Saman Abbas, parla lo zio Danish: “volevano uccidere anche me”

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Danish Hasnain, lo zio di Saman Abbas, ha parlato raccontando la sera del 30 aprile 2021, in cui la 18enne è stata uccisa dalla sua stessa famiglia perché voleva essere libera di sposare chi voleva, o semplicemente perché non accettava che qualcuno controllasse la sua vita. Secondo Hasnain, sarebbe stato chiamato perché la famiglia aveva in mente di uccidere anche lui perché aveva un buon rapporto con la nipote e voleva che avesse una relazione con Saqib. «Poi non so perché non mi hanno ucciso», dice ancora. Lo scorso mese l’avvocatessa Valeria Miari, che assiste come parte civile il fratello diSaman, si disse anche preoccupata per la vita del minorenne.

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Saman Abbas

La storia di Saman Abbas comincia il 27 ottobre 2020, quando la ragazza si rivolge ai servizi sociali comunali per chiedere aiuto: lei non vuole sposarsi, né con suo cugino, né con nessun altro che le sia imposto dai genitori. Come le sue coetanee, vuole possedere la libertà di scegliere sulla propria vita e sul proprio futuro, e quindi viene accolta a novembre in un centro a Bologna. L’11 aprile, però, ritorna a casa. La sua scomparsa risale proprio alla fine di questo mese, e coincide con il ritorno della famiglia che, senza se e senza ma, mentre la figlia è scomparsa, decide di tornare in Pakistan, loro paese d’origine.

Sin dal principio gli indagati sono cinque: i genitori, uno zio e due cugini, questi ultimi poiché sono presenti in un video del 29 aprile in cui si vedono tre persone con un secchio, due pale e un piede di porco dirigersi nei campi dietro casa. I genitori e la famiglia ovviamente nega tutto, il padre, Shabbar Abbas, ha riferito a Il Resto del Carlino che la figlia è viva e si trova in Belgio, tuttavia loro non si fanno trovare, né in Pakistan né in Italia. Intanto, oltre a tutti gli affezionati della tragedia, a cercare Saman Abbas c’è il suo fidanzato, il ragazzo scelto da lei e con cui avrebbe voluto scappare.

La ragazza era tornata a casa ad aprile solo per avere nuovamente i suo documenti, ma «al mio arrivo a casa i miei genitori non mi hanno picchiata, ma si sono arrabbiati rimproverandomi di tutto quello che avevo fatto nei mesi scorsi come scappare in Belgio e andare in comunità. Per quanto riguarda i miei documenti, io li ho visti nell’armadio di mio padre, chiusi a chiave», aveva confessato la diciottenne al ragazzo. Saman Abbas aveva già detto al fidanzato di sentirsi in pericolo.

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Saman Abbas

Durante gli scorsi mesi poi è stato una continua ricerca dei familiari, uno zio fu arrestato in Francia, Danish Hasnain, che secondo il fratello di Saman l’avrebbe uccisa (al contrario, scagiona i genitori).

Sempre il fratello minore ha raccontato di come il 30 aprile ci fosse stata una riunione per organizzare l’omicidio di Saman, e sembrerebbe che uno dei presenti avesse detto: «Io faccio piccoli pezzi e se volete la porto anch’io a Guastalla, e la buttiamo là, perché così non va bene». Al momento dei cinque indagati solo la madre risulta ancora irreperibile (il padre è stato arrestato in Pakistan pochi giorni fa), mentre con una soffiata lo zio Danish ha indicato dove si troverebbero i resti della povera Saman Abbas. E negli scorsi mesi è arrivata la conferma.

Saman Abbas: parla lo zio Danish

Durante le sei ore di colloquio con il procuratore capo Calogero Paci e il pm Laura Galli, Danish Hasnain assistito dall’avvocato Liborio Cataliotti e dall’interprete, ha detto: «Io penso che mi abbiano chiamato perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman ed ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso». Ha anche aggiunto che quando Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq gli hanno telefonato alle 22.30, è stato svegliato dalla chiamata e ha raccontato che «c’era stato un litigio e ci era scappato il morto».

Secondo quanto detto, infatti, Danish sarebbe arrivato sul posto quando Saman Abbas era già morta, ma ovviamente sarà tutto da verificare e soprattutto per mesi e mesi non ha minimamente parlato, quindi questo non giustifica minimamente la sua persona. «Siamo arrivati a casa e ho visto Saman morta sdraiata con il collo strano, stretto. Ho cominciato a urlare forte, a maledire tutti, a piangere, e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato i due mi hanno sorretto e mi hanno dato dell’acqua. Ho visto che avevano i guanti in mano e ho sentito che dicevano che era stata la madre». Madre che, ricordiamolo, è ancora l’unica non in prigione.

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Zio di Saman Abbas

Aggiunge poi: «Uno l’ha presa dalle gambe e uno dalle braccia, hanno impiegato circa due ore ma non ho visto chi l’ha messa dentro, ero poco cosciente in quel momento. Una buca troppo grande per una persona sola».

«Gli altri due erano molto sudati; io non potevo vedere quello che stavano facendo e quindi mi sono allontanato. Non ho visto chi l’ha messa dentro. Mi sono appoggiato a una vite, ad aspettare che gli altri due tornassero e poi insieme siamo tornati a casa. Hanno impiegato almeno due ore. Nel ritorno tutti e tre piangevamo. A casa Man ha preso i documenti di Saman e li ha gettati davanti al letto dicendo: “Adesso cosa ne facciamo?”, poi Man mi ha detto che li aveva bruciati nella stufa».

Inizialmente tra l’altro l’uomo riteneva che quella sera era stato chiamato «perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso. A pensarci bene la buca era troppo grande per una sola persona e gli altri mi hanno incastrato perché sapevano che avrei parlato». Ricordiamo, però, che l’unica vittima di questa storia è Saman Abbas, uccisa a 18 anni dalla sua stessa famiglia.

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