasi quattro anni trascorsi in carcere tra il 2007 e il 2011, periodo che copre anche la pena relativa alla calunnia.
Amanda Knox e la calunnia verso Patrick Lumumba
Le accuse mosse da Amanda Knox a Patrick Lumumba sono nate in un contesto di forte pressione psicologica durante gli interrogatori. Knox, all’epoca appena ventenne, dichiarò che Lumumba era presente nella casa la notte dell’omicidio di Meredith Kercher. Le sue parole portarono all’immediato arresto di Lumumba, che però fu rilasciato poco dopo, quando emerse che si trovava altrove al momento del delitto (l’uomo si trovava nel suo pub, dove lavorava anche Amanda Knox ma che, a sua differenza, quella sera non era presente). Le indagini dimostrarono che le dichiarazioni di Knox erano infondate e probabilmente influenzate dalle circostanze stressanti in cui furono rese.
Nonostante le difficoltà iniziali nell’accertare i fatti, il caso di calunnia si è protratto per anni, fino alla recente sentenza definitiva della Corte di Cassazione. La decisione mette la parola fine a un capitolo giudiziario importante, ma non senza lasciare aperte riflessioni sulla gestione delle indagini e sul ruolo delle dichiarazioni rese sotto pressione.
Patrick Lumumba, che ha vissuto un calvario giudiziario e personale a causa delle accuse infondate, ha accolto con soddisfazione la decisione della Cassazione. In un’intervista rilasciata dopo la sentenza, Lumumba ha affermato che questa condanna rappresenta per lui una forma di giustizia, sottolineando quanto sia stato difficile affrontare l’ingiusta detenzione e le sue conseguenze sul piano umano e professionale. «La verità è venuta a galla, ma il dolore di quei giorni è qualcosa che non dimenticherò mai», ha dichiarato.
Speriamo che oggi si metta fine a questa storia e la condanna accompagni Amanda per tutta vita.
Lumumba è stato risarcito dallo Stato italiano per l’ingiusta detenzione subita, ma il danno alla sua reputazione e alla sua vita personale è stato incalcolabile. La condanna definitiva di Amanda Knox per calunnia è vista come un riconoscimento delle sofferenze che ha patito e un monito sull’importanza della responsabilità nelle dichiarazioni rese durante le indagini. La colpevole, invece, si dice amareggiata, mentre il suo avvocato dichiara: «È una sentenza totalmente inaspettata per noi e ingiusta per Amanda, siamo increduli. Leggeremo le motivazioni».
La condanna per calunnia di Amanda Knox chiude uno degli ultimi capitoli legati al caso Kercher, ma solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle indagini e sulla pressione psicologica esercitata sugli indagati. Il comportamento di Knox durante gli interrogatori è stato spesso oggetto di dibattito, con alcuni che sottolineano le difficoltà legate alla sua giovane età e alla mancanza di supporto legale adeguato al momento delle dichiarazioni. Questo caso evidenzia inoltre le gravi conseguenze che possono derivare da accuse infondate.
Lumumba non solo ha subito un’ingiustizia personale, ma è diventato un simbolo dei rischi legati a errori giudiziari e alla mancanza di verifiche tempestive durante le indagini. La vicenda pone l’accento sull’importanza di procedure investigative accurate e rispettose dei diritti degli indagati e delle persone coinvolte. «Dopo la povera Meredith, Lumumba è la seconda vittima di questa vicenda giudiziaria. Noi chiediamo giustizia», ha dichiarato l’avvocato di Lumumba, Carlo Pacelli.
Amanda Knox. Condannata a 3 anni per diffamazione. Resto dell'idea che è invischiata fino al collo per il delitto Kercher. ma l'ha fatta franca solo perchè Americana. pic.twitter.com/jb6ki17tRj
— Marcello Crescentini (@MarcelloCresce2) January 23, 2025
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull’italiano standard e neostandard, “paladina delle cause perse” e studentessa di Didattica dell’Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche.
Instagram: @murderskitty