Stato di Palestina: perché Meloni dice no mentre la Francia apre al riconoscimento
Il conflitto israelo-palestinese continua a essere una delle questioni più complesse e divisive sullo scacchiere internazionale. In questo contesto, le nazioni europee mostrano posizioni sempre più divergenti, creando una frattura diplomatica all’interno dell’Unione. Mentre paesi come Spagna, Irlanda e Norvegia hanno già compiuto il passo formale di riconoscere lo Stato di Palestina, la Francia si dichiara pronta a fare lo stesso, considerandolo non più un tabù. In netto contrasto, l’Italia, guidata da Giorgia Meloni, mantiene una linea di ferma cautela, definendo un tale riconoscimento “controproducente” allo stato attuale.
Questa divergenza di vedute tra Roma e Parigi non è solo una sfumatura diplomatica, ma riflette due approcci radicalmente diversi alla risoluzione del conflitto: da un lato, l’idea che il riconoscimento sia uno strumento per spingere verso la pace; dall’altro, la convinzione che debba essere il risultato finale di un negoziato diretto tra le parti. Tuttavia, c’è da ricordare che il governo italiano si è minimamente interessato al conflitto solo nel momento in cui è stata colpita una chiesa cattolica: prima di quel momento, c’è stato un silenzio assordante a testimonianza del fatto che all’Italia delle vittime non bianche, bionde e con gli occhi azzurri, importa davvero poco.
Ci aggiungiamo anche che proprio in questi giorni, è diventato virale sui social un video in cui Giorgia Meloni, parlando in un contesto diverso, afferma con tono commosso: “Da quando sono madre, io non posso sentire storie tristi di bambini“. Queste parole, che miravano a mostrare un lato umano ed empatico, hanno però generato un’ondata di critiche feroci.
Numerosi utenti hanno messo in discussione l’universalità di questa sensibilità, accusando la premier di applicarla in modo selettivo. L’accusa mossa sui social è che la sua empatia, così vividamente espressa, non sembri estendersi con la stessa forza ai migliaia di bambini palestinesi vittime del conflitto a Gaza, e questo è dimostrato dalla posizione politica del suo governo.
La svolta della Francia: un passo verso la soluzione a due stati
La posizione francese, espressa dal governo di Emmanuel Macron, si allinea a quella di altre capitali europee che vedono nel riconoscimento dello Stato di Palestina un atto politico necessario per riequilibrare i rapporti di forza e riaffermare la validità della soluzione “due popoli, due Stati”. Secondo questa visione, attendere la fine di un negoziato che da decenni – e anche più – non produce risultati concreti significa, di fatto, perpetuare uno status quo insostenibile.
Il riconoscimento, per Parigi, non è un’azione contro Israele, ma un passo a favore della pace. L’obiettivo è conferire alla Palestina una dignità e una legittimità internazionale che possano rafforzare l’Autorità Nazionale Palestinese e creare le condizioni per un dialogo più equo. Riconoscere la Palestina come Stato sovrano, secondo questa logica, non è la fine del processo, ma un catalizzatore per sbloccare l’impasse e costringere entrambe le parti a tornare al tavolo delle trattative con presupposti diversi e più concreti.
La linea di Giorgia Meloni: un riconoscimento “controproducente”
La posizione del governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, è diametralmente opposta. Durante recenti dichiarazioni, Antonio Tajani ha ribadito che l’Italia sostiene la soluzione “due popoli, due Stati”. Secondo la linea di Palazzo Chigi, un riconoscimento formale oggi non risolverebbe i problemi sul campo, come la definizione dei confini, lo status di Gerusalemme o la questione dei rifugiati. Potrebbe, al contrario, inasprire ulteriormente le tensioni e non essere riconosciuto da una delle parti in causa, rendendolo un gesto puramente simbolico e privo di efficacia pratica.
La premier sottolinea: “Il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia uno Stato della Palestina, può addirittura essere controproducente per l’obiettivo”, in quanto “se qualcosa che non esiste viene riconosciuto sulla carta, il problema rischia di sembrare risolto, quando non lo è”. Nonostante ciò, Giorgia Meloni afferma di essere “favorevolissima allo Stato della Palestina”.
La priorità del governo italiano, ha sottolineato Meloni, è lavorare per un cessate il fuoco immediato, garantire l’accesso agli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza e creare le condizioni per un dialogo costruttivo. Il riconoscimento dello Stato palestinese dovrebbe essere il coronamento di questo processo, non il suo punto di partenza. Questa posizione, sebbene minoritaria in Europa, è più allineata a quella degli Stati Uniti e di altre potenze che privilegiano un approccio graduale e negoziato, e infatti l’opposizione lo fanno notare: “Su Gaza, come ormai su tutto il resto, Meloni pende dalle labbra di Donald Trump”.
Un dibattito europeo e italiano
La spaccatura tra la linea franco-spagnola e quella italo-tedesca (anche la Germania è contraria al riconoscimento immediato) evidenzia una debolezza strutturale della politica estera dell’Unione Europea. L’incapacità di trovare una voce unica su una crisi così vicina e cruciale ne limita l’influenza come attore globale.
Anche sul fronte interno italiano, il dibattito è acceso. Le opposizioni, dal Partito Democratico al Movimento 5 Stelle, spingono da tempo affinché l’Italia si allinei agli altri paesi europei e proceda con il riconoscimento, presentando mozioni parlamentari in tal senso. “Le dichiarazioni di Giorgia Meloni sul riconoscimento dello Stato di Palestina sono gravi e inaccettabili. Dire che non è il momento e che sarebbe addirittura controproducente, mentre a Gaza si continua a morire di fame e sotto le bombe, è il segno di una totale subalternità politica e morale al carnefice Netanyahu e alla destra israeliana”, sostiene Angelo Bonelli dell’Alleanza Verdi Sinistra .

In conclusione, la questione del riconoscimento dello Stato di Palestina mette a nudo due filosofie inconciliabili. Da un lato, chi crede che un gesto forte e simbolico possa cambiare la dinamica del conflitto. Dall’altro, chi teme che possa essere un salto nel vuoto, controproducente per la pace che si vuole raggiungere. Mentre la Francia si prepara a un passo che potrebbe ridisegnare gli equilibri diplomatici, l’Italia di Giorgia Meloni resta ancorata a una posizione di prudenza, scommettendo su un percorso negoziale che, tuttavia, oggi appare più lontano che mai.
La domanda che resta aperta è quale di queste due strade abbia maggiori probabilità di condurre a un futuro di pace e stabilità per il popolo palestinese, unica vittima di questa situazione che dura da decenni e non è iniziata il 7 ottobre 2023.
Potrebbe interessarti anche:
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty