Polonia, medici condannati per la morte di Izabela Sajbor: il caso che scatenò le proteste sull’aborto
Due ginecologi sono stati condannati al carcere per la morte di una donna incinta a cui fu negato un aborto terapeutico. La tragedia di Izabela Sajbor, deceduta per sepsi nel 2021, è diventata il simbolo della controversa e restrittiva legge polacca sull’interruzione di gravidanza. Una sentenza storica e dolorosa è stata emessa in Polonia, chiudendo un capitolo giudiziario che ha scosso la nazione.
Due medici sono stati condannati a un anno e sei mesi di reclusione per aver causato involontariamente la morte di Izabela Sajbor, una donna di 30 anni, incinta di 22 settimane. Il tribunale li ha inoltre interdetti dalla professione medica per cinque anni e condannati al pagamento di un’ammenda. La loro colpa? Aver adottato un “atteggiamento di attesa” che si è rivelato fatale, spinti dal timore di violare la legge sull’aborto più restrittiva d’Europa.
Il dramma di Izabela
Izabela Sajbor, una donna polacca di 30 anni, è morta a Pszczyna durante la 22esima settimana di gravidanza. La sua morte è stata causata da uno shock settico dopo che i medici, temendo di violare la restrittiva legge sull’aborto, hanno rifiutato di interrompere la gravidanza nonostante gravi complicazioni.
Izabela era entusiasta di dare un fratellino alla sua figlia di 9 anni, Maja. Tuttavia, una diagnosi medica ha rivelato che il feto era affetto dalla sindrome di Edwards, una grave anomalia cromosomica, insieme ad altre malformazioni che ne rendevano impossibile la sopravvivenza. Consapevole che il bambino non sarebbe sopravvissuto, Izabela desiderava abortire. Il suo medico le disse che non era un’opzione legale in Polonia. Aveva iniziato a cercare soluzioni all’estero, ma la rottura prematura delle acque l’ha costretta al ricovero il 21 settembre.
Sola in ospedale a causa delle restrizioni Covid-19, i suoi messaggi alla madre rivelano un’agonia lucida e straziante. Scriveva: “Devo dare alla luce un bambino morto. Grazie al PiS [il partito conservatore] mi sdraio e aspetto”. Era consapevole che i medici non sarebbero intervenuti: “Non possono fare niente finché il feto è vivo grazie alla legge anti-aborto”, aggiungendo di sentirsi “come un’incubatrice”.
Mentre la sua salute peggiorava drasticamente con febbre alta, vomito e convulsioni, i medici continuavano a monitorare unicamente il battito cardiaco del feto. Solo quando il cuore del feto si è fermato, hanno deciso di operare. Ma era troppo tardi: Izabela è morta alle 7:30 del mattino seguente.
La sentenza in Polonia e “l’effetto raggelante”
Secondo il tribunale, i medici sono stati giudicati colpevoli di omicidio colposo e di aver esposto la paziente a un immediato pericolo di vita. La corte ha stabilito che, nonostante la legge restrittiva, i medici avrebbero dovuto e potuto agire per salvare la vita di Izabela, dato che le sue condizioni stavano visibilmente peggiorando. La loro inazione, dettata da quello che gli attivisti definiscono “effetto raggelante” (chilling effect), non è stata considerata una giustificazione valida.
Questo “effetto raggelante” descrive la paralisi dei medici, che per paura di conseguenze legali e penali, esitano a praticare aborti anche quando la legge lo consentirebbe, ovvero in caso di rischio per la vita della donna.
Un simbolo nazionale e il futuro incerto
La morte di Izabela Sajbor ha scatenato un’ondata di proteste di massa in tutta la Polonia. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza al grido di “Ani jednej więcej” (“Non una di più”), trasformando il volto di Izabela nel simbolo di una “legge barbara”. La sua storia è stata seguita da altri casi tragicamente simili, come quelli di Agnieszka T. e Dorota Lalik, alimentando ulteriormente la rabbia e la richiesta di un cambiamento.

La sentenza di oggi arriva in un momento politicamente cruciale. Il nuovo governo, guidato da Donald Tusk, ha promesso di liberalizzare la legge sull’aborto, consentendo l’interruzione di gravidanza fino alla dodicesima settimana. Tuttavia, la proposta di legge si scontra con il potere di veto del Presidente Andrzej Duda, alleato del precedente governo conservatore.
Se da un lato la condanna dei medici offre un senso di giustizia alla famiglia di Izabela, dall’altro non risolve il problema sistemico. La sentenza è un monito per la comunità medica, ma finché la legge non cambierà, il rischio che altre donne si trovino nella stessa, terribile situazione di Izabela rimane drammaticamente reale. La battaglia per i diritti riproduttivi in Polonia è tutt’altro che conclusa.
Sąd uznał za winnych i skazał lekarzy w związku ze śmiercią Izabeli z Pszczyny#PAPInformacje pic.twitter.com/TkRmEwodqx
— PAP (@PAPinformacje) July 17, 2025
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty