Il Ponte sullo Stretto: tra propaganda Salviniana e la crisi reale delle infrastrutture del Sud Italia

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Ogni pochi mesi, come un orologio svizzero inceppato, il dibattito sul Ponte sullo Stretto di Messina torna a dominare le prime pagine e i discorsi politici. E ogni volta, il più grande sostenitore di questa Grande Opera – con l’enfasi necessaria su entrambe le parole – è il Ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Con un’ostinazione che rasenta il folclore, Salvini rilancia il progetto come la soluzione definitiva per unire l’Italia, un simbolo di progresso e un atto di coraggio ingegneristico.

Ebbene, dietro questa narrazione trionfalistica si nascondono, a ben vedere, quelle che molti definiscono “scemenze”. Non nel senso che il progetto in sé sia ingegneristicamente impossibile (sebbene estremamente complesso e costoso, ma non ho decisamente le competenze per parlare di questo), ma nel senso che la sua promozione, in assenza di un piano infrastrutturale reale per il Sud Italia, è pura propaganda politica, un grandioso specchietto per le allodole che distoglie l’attenzione dai veri e urgenti problemi di Calabria e Sicilia.

La propaganda del Ponte sullo Stretto: una cortina fumogena

Per Matteo Salvini, il Ponte sullo Stretto è la perfetta boutade politica. È un simbolo visibile, un’idea che fa presa sull’immaginario collettivo, rappresentando un’Italia che “non si ferma”, che sogna in grande, che osa. È un argomento facile, perché si basa su un’ambizione grandiosa piuttosto che sulla noiosa e complicata realtà della manutenzione ordinaria. D’altronde, prima di lui ne parlava allo stesso modo Silvio Berlusconi, uno dei più grandi populisti italiani di età contemporanea.

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Il progetto del Ponte, con i suoi costi astronomici e la sua storia decennale di fallimenti e rinascite, si adatta perfettamente alla retorica salviniana della “politica del fare” e dei “cantieri aperti”. Fa notizia, genera click e, soprattutto, permette al Ministro di posizionarsi come il paladino delle grandi opere e, di riflesso, dello sviluppo del Mezzogiorno.

Tuttavia, questa narrazione ignora un fatto fondamentale: un ponte da solo non serve a nulla se l’infrastruttura che vi approda è fatiscente. Non si può costruire la Ferrari del sistema viario su strade sterrate e ferrovie a binario unico. Questa enfasi smodata sul Ponte, che monopolizza il dibattito politico e le risorse economiche, è una gigantesca cortina fumogena che cela una realtà ben più grave: il totale disinteresse, o la cronica incapacità, di affrontare i veri problemi infrastrutturali di Calabria e Sicilia. Ma d’altronde, da parte di chi anni fa diceva che la Calabria “mi fa vergognare di essere italiano”, non stupisce minimamente:

La cruda realtà: infrastrutture al collasso

Mentre Salvini celebra il futuro Ponte, la realtà quotidiana per chi vive in Calabria e Sicilia è ben diversa. Il sistema infrastrutturale delle due regioni è, a dir poco, in condizioni critiche.

In Calabria, la mitica A3 (ora Autostrada del Mediterraneo A2) ha subito decenni di lavori interminabili, rimanendo un’arteria vitale ma tutt’altro che moderna. Molte strade statali e provinciali sono in stato di degrado, prive di manutenzione adeguata, con segnaletica carente e servizi minimi. La viabilità interna è spesso un calvario, con tempi di percorrenza che rendono impraticabili i collegamenti tra le province.

In Sicilia, il quadro non è meno preoccupante, anzi. Le autostrade che collegano le principali città (come la Palermo-Catania) sono spesso inadeguate, con tratti a velocità limitata, deviazioni infinite e una manutenzione lacunosa. Ma è il sistema ferroviario a essere un simbolo del disinteresse. La rete siciliana è per lo più a binario unico, elettrificata solo parzialmente, e con tempi di percorrenza che sembrano usciti da un’epoca pre-moderna. Un treno da Messina a Palermo impiega spesso più tempo che percorrere un tratto simile al Nord, a causa della vetustà dei mezzi e della linea.

E Matteo Salvini queste cose le sa molto bene, ma, semplicemente, ha deciso di non prenderle in considerazione. Ha scelto di fregarsene. E lo si vede anche da come sia estremamente convinto che il ponte sullo stretto, in caso di terremoto, non crollerebbe: ma le città siciliane e calabresi, sì. Nello specifico, ha affermato: «Il ponte è studiato in altezza, con le due torri su sponda siciliana e su sponda calabrese, per resistere a terremoti devastanti che – Dio non voglia – qualora ci fossero avrebbero effetti terribili sulle città, ma non sul ponte».

Non è forse il caso, allora, di migliorare le infrastrutture antisismiche calabresi e siciliane? Lo fa notare Elio Vito in un post su Twitter: «Genio, non ti viene il dubbio che sarebbe allora il caso di fare prevenzione e con gli stessi soldi del Ponte rendere antisismiche le città?».

Non un ponte, ma le basi

Pensare di costruire un ponte da miliardi di euro (le stime più recenti parlano di oltre 10 miliardi) quando le reti locali sono in condizioni disastrose è, oggettivamente, un’idiozia politica. È come comprare un tetto per una casa che non ha fondamenta. Il Ponte sullo Stretto non risolverà il problema della mobilità interna in Calabria e Sicilia. I pendolari non useranno un ponte faraonico se poi, una volta sbarcati, non avranno strade decenti, treni veloci e un sistema di trasporto pubblico efficiente per raggiungere la loro destinazione. Le aziende non investiranno in un territorio in cui i camion devono percorrere strade provinciali malridotte e dove i porti non sono modernizzati.

Ciò che serve al Sud Italia, e che i cittadini chiedono da anni, è un piano di investimenti pragmatico e mirato:

  1. Ammodernamento della rete ferroviaria: binari ad alta velocità/alta capacità, treni moderni ed efficienti, e collegamenti veloci non solo tra le grandi città, ma anche tra i centri minori.
  2. Manutenzione e messa in sicurezza della rete stradale: investimenti consistenti per riqualificare autostrade, strade statali e provinciali.
  3. Potenziamento del trasporto pubblico locale: investimenti in metro, tram e autobus che migliorino la qualità della vita dei pendolari.

Un investimento nel futuro o uno spreco per il passato?

Le “scemenze” di Salvini sul Ponte sullo Stretto rappresentano un’occasione persa. Il Ministro preferisce il clamore di una grande opera simbolica a una politica di riforme infrastrutturali reali. Il dibattito sul ponte è una distrazione costante che permette di evitare di affrontare il vero nodo del Sud Italia: il divario economico e infrastrutturale con il resto del Paese.

Invece di costruire un ponte che forse verrà ultimato tra vent’anni, i miliardi di euro potrebbero essere spesi oggi per mettere in sicurezza e modernizzare le strade esistenti, per garantire un trasporto ferroviario efficiente, e per migliorare la qualità della vita dei cittadini. Fino a quando la politica continuerà a inseguire fantasie ingegneristiche come il Ponte, le vere infrastrutture di Calabria e Sicilia continueranno a rimanere al palo, e il divario tra Nord e Sud non potrà che aumentare. Il Ponte non è un simbolo di unione; è, piuttosto, l’emblema di un disinteresse cronico.

Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e insegnante di Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty

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