Che cosa significa essere ninfomane?

Condividi

Abbiamo già discusso di sessualità e di sesso, ma non abbiamo mai parlato di quando questo può trasformarsi in una trappola.

Si utilizza il termine “ninfomane” per indicare un soggetto – una donna – che presenta un desiderio sessuale morboso e insaziabile, accompagnato da una disinibizione nei confronti del sesso, il quale domina quasi tutti i tempi e gli spazi della vita. In favore della ancora precaria parità dei sessi, si ha iniziato a sostituire questo lemma con “ipersessuale”, in modo che possa essere esteso anche agli uomini.

Che cosa significa essere ninfomane?

Ancora oggi risulta complicato determinare che cosa sia esattamente la ninfomania, soprattutto in un mondo dove molte tematiche vengono affrontate in modo scorretto o addirittura ignorate, in un mondo dove a causa delle convenzioni sociali si rilegano a tabù temi anche di notevole rilevanza. Ma le origini del lemma “ninfomane” risalgono al 1771, quando il medico francese J.D.T. de Bienville pubblicò i suoi studi nell’opera La ninfomania, ovvero trattato sul furore uterino. “Ninfomania” deriva dal greco antico, nýmphē: ninfa, sposa e manía: mania.

Questa condizione è stata giudicata prima come una perversione, poi come una patologia sessuale femminile, con la conseguente introduzione nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IV). Il primo cambiamento avvenne nel 1992 quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) smise di considerarla tale, ma solo nel 1995 l’American Psychiatric Association decise di eliminare la voce dal DSM-IV, o meglio, di nasconderla all’interno della categoria dell’ipersessualità.

ninfomane-satiro-e-ninfa
Fonte: Google Arts & Culture – Théodore Géricault, “Satiro e ninfa“, 1817, Princeton University Art Museum

Il disturbo dell’ipersessualità comporta sì un desiderio sessuale incessante, ma di conseguenza una costante frustrazione dovuta ad una continua insoddisfazione: nonostante il moltiplicarsi di rapporti sessuali, il raggiungimento di un orgasmo o il consumo compulsivo di materiale pornografico offerto in rete da piattaforme o sconosciuti in cerca di avventure, la persona non riesce a soddisfare i propri bisogni e a raggiungere un livello di appagamento sessuale che le permette di smettere di pensare al sesso. Secondo alcuni, infatti, l’ipersessualità può essere considerata una dipendenza che agisce analogamente a quella che si genera nei soggetti alcolizzati o tossicodipendenti.

Lo dice la scienza che il sesso scatena una serie di reazioni chimiche nell’organismo, agendo così sugli stessi circuiti cerebrali attivati da cocaina, caffeina, nicotina e cioccolato. Può avere quindi una funzione calmante, antidepressiva, antidolorifica. Una convinzione accreditata vede l’ipersessuale intento a fare sesso per sopperire a picchi di stress e alla depressione.

L’ipersessualità può essere diagnosticata attraverso elaborati esami e test specifici se i sintomi sono presenti da almeno sei mesi e se compromettono le attività quotidiane.

Ma ancora oggi c’è chi sostiene che l’ipersessualità sia una leggenda, che questa condizione non esista e non possa diventare “così invalidante come dicono”. Lucia Brandoli di The Vision, allora, ha trasmesso le storie di chi ha voluto esporsi, qui sotto proposte. Cliccate qui se volete leggere l’articolo integrale.

La storia di Nina, 28 anni

“La ninfomania è un problema sociale e ha poco a che vedere col sesso, almeno io ho capito questo. Quando ho scoperto al liceo che “isterica” viene dal greco “uster“, utero, mi ha dato molto fastidio, quasi ribrezzo. Le donne sono fatte coincidere con il loro utero, la loro figa. E spesso sono “isteriche”. Da allora questa immagine orrenda mi perseguita spesso. Ma in realtà io non sono isterica, sonoborderline. Ovvero: i miei sono momenti o “picchi ninfomani” durante periodi di comprovata depressione.

Boderlinein psichiatrese. Io qui lo chiamerò “ilmoodliminale”. Liminale, dice la Treccani è un: “Fatto o fenomeno che è al livello della soglia della coscienza e della percezione,” e io in quei momenti mi sento esattamente così, mi metto in una situazione limite ma la vivo con consapevolezza, cerco volutamente una zona rossa, anche pericolosa, ma la gestisco vivendomi con un occhio esterno. È un meta-teatro individuale che mi serve a esperire delle cose. Questo è ilborderlinenella mia bio.

Ho riconosciuto di essere stata ninfomane quando ho cominciato a intaccare le mie relazioni e la mia salute, oltre ad aver messo in pericolo la mia vita per il sesso, quando chiaramente non stavo bene. Mi è capitato soprattutto quando vivevo all’estero, lontano da casa e dagli amici, quando mi sentivo socialmente estranea, straniera e non potevo giocare tutte le mie carte. Sentendomi privata di una parte del mio fascino e della mia espressività, bastava un attimo perché crollasse la stima che avevo di me stessa.

L’autostima in alcuni periodi può rischiare di esaurirsi da un momento all’altro, e se già di tuo sei giù, la Grande Metropoli non può che stroncarti. Lo diceva anche Baudelaire. A volte ho raggiunto livelli di autostima talmente bassi da credere di non poter aspirare a un uomo decente e di non poter essere amata e questo mi ha portata a cercare partner esclusivamente sessuali, e alla fine la popolazione intera è diventata ai miei occhi un possibile partner.

ninfe-e-satiro
Fonte: Wikipedia – William-Adolphe Bouguereau, “Ninfe e satiro“, 1873,
Clark Art Institute

Ninfomania per me è un malessere cerebrale travestito da bisogno animale. Ci sono state tre volte in cui ho raggiunto il limite: una volta mi sono vestita da zoccola e mi sono messa in mezzo alla strada a battere. Ero all’estero, in una grande capitale, sapevo che tutto sarebbe rimasto là. Ho rischiato, ma non mi è successo assolutamente niente. Il tipo, dopo il sesso, si è messo a guardare iGriffin.

Un’altra volta un pazzo bellissimo mi è venuto a prendere all’università con la Delorean e col vento gelido del Nord Europa tra i capelli biondi di entrambi. Mentre ladrum ’n’ basspicchiava duro gli ho chiesto: “Where are we going?”.E lui mi ha risposto, senza espressione e senza distogliere lo sguardo dalla strada: “In the middle of nowhere”. Giuro. Siamo finiti in un bosco, tra le fabbriche allaTwin peaks.Io nuda a gambe aperte sulla sua macchina, e il giorno dopo l’otite.

Un’altra volta ancora ho fatto sesso con tre ragazzi su un peschereccio, tra ami e reti da pesca, fino all’alba. Per non parlare di tutte le volte che sono finita a casa di soggetti piuttosto sfigati in periferia, ma quelle sono meno poetiche. C’è in me molto godimento nel degrado, e questo credo che accomuni tutte le ninfomani: il piacere di sentirsi delle contessine Julie che si divertono a sporcarsi di notte per noia. Poi torniamo casa a lavarci, ci mettiamo a letto tra le coperte profumate, facciamo i bei sogni e tutto torna rosa. A distanza di tempo ripeschiamo in quella memoria, come un serbatoio da cui attingere per uso autoerotico.

Poi ci si fa anche tanto schifo.

I porno e la masturbazione compulsiva sono altri elementi che caratterizzano la vita di una ninfomane o di una ninfomane potenziale. Il mio primo fidanzato mi ha messo davanti a un porno dove Paris Hilton faceva un pompino e mi ha detto “Si fa cosi”. Ho pianto per due giorni, chissà perché, poi mi sono adattata. Ho capito presto che gli uomini sono esigenti.

Spesso mi chiedo: se già è così difficilepiacerese sei bella, quelle che sono più cesse di te, cosa fanno? Quelle un po’ più larghe di te dove vanno a vestirsi, come fanno a vivere, come fanno a soddisfarsi? Sono ninfomani anche loro? Sono ancora più ninfomani di te? Avrei voluto essere bella, bellissima, avrei sempre barattato tutte le altre qualità per quella, avrei sempre voluto piacere, piacere tanto e a tutti, essere un sogno erotico di massa, un sogno erotico universale e galattico.

Detto questo, a me parlare di sesso annoia terribilmente e mi fa passare pure la voglia”.

La storia di Claudio, 50 anni

ipersessualità-satiro-e-baccante
Fonte: Parigi Meravigliosa – Jean-Jacques Pradier, “Satiro e baccante“, 1834, Musée du Louvre

“Non importa chi sia lei davvero, in questo momento ce ne possono essere altre due, tre, ciascuna al proprio livello di preparazione, ciascuna con parole specifiche, strategie mirate. Le sento pian piano svelarsi, desiderare una mia attenzione. Occorre ci sia un ritmo nel ricevere i loro messaggi, se sono lenti, se ci sono troppi vuoti, decido di sollecitare o di introdurre una nuova conversazione con una nuova conoscenza che riempia quei silenzi.

Non deve essere troppo facile, non deve essere un gioco a carte scoperte. Il percorso conta più del risultato. Il risultato – diciamolo subito – non sarà un incontro, non sarà sesso. Sarà il momento in cui lei dirà “vorrei” e io “peccato, non posso”. Il punto di fusione del desiderio. Mi basta, mi serve questo. Il percorso, quello, mi appaga.

La masturbazione è una via per capire la mente di una persona: come lo fa, quanto, dove, con quale pensiero. Il resto è uno spiare. Sono molto visivo, attribuisco importanza alla foto di un seno, di un pube, ai dettagli di un corpo e alle abitudini della sua cura. Preferisco la foto del cassetto delle mutande, a quella di quelle stesse mutande indossate.

Il gioco perde presto interesse, la parte appagante è quella in cui si accelera, uscendo in curva. Il resto subito è noia, mostro che richiede altre vittime, narcisismo allo stato puro, dopamina della fase iniziale.

Io non mi scopro mai, non lascio accessi. Sono quello dietro le quinte, sulla sedia alta del bagnino, dietro il muro del castello. L’ho fatto solo una volta, di lasciare il portone aperto. 2010, credo. Lei è entrata. Ha preso le chiavi. Ha girato per le stanze, aperto tutti i cassetti. Mi ha messo davanti a uno specchio. Lei alle spalle, a toccarmi il corpo e la mente. La pancia, sede delle vere scelte. Mi sono sentito vuoto, idiota e inutile nelle mie false conquiste. Non ho più giocato. Ci ho messo anni a rimettere ordine dopo il casino che ha lasciato”.

Non perderti le nostre news!

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.