ONU e diritti umani: cancellate le persone LGBTI con disabilità da una risoluzione internazionale
La recente decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU) di approvare una risoluzione sui diritti delle persone con disabilità senza includere un riferimento esplicito alle persone LGBTI con disabilità ha acceso un forte dibattito a livello internazionale. Attivisti, associazioni per i diritti umani e organizzazioni della società civile parlano di un passo indietro significativo nella tutela delle minoranze e nella promozione di un approccio realmente inclusivo e intersezionale.

La modifica al testo è avvenuta in seguito a un emendamento proposto dall’Egitto e sostenuto da diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti. Una scelta che ha suscitato sorpresa e preoccupazione, soprattutto considerando il ruolo centrale che le Nazioni Unite dovrebbero avere nella difesa dei diritti fondamentali di tutte le persone, senza eccezioni. La risoluzione in questione si inserisce nel quadro della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, un trattato fondamentale che mira a garantire pari dignità, inclusione sociale e accesso ai diritti civili, politici, economici e culturali per tutte le persone con disabilità.
Nel testo iniziale erano presenti riferimenti espliciti alla necessità di tutelare anche le persone con disabilità appartenenti alla comunità LGBTI, riconoscendo come queste possano essere soggette a forme multiple e sovrapposte di discriminazione. Tuttavia, durante il processo di approvazione finale, questi riferimenti sono stati eliminati, rendendo il documento più generico e meno attento alle specificità di alcune categorie particolarmente vulnerabili.
Cosa significa cancellare le persone LGBTI con disabilità
La rimozione di ogni riferimento all’orientamento sessuale e all’identità di genere non è solo una questione terminologica. Per molte persone LGBTI con disabilità, questa scelta rappresenta una vera e propria cancellazione simbolica, che rischia di tradursi in una minore protezione concreta. Le persone che vivono questa doppia condizione affrontano spesso ostacoli maggiori rispetto a chi sperimenta una sola forma di marginalizzazione. Possono subire discriminazioni all’interno della comunità LGBTI per la loro disabilità e, allo stesso tempo, essere escluse o invisibilizzate nei contesti legati ai diritti delle persone con disabilità a causa della loro identità di genere o orientamento sessuale.
Uno degli aspetti più discussi della vicenda è il sostegno degli Stati Uniti all’emendamento che ha portato alla cancellazione delle persone LGBTI con disabilità dal testo della risoluzione. Questa posizione ha sollevato critiche e interrogativi, poiché in passato gli USA si erano spesso presentati come sostenitori dei diritti civili e delle minoranze sessuali a livello globale.

Molti osservatori ritengono che questa scelta risponda a equilibri diplomatici e compromessi politici, ma sottolineano come tali compromessi finiscano per colpire direttamente le persone più vulnerabili, trasformandole in una moneta di scambio nelle negoziazioni internazionali.
Al centro delle polemiche c’è il concetto di intersezionalità, ovvero il riconoscimento che le discriminazioni non agiscono in modo isolato, ma si intrecciano e si rafforzano a vicenda. Ignorare questo principio significa adottare politiche incomplete, che non riescono a rispondere ai bisogni reali delle persone. Nel caso delle persone LGBTI con disabilità, l’assenza di un riconoscimento esplicito rischia di costringerle a scegliere quale parte della propria identità rendere visibile per ottenere tutela, lasciando scoperta l’altra. Questo approccio frammentato è in contrasto con l’idea stessa di diritti umani universali.

Anche se una risoluzione ONU non ha effetti immediatamente vincolanti in tutti i Paesi, il suo valore simbolico e politico è enorme. I testi approvati dalle Nazioni Unite influenzano le politiche nazionali, le leggi, i programmi di cooperazione internazionale e il lavoro delle organizzazioni non governative. Escludere le persone LGBTI con disabilità da un documento di questo livello può quindi avere ripercussioni concrete, soprattutto nei Paesi dove i diritti delle persone LGBTI e quelli delle persone con disabilità sono già debolmente tutelati o apertamente osteggiati.
La cancellazione delle persone LGBTI con disabilità da una risoluzione dell’ONU sui diritti umani rappresenta un segnale preoccupante. In un momento storico in cui la comunità internazionale dovrebbe rafforzare l’inclusione e la tutela delle minoranze, questa decisione appare come un arretramento sul piano culturale e politico.
Il caso italiano e l’attenzione della comunità internazionale
La decisione delle Nazioni Unite si inserisce inoltre in un contesto più ampio di preoccupazione internazionale per lo stato dei diritti delle persone LGBTI in diversi Paesi, tra cui anche l’Italia. Secondo numerose associazioni attive nella difesa dei diritti civili, il nostro Paese è sempre più spesso oggetto di osservazioni critiche da parte della comunità internazionale.
«Il numero record di raccomandazioni e di domande avanzate dimostra l’apprensione della comunità internazionale per lo stato dei diritti umani delle persone LGBTI in Italia. La costante erosione delle tutele e l’assenza di un impegno concreto nel contrastare discriminazioni e violenze hanno portato un numero crescente di Stati a esercitare pressione sull’Italia, ponendo il Paese sotto una lente di ingrandimento sempre più critica», dichiarano Yuri Guaiana, Segretario dell’Associazione Radicale Certi Diritti, Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno e Manuela Falzone di IntersexEsiste.
Secondo le associazioni, il mancato riconoscimento delle istanze LGBTI nei contesti internazionali, come nel caso della risoluzione ONU sulle persone con disabilità, rischia di rafforzare un clima politico e culturale già segnato da arretramenti normativi e da una crescente esposizione delle persone LGBTI a discriminazioni e violenze.
Riconoscere tutte le identità, senza gerarchie né esclusioni, è essenziale per costruire politiche realmente efficaci e giuste. La sfida per il futuro sarà quella di riportare al centro del dibattito internazionale le esperienze delle persone più marginalizzate, affinché nessuno venga lasciato indietro nel percorso verso l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani.
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Giulia, 27 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty






