I like em chunky: gira tutto intorno al corpo
Ebbene, mi trovo a scrivere quest’articolo su un trend di TikTok dopo l’ennesimo video apparso sulla mia For You Page. Faccio riferimento al “I Like Em Chunky Chunky“, ovvero la canzoncina di Madagascar in cui si lodano le donne con diverse curve, formose e in alcuni casi in sovrappeso, insomma persone che in genere sono discriminate dalla società che loda in particolar modo le donne magre, minute e leggere. Ed è bellissimo che finalmente ci sia un trend che faccia sentire belle e sicure di sé le ragazze che a causa dei social si sentono sbagliate. Allo stesso modo, è disgustoso vedere come le stesse persone, siano le prime a perpetuare lo stesso tipo di bullismo, semplicemente invertendo il bersaglio.
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Per comprendere appieno la portata di questo fenomeno, bisogna fare un passo indietro. Per decenni, l’ideale di bellezza femminile promosso dai media, dalla moda e dal cinema è stato quasi univoco: la magrezza. Un ideale spesso tossico, che ha generato insicurezze, disturbi alimentari e un senso di inadeguatezza in milioni di donne il cui corpo, semplicemente, non rientrava in quei canoni.
In questo contesto, il trend “I Like Em Chunky” su TikTok è arrivato come una ventata d’aria fresca, un vero e proprio atto di liberazione digitale. Improvvisamente, i feed si sono riempiti di ragazze e donne fiere delle proprie forme. Sorrisi smaglianti e una celebrazione sfacciata del proprio corpo, senza filtri e senza vergogna. Per molte, è stata la prima volta in cui hanno visto corpi simili al loro non solo accettati, ma acclamati e desiderati.
È un’iniezione di autostima potentissima, un momento di body positivity autentica in cui una community si è unita per dire: “Ci siamo anche noi, e siamo meravigliose così“. Vedere queste ragazze splendere è una vittoria per tutti coloro che credono in un mondo più inclusivo, sebbene ci siano comunque persone che provano a sminuirle e le insultano nonostante la positività del trend.

Il sogno in ogni caso si incrina quando il trend diventa virale al punto da coinvolgere tutti. Nel flusso infinito dei video, iniziano ad apparire anche ragazze magre e snelle. Magari si mettono in mostra perché il trend è divertente e virale, o semplicemente perché vogliono partecipare a un momento di gioia collettiva, o anche solo per mettersi in mostra, senza alcun motivo secondario. Ed è qui che la magia si spezza. Sotto i loro video, il clima cambia. L’onda di positività si trasforma in un muro di ostilità. I commenti diventano sentenze:
- “Cosa c’entri tu? Questo trend non è per te.”
- “A te manca il ‘grosso’ di cui parla la canzone.”
- “Non bisogna per forza fare ogni trend.”
Quest’ultima, è la stessa, identica accusa mossa per anni alle ragazze curvy che osavano partecipare a challenge dominate da fisici longilinei. Ma non è neanche questo il problema principale (alla fine dei conti, non c’è niente di male nel lasciar splendere solo i corpi che in genere vengono coperti), ma è più che altro la prova che la body positivity, se male interpretata, può diventare esclusiva e tossica quanto gli standard che pretende di combattere.
Il trend di tik tok chunky chunky chunky bellissimo fino a quando apri i commenti e leggi opinioni non richieste su chi possa e non possa fare il trend, giudicando la fisicità altrui come al solito
— Edmea (mon chou) (@suunfl0wed) July 25, 2025
Donne contro donne: un’assurda guerra combattuta sul corpo
Ciò che emerge è una verità tanto triste quanto diffusa: la guerra per l’accettazione si combatte ancora troppo spesso tra donne contro altre donne. Se per anni le ragazze in carne hanno dovuto subire appellativi umilianti, tramite questo trend abbiamo assistito a un ribaltamento dei ruoli che non ha nulla di rivoluzionario. Chiaramente, si fa riferimento non a chi scrive “Mi piacciono le ragazze snelle” o “Mi fidanzo solo con ragazze magre” e poi mostra le proprie curve, ma più a chi utilizza i termini come “pelle e ossa”, “stecchino”, “secca”, et similia, di fatto, discriminando a propria volta.
Le stesse persone che giustamente si indignano se vengono definite “ciccione”, “grasse” o “balene”, non esitano un istante a usare termini come “secca”, “stecchino”, “pelle e ossa” o “grissino” per attaccare chi è magra, nello stesso trend che vuole lodare il proprio corpo. Non si rendono conto che stanno usando la stessa logica del bullo: usare una caratteristica fisica per sminuire, ferire e invalidare un’altra persona. L’offesa non risiede solo nella parola, ma nell’intento di trasformare il corpo altrui in un difetto.
È un controsenso assurdo. Invece di unirsi contro un sistema che impone standard di bellezza irrealistici per tutte, si creano nuove fazioni. In tutti i casi, il risultato è lo stesso: una donna viene giudicata, etichettata e messa all’angolo per il suo aspetto fisico. Un sistema alimentato dalla moda, dai media e da una pubblicità che prospera sull’insicurezza, insegnando alle donne fin da bambine che il loro valore è intrinsecamente legato al loro aspetto. La logica vorrebbe che, riconoscendo questo nemico esterno, si creasse un fronte compatto, una sorellanza basata sulla condivisa esperienza di essere costantemente scrutinate.
Invece, assistiamo a una frammentazione interna, a una sorta di guerra civile combattuta sul terreno più intimo: il proprio corpo. Invece di puntare le armi verso il vero oppressore, si finisce per rivolgerle contro la vicina di trincea. Si creano nuove, agguerrite fazioni: le “curvy” contro le “magre”, le “formose” contro le “snelle”, in una battaglia combattuta a colpi di commenti velenosi, gatekeeping digitale e accuse reciproche. È come se, dopo aver subito per anni un’ingiustizia o trend grassofobici (ad esempio quello in cui ragazze magre provavano a modificare il proprio corpo per vedere come sarebbero state da grosse), la reazione non fosse smantellare il meccanismo dell’ingiustizia stessa, ma impossessarsene per rivolgerlo contro un nuovo bersaglio.
E qui sta la beffa finale, la più crudele di tutte: il risultato non cambia. Che tu venga etichettata come “troppo grassa” per un trend o “troppo magra” per un altro, l’esito emotivo è identico. In entrambi i casi, una donna viene giudicata, ridotta a una singola caratteristica fisica, etichettata e messa all’angolo. Il sentimento di umiliazione, la sensazione di essere “sbagliata” e l’amarezza di essere esclusa bruciano allo stesso modo. La ferita è la stessa, cambia solo la mano che impugna il coltello.
Questa guerra tra vittime non fa altro che distogliere l’attenzione dal problema reale, rafforzando implicitamente il sistema che l’ha generata e lasciando intatta l’idea tossica che un corpo possa, e debba, essere un oggetto di pubblico giudizio.
Oltre il peso: perché giudicare un corpo è sempre sbagliato
La vera rivoluzione non sarà mai sostituire uno standard con un altro. Sarà capire che dietro ogni corpo c’è una storia che non conosciamo. Non sappiamo se una persona è magra per un metabolismo veloce, per una condizione di salute, per un periodo di forte stress o semplicemente per costituzione genetica. Allo stesso modo, non possiamo sapere se dietro un corpo in sovrappeso ci siano fattori ormonali, effetti collaterali di farmaci, problemi di salute mentale o uno stile di vita che non abbiamo il diritto di giudicare.
Giudicare dall’esterno, basandosi solo su un peso che arbitrariamente definiamo “giusto” o “sbagliato”, è un atto di superbia e ignoranza. La vera accettazione del corpo non è selettiva. Non funziona a intermittenza. O vale per tutti, o non vale per nessuno.
Un trend come “I Like Em Chunky” nasce con un’intenzione magnifica, ma la sua riuscita dipende da noi. La vera vittoria non sarà quando le ragazze curvy si prenderanno una rivincita sulle magre, ma quando ogni donna si sentirà libera di esistere, ballare e celebrare se stessa nel proprio corpo, qualunque esso sia, senza che nessuno si senta in diritto di dirle se è adatta o meno. La vera rivoluzione è l’empatia.
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty