L’aborto in Italia è legale, ma la maggioranza dei medici sono obiettori di coscienza

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In questi giorni sui social sta girando la straziante esperienza di Linda Farak, conosciuta sui social come LNDFK, napoletana che si è trovata a dover affrontare un’interruzione di gravidanza che è risultata essere un’esperienza terrificante a causa della sanità italiana. Le parole che ha condiviso sui social sull’aborto, ci fanno tanto pensare a quando leggiamo che in Italia l’aborto è legale e che nessuno vuole toccare il diritto della donna di abortire… Ma poi vai a vedere i dati e noti che la gran parte dei medici sono obiettori di coscienza, e dalla storia condivisa, sembra che persino alcune infermiere decidano di non prendersi cura delle pazienti per questo motivo.

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Sono ormai anni che l’aborto e il diritto d’aborto sono sotto i riflettori. Sarà che, non appena Giorgia Meloni è diventata Presidente, i suoi colleghi di partito e non solo hanno cercato di rendere ancora più difficile una pratica che, ahimè, già è complicata a causa di tutti i medici obiettori. A me vengono subito in mente le proposte di Maurizio Gasparri, di cui una prevedeva il riconoscimento giuridico del feto attraverso la modifica dell’articolo 1 del Codice Civile (che stabilisce che «i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita»), quindi riconoscerne la capacità giuridica sin dal concepimento e, perciò, l’aborto potrebbe essere considerato un reato alla pari dell’omicidio volontario.

Per non parlare poi del leghista Massimiliano Romeo, che invece, sempre nello stesso periodo (parliamo di ottobre 2022, quando il Governo Meloni si stava insediando per la prima volta e la premier diceva in giro che non aveva intenzione di toccare il diritto all’aborto delle donne), proponeva un disegno di legge per istituire un «fondo per il sostegno della maternità (…) finalizzato all’erogazione di aiuti e contributi per evitare che le donne in stato di gravidanza ricorrano all’interruzione volontaria della medesima».

Nello stesso DDL, si prevedeva la delega ad alcune «funzioni pubbliche in particolare nel campo educativo» ad associazioni che promuovono «iniziative volte alla conservazione, alla valorizzazione e alla tutela della famiglia». Alla fine dei conti, è un po’ quello che abbiamo visto realizzarsi: obiettori di coscienza nei consultori, che terrorizzano le donne, spesso già terrorizzate per quello che stanno vivendo. Però sia mai che l’educazione venga fatta prima, sia mai che l’educazione sessuale diventi obbligatoria a scuola e che non sia una pagliacciata, ma un modo per permettere ai giovani di conoscere se stessi ed evitare gravidanze indesiderate e premature.

Per questi e per altri motivi, purtroppo, quando leggiamo la storia condivisa da LNDFK su Instagram ci indigniamo, ma non ci sorprendiamo. Non ci sorprendiamo perché, per quanto a qualcuno piaccia negarlo, la donna viene vista come un’incubatrice, come qualcuno che deve risolvere il problema dell’Italia del calo di nascite, e se decidi di mettere davanti te stessa, la tua carriera (o semplicemente non vuoi avere figli), sei un’egoista e vieni trattata come se non valessi nulla. Questa è l’Italia in cui stiamo vivendo.

L’aborto in Italia con la maggioranza di medici obiettori

Secondo la ricostruzione della donna, tutto è iniziato all’ospedale San Paolo durante la visita del primo ginecologo. Dopo averle chiesto se avesse un partner e quale fosse il suo lavoro, il medico ha calcolato nell’ecografia due settimane in più per la gravidanza, invitandola a riflettere sulla possibilità di portarla a termine. Nonostante la volontà della donna di correggere quello che considerava un errore nel calcolo delle settimane, il medico si è rifiutato, ritenendo la sua valutazione corretta.

Ho fatto alcuni calcoli e gli ho comunicato che c’era un errore e lui mi ha fatto intendere che forse stavo confondendo il partner, o che avevo calcolato male perché “lo dice la macchina” non lui.

Testimonianza di LNDFK su Instagram
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Immagine condivisa da LNDFK

Successivamente, un medico privato ha spiegato a Linda che i parametri utilizzati in ospedale erano errati, probabilmente per far sembrare il feto più grande, cosa che Linda ha documentato con delle foto. A questo punto, quindi Linda si rivolge all’ospedale Cardarelli, dove ha scoperto che i casi di interruzione di gravidanza volontaria venivano accettati solo il mercoledì, poiché negli altri giorni non erano presenti medici non obiettori. Quando è arrivato il mercoledì, le è stato detto che l’unica opzione per lei sarebbe stato un intervento in anestesia totale, perché per la pillola abortiva era ormai troppo tardi.

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Immagine condivisa da LNDFK

«Dopo che ho assunto la pillola preoperatoria ho vomitato: in bagno mancava la carta e ho letteralmente dovuto chiamare un’infermiera con il vomito in bocca aspettando di essere aiutata. Dopo circa un’ora è arrivato il chirurgo chiedendo A ME “se volessi assumere un’altra pillola”. Dopo 3 ore mi sono alzata comunicando di essere pronta per l’intervento perché nessuno è mai venuto a chiamarmi», racconta la ragazza. A questo, si aggiunge anche che la sua famiglia è stata informata un’ora dopo l’intervento, e l’infermiera si è rifiutata di toglierle la flebo definendosi obiettrice.

La vicenda si è conclusa con diverse settimane di complicazioni che, secondo la musicista, sono da attribuire alla negligenza del personale sanitario. Della serie che hanno dimenticato di darle l’anti-D dopo l’operazione, obbligatoria se il gruppo sanguigno della paziente è RH negativo, e se lei non avesse fatto ricerche online, probabilmente non l’avrebbe mai saputo. Questa esperienza così traumatica l’ha portata a dubitare se considerare nuovamente l’interruzione di gravidanza volontaria in futuro, qualora se ne presentasse la necessità.

Non possiamo sapere quante donne, prima di Linda, hanno subito lo stesso trattamento, ma ci auguriamo che la sua denuncia online faccia capire agli italiani che l’aborto debba essere un diritto e soprattutto scegliere di non avere figli, o di non averne in quel momento, non può essere una buona ragione per essere trattata come una criminale. Perché sul nostro corpo, decidiamo noi. Se sei una donna e sei contro l’aborto, non abortire, è una tua scelta. Ma allo stesso modo, se un’altra donna vuole abortire, ha tutto il diritto di scegliere di farlo, e dovrebbe avere anche le possibilità per farlo nella sua regione e senza complicanze.

Rendere l’aborto illegale non diminuirà l’aborto, aumenterà solo gli aborti clandestini e pericolosi.

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