Giulio Regeni, sit-in: “Il governo pretenda che gli imputati siano processati in Italia”

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«Sono ormai più di 7 lunghi e dolorosi anni che noi assieme ai media e al popolo giallo chiediamo verità e giustizia processuale per il barbaro omicidio di Giulio Regeni», hanno detto i genitori del ricercatore italiano 28enne sequestrato, torturato e ucciso nel 2016 al Cairo. In una lettera diffusa nel corso di un sit-in davanti all’ambasciata egiziana a Roma (svolto in contemporanea a un sit-in al consolano egiziano a Milano), hanno chiesto che gli assassini del figlio vengano processati in Italia.

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La storia di Giulio Regeni è una delle più tristi nell’ambito italiano, una di quelle che ti mette i brividi soprattutto per come per anni interi il governo si sia completamente dimenticato di un italiano che è andato all’estero e non è più tornato, e non a causa di un incidente, ma perché è stato brutalmente ucciso. Il padre del ragazzo, intervenuto a Che tempo che fa su Rai3, denunciò quest’agghiacciante situazione, dicendo che l’Egitto non collabora, «ed  giusto secondo noi prender dei provvedimenti seri nei loro confronti, perché la realpolitik non può prevalere sui diritti umani».

Paola, madre di Giulio Regeni, ha detto che «per l’Egitto tutto è fermo, tutto è chiuso e non ha alcuna voglia di collaborare. In questo periodo i nostri politici hanno stretto mani, hanno telefonato, hanno avuto incontri con i ministri e anche con il presidente dittatore Al Sisi, dove ogni volta veniva promessa la collaborazione. Continuano a essere presi in giro». Claudio Regeni, padre, ha anche lanciato un appello: «Ci sono delle foto che riguardano gli imputati. Noi vorremmo fare un appello a chiunque abbia informazioni riguardanti questi imputati che si faccia avanti scrivendo alla nostra avvocata, Alessandra Ballerini».

Sit-in per Giulio Regeni

Al sit-in erano presenti il Festival dei Diritti Umani, la Fondazione Diritti Umani con l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, l’Associazione Lombarda dei Giornalisti, la Fondazione Roberto Franceschi, Articolo 21 e Aidi – Associazione dottorandi e dottori di ricerca in Italia. Sullo striscione si leggono i nomi dei quattro imputati per le sevizie e per l’omicidio di Giulio Regeni, mentre Beppe Giulietti, portavoce di Art.21 e Paola Spadari, segretaria del Consiglio nazionale dei Giornalisti chiedono di mantenere alta l’attenzione mediatica sulla vicenda.

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«Sono ormai più di 7 lunghi e dolorosi anni che noi assieme ai media e al popolo giallo chiediamo verità e giustizia processuale per il barbaro omicidio di Giulio Regeni. È tempo che l’Egitto dopo innumerevoli vane promesse collabori con il nostro governo, ed è tempo che il nostro governo pretenda senza se e senza ma che i 4 imputati per il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio compaiano alla prossima udienza il 31 maggio!», hanno detto nella lettera i genitori della vittima.

Continuano affermando che questo è il motivo per cui «è importante scandire i loro nomi, perché la notizia del processo a loro carico li raggiunga ovunque si trovino e perché non possano più far finta di non sapere. Laddove non possono arrivare gli ufficiali giudiziari notificando ai quattro imputati l’invito a comparire, arriverà l’eco della nostra scorta mediatica, che siete tutti voi. Questo processo si deve fare e si deve fare in Italia, perché non è accettabile che chi tortura e uccide pagato da un regime che il nostro paese ritiene ‘amico’, possa abusare del nostro sistema di diritto e godere dell’impunità. È una battaglia di dignità che riguarda tutti noi».

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La segretaria del Consiglio Nazionale dei Giornalisti, Paola Spadari, si è anche rivolta al Governo italiano «affinché queste persone si presentino perché non è un fatto simbolico ma sostanziale» e soprattutto perché «il cammino della verità per Giulio deve andare avanti, soprattutto il governo non deve demordere, mi appello al ministro Antonio Tajani e a palazzo Chigi». Elisa, portavoce di Art.21, ha ricordato Giulio, che era «un dottorando, si occupava di ricerca, quello che è stato fatto a lui è stato anche un attacco alla cultura, alla ricerca, alla conoscenza non riguarda i giornalisti, riguarda i cittadini e le cittadine.».

«La famiglia Regeni chiede giustizia e verità anche per le Giulie e i Giulii di Egitto, confinati nelle carceri per i quali non si riesce a rompere il muro di omertà e di silenzio».

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