Gli schermidori svizzeri si rifiutano di omaggiare Israele: un gesto di coraggio contro il genocidio in Palestina
Durante i Campionati Europei Under 23 di scherma, tenutisi a Tallinn, Estonia, la squadra svizzera di spada maschile ha compiuto un gesto destinato a entrare nella storia dello sport europeo. Durante la cerimonia di premiazione, mentre suonava l’inno israeliano per celebrare la vittoria della squadra avversaria, gli atleti svizzeri — Ian Hauri, Théo Brochard, Jonathan Fuhrimann e Sven Vineis — hanno scelto di non voltarsi verso la bandiera israeliana, come il protocollo richiederebbe. Un atto interpretato come una presa di posizione chiara e coraggiosa contro la politica di apartheid e genocidio che Israele continua a perpetrare ai danni della popolazione palestinese.

Quello che molti media mainstream hanno immediatamente definito “scandalo” o “mancanza di rispetto” appare invece come un gesto di dignità, in un momento in cui il silenzio internazionale contribuisce al protrarsi dell’oppressione di un popolo. E quindi, mentre le più importanti cariche mondiali si sono ritrovate nel Vaticano per commemorare Papa Francesco che più volte ha parlato del genocidio del popolo della Palestina nonostante siano i primi a sostenere lo stato d’Israele nell’assassinio di bambini, donne e uomini innocenti, quattro ragazzi hanno deciso di schierarsi. Quattro ragazzi hanno deciso di non essere indifferenti.
La Svizzera e il gesto di dignità sportiva e umana contro l’indifferenza internazionale
La reazione delle autorità israeliane non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri Gideon Saar ha parlato di “grave mancanza di rispetto“, esprimendo imbarazzo per la Svizzera. Tuttavia, non viene spesa una sola parola sui crimini contro l’umanità che il governo israeliano continua a compiere, ignorando sistematicamente i diritti del popolo palestinese e violando il diritto internazionale. In più, lo stato israeliano non è nuovo per giocare la carta della vittima accusando di antisemitismo le persone che semplicemente si schierano dalla parte della pace o in ogni caso fanno notare i numeri effettivi di persone uccise in Palestina.
Vergogna alla squadra svizzera per il suo comportamento irrispettoso. Non sapete perdere e vi siete comportati in un modo che ha messo in imbarazzo voi e il vostro Paese.
Anche la Federazione Svizzera di Scherma ha condannato il comportamento dei propri atleti, ribadendo la necessità di mantenere la neutralità nelle competizioni sportive. Eppure, come è possibile restare neutrali di fronte a un genocidio? Non si può chiedere agli sportivi di voltare lo sguardo di fronte alle ingiustizie più gravi, specialmente quando l’atto di “neutralità” rischia di diventare complicità silenziosa. In più, perché quando si è trattato di vittime bionde e con gli occhi azzurri (gli Ucraini), la Russia è stata esclusa da qualsiasi competizione sportiva e canora, mentre Israele può fare tutto ciò che gli pare?
Il contesto in cui si inserisce questo gesto è tragico: negli ultimi mesi, il conflitto israelo-palestinese ha conosciuto una nuova escalation di violenza. Secondo numerose organizzazioni internazionali, il numero di vittime civili palestinesi è drammaticamente aumentato, in quello che molte voci — comprese quelle di giuristi ed esperti ONU — non esitano più a definire un genocidio in corso. La Svizzera, paese noto per la sua tradizione di neutralità e tutela dei diritti umani, dovrebbe invece sostenere chi, anche in campo sportivo, osa opporsi in maniera pacifica a crimini tanto gravi.
La politica non può essere separata dallo sport quando sono in gioco i diritti umani
Lo sport è stato spesso presentato come uno spazio neutrale, “al di sopra” delle questioni politiche. Ma la storia ci insegna che, quando i diritti umani vengono calpestati, anche gli atleti diventano testimoni morali del loro tempo. Boicottaggi, gesti di protesta e prese di posizione pubbliche hanno caratterizzato eventi storici come le Olimpiadi di Berlino 1936 o le proteste contro l’apartheid in Sudafrica.
In questo caso, i giovani schermidori svizzeri hanno dimostrato che il rispetto per la vita e la giustizia supera il rispetto formale per un cerimoniale sportivo. Non hanno insultato, non hanno usato parole violente: si sono semplicemente rifiutati di onorare un simbolo nazionale di uno Stato che, ai loro occhi e a quelli di molti osservatori internazionali, è responsabile di crimini gravi contro un intero popolo.
Non dobbiamo biasimare questi giovani, ma ringraziarli. Con il loro gesto, ricordano a tutti noi che l’indifferenza è una forma di complicità, e che anche in un’arena sportiva si può e si deve difendere la dignità umana.
In conclusione, schierarsi dalla parte della Svizzera in questo caso significa schierarsi dalla parte dei diritti umani, contro l’ipocrisia e contro il genocidio. Gli atleti svizzeri non hanno mancato di rispetto a Israele: hanno reso omaggio, silenziosamente e coraggiosamente, alla memoria delle vittime palestinesi e ai valori universali di giustizia.
Il loro gesto resterà, e con esso il monito: in un mondo che troppo spesso tace di fronte alle ingiustizie, anche il più piccolo atto di coscienza ha un valore immenso.
Pensate per un attimo se la nazionale #Svizzera di #Scherma avesse fatto lo stesso gesto nei confronti della #Russia e non di #Israele ,il corriere della serVa avrebbe ugualmente parlato di imbarazzo? Capite Perché Stampa,politica e valori di questa Europa non sono più credibili? pic.twitter.com/ypq3WtZ2cx
— Gabriel Pasternak (@Justinghiandone) April 27, 2025
Giulia, 26 anni, laureata in Filologia Italiana con una tesi sull'italiano standard e neostandard, "paladina delle cause perse" e studentessa di Didattica dell'Italiano Lingua non materna. Presidente di ESN Perugia e volontaria di Univox. Amo scrivere, leggere, guardare serie tv e anime, i gatti e seguire le giuste polemiche. Instagram: @murderskitty