Come impedire all’AI di Meta di usufruire dei nostri dati

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Il continuo sviluppo dell’intelligenza artificiale ha aperto dibattiti controversi su questioni di interesse pubblico, dal diritto alla privacy a quello d’autore, fino alla responsabilità a cui questa si deve sottoporre. L’AI di Meta vorrebbe sfruttare i dati appartenenti ai suoi utenti per fornire i servizi che è stata incaricata di compiere, ma il danno si può ancora provare ad arginare.

Come impedire all’AI di Meta di usufruire dei nostri dati

In questi giorni è diventata allarmante una notizia che riguarda la società Meta, tra i cui fondatori risalta un nome ben noto, quello di Mark Zuckerberg. L’impresa risponde infatti dei servizi di rete sociale di Facebook e Instagram, e di quelli di messaggistica istantanea di WhatsApp e Messenger.

Abbiamo in serbo nuove funzioni IA per te“, così Facebook ha salutato alcuni dei suoi utenti registrati con residenza in Italia. Come anticipato, dal 26 giugno 2024 entreranno in vigore alcune novità apportate dallo sviluppo e dall’utilizzo dell’AI di Meta.

Queste nuove funzioni saranno garantite però attraverso quello che è stato definito come un addestramento dell’intelligenza artificiale, e il materiale che essa potrà accumulare e sfruttare per le sue mansioni verrà ricavato proprio dagli utenti iscritti alle piattaforme prima citate.

I nostri dati potranno essere impiegati dall’AI senza nemmeno la garanzia di essere riconosciuti come autori di tali elementi. Infatti, questa nuova forma di intelligenza artificiale sbarcherà sul suolo italiano a breve, avanzando il buon proposito di impegnarsi a segnalare il nome del fautore dei dati, e le informazioni necessarie per contattarlo, ma non esclude la possibilità che ciò non avvenga.

Fonte: Coursera

Vi è però un diritto di opposizione imprescindibile che può negare a Meta di usufruire dei dati appartenenti ai suoi utenti. Si legge infatti: “Hai il diritto di opporti all’utilizzo da parte di Meta delle informazioni che hai condiviso sui nostri Prodotti e servizi per sviluppare e migliorare l’intelligenza artificiale su Meta“.

In particolare, nel caso di Instagram, potete seguire i seguenti passaggi:

  • Avviare l’applicazione di Instagram e recarsi nella sezione del proprio profilo personale.
  • Selezionare l’icona delle tre barre parallele per accedere al menù impostazioni e attività.
  • Selezionare “Informazioni” dalla categoria di maggiori informazioni e assistenza.
  • Selezionare “Informativa sulla privacy”.
  • Selezionare il link ipertestuale evidenziato “Diritto di opposizione”.
  • Si aprirà un modulo da compilare con alcune informazioni, quali Paese di residenza e indirizzo e-mail.
  • Vi verrà richiesto di spiegare quale impatto ha il trattamento dei vostri dati al fine di sviluppare l’AI di Meta: vi basterà formulare una chiara negazione del consenso all’utilizzo di immagini, video, testi, audio o qualsiasi contenuto multimediale di cui siete autori, ai sensi delle normative europee raccolte nel Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR).
  • A questo punto vi verrà chiesto di confermare il vostro indirizzo e-mail: inserite nell’apposita casella il codice ricevuto nella vostra casella di posta elettronica.
  • Attendete l’e-mail di conferma da parte di Instagram che segnalerà l’accettazione della vostra obiezione.

Nell’immagine qui allegata potete visualizzare i passaggi appena descritti.

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Purtroppo si tratta di una soluzione marginale. Se i vostri dati saranno condivisi da altri utenti che non hanno revocato il loro consenso potranno essere comunque impiegati dal sistema di intelligenza artificiale.

Per sviluppare l’AI di Meta verranno utilizzate “le informazioni condivise nei Prodotti e servizi di Meta, ad esempio post, foto e relative didascalie“, ma escludendo almeno “contenuti dei messaggi privati che scambi con familiari e amici“. Una magra consolazione, in una realtà in cui i sistemi di intelligenza artificiali hanno il potere di rivoluzionare la vita dell’uomo, ma anche di diventare una gravissima forma di abuso.

Questa AI è già stata sperimentata in altri Paesi. Il suo approdo in Italia non dovrebbe quindi stupirci, ma infervora sicuramente il dibattito su quanti dei nostri dati siano realmente stati protetti fino ad ora.

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Fonte: MAQE

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