F1: e se Ayrton Senna si fosse potuto salvare?

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Ayrton Senna, nato a San Paolo il 21 marzo 1960 e laureatosi campione del mondo nel 1988, 1990 e 1991, è considerato uno dei più straordinari e talentuosi piloti che la Formula 1 ha mai avuto l’onore di mostrare al mondo. Soprannominato Magic, sulla base di uno studio condotto dalla categoria regina in collaborazione con AWS, risulta essere il pilota più veloce di sempre. Ayrton si è sempre distinto per le sue capacità, che l’hanno reso un pilota completo sotto ogni aspetto, soprattutto nella guida sul bagnato e la velocità in qualifica.

Il suo esordio in F1 avvenne nel 1984 al volante della Toleman, passando poi alla Lotus nell’anno successivo e conquistando i suoi titoli con la McLaren; la firma del contratto con la Williams lo mise alla guida della loro monoposto nel 1994, fino al fatidico incidente avvenuto ad Imola, in occasione del Gran Premio di San Marino. Ayrton Senna morì il 1 maggio 1994 all’Ospedale Maggiore di Bologna.

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Fonte: Pascal Rondeau

E se Ayrton Senna si fosse potuto salvare?

Ancora una volta è Leo Turrini, giornalista, scrittore e amico del grande Ayrton Senna, ad indagare le dinamiche del tragico incidente avvenuto in quella Imola del 1994. Ma è anche uno dei pochi che ha voluto raccontare nei peggiori dettagli il week-end del Gran Premio di San Marino.

E se Ayrton si fosse potuto salvare? Se non ci fossero state le condizioni per correre quella prima domenica di maggio?

Per rispondere a queste domande dobbiamo introdurre la storia di un giovane, il cui nome non risuona spesso nel collettivo dell’automobilismo: sto parlando di Roland Raztzenberger, morto il 30 aprile 1994, in seguito ad un incidente che risulta in tutto e per tutto simile a quello che sarebbe accaduto ad Ayrton il giorno successivo.

Qualifiche nere ad Imola

La Simtek era una scuderia che non poteva contare su ingenti risorse finanziarie, mentre Roland era praticamente un debuttante. Nessuno in quel sabato di qualifiche si stava curando del ragazzo austriaco che era riuscito a realizzare il sogno di guidare una macchina di F1, pochissimi conoscevano il suo nome, ma molti si sono ritrovati ad osservare gli ultimi istanti della sua vita.

Roland Ratzenberger non c’è più“, scrive Turrini in Ayrton Senna. Il pilota immortale, “Lo estraggono dall’abitacolo e in realtà è già morto, ucciso dalla terrificante decelerazione, dalla botta mostruosa. Picchiando contro il muro, la base cranica del ragazzo si è frantumata“.

I soccorritori giungono sul posto – alla Tosa – dove la monoposto si era trascinata per inerzia, con il corpo di Roland ancora imprigionato nell’abitacolo. Il defibrillatore permette loro di riattivare il cuore del pilota, ma ormai la morte cerebrale era già sopraggiunta. Il corpo del giovane verrà trasportato sette minuti più tardi in elicottero all’Ospedale Maggiore di Bologna, lo stesso che l’indomani accoglierà la leggenda di Ayrton. Qui verrà certificato il suo decesso cerebrale, nonostante Roland Ratzenberger abbia perso la vita tra le porte dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari.

Il piantone dello sterzo

Senna è noto nell’ambiente per la sua meticolosa attenzione a qualunque frammento di verità tecnologica. Se si è intestardito sul piantone dello sterzo, deve avere i suoi buoni motivi“, racconta sempre Turrini.

Erano mesi che Ayrton si lamentava con Adrian Newey e Patrick Head, all’epoca responsabili del progetto Williams. Le modifiche apportate comportano una limitazione del piantone dello sterzo, volta ad abbassarlo di pochi centimetri, per garantire una più comoda posizione nell’abitacolo della monoposto inglese.

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Fonte: Paul-Henri Cahier

Se in passato vi ho già esplicato le dinamiche dell’incidente in cui Ayrton ha trovato la sua morte, c’è un dettaglio che ora vi sembrerà più nitido: quando l’ormai mitico Senna stava tirando la sua Williams per inseguire l’allora astro nascente Michael Schumacher alla guida della Benetton, fu proprio il piantone dello sterzo a spezzarsi. I motivi possono essere molteplici (da una svista in officina, alle vibrazioni subite dalla vettura a causa dei cordoli che incontrava sulla sua strada), la conseguenza solo una. Quando Ayrton percepì l’assenza di risposta da parte del volante ai suoi comandi, tentò una manovra disperata, ma nulla servì ad evitare la tragedia imminente.

Morì e io non ho mai creduto che se la sentisse, che fosse sovrastato da una psicologica rassegnazione, come se fosse accompagnato da un’auto-profezia che doveva avverarsi. L’ho visto guidare, in quei pochi giri che furono il suo saluto alla Formula 1. Ho visto con quanta tenacia si tenne dietro Schumi alla partenza e quanto spingesse per liberarsi dell’ombra del tedesco. Ecco, non era l’atteggiamento di un uomo che andava mestamente incontro al traguardo della vita. Era, semmai, la conferma di quanto intensa fosse la sua voglia di vincere. Forse anche in memoria di Ratzenberger: il brasiliano aveva detto all’amico Berger di voler sventolare la bandiera austriaca sul gradino più alto del podio, a corsa mandata in archivio.

Lo so, lo so. É stato narrato che quella domenica 1 maggio 1994 Senna non si comportò come al solito. Ed è vero. Una volta condotta la Williams nel posto che le spettava, nell’angolo riservato al titolare della pole, Ayrton non uscì dall’abitacolo. Rimase all’interno della macchina. Si tolse il casco, sollevò la protezione ignifuga e tenne lo sguardo dritto davanti, ignorando chiunque cercasse di porgergli un saluto. Aveva bisogno di solitudine. Era immerso in pensieri che con nessuno desiderava condividere.

Di lì a poco, fummo tutti noi ad avvertire il morso della solitudine. E io mi ritrovai su quell’aereo. Accanto a una bara avvolta in una bandiera verde oro.

Leo Turrini, “Ayrton Senna. Il pilota immortale“, © 2021 Comedit Srl.

Il GP di San Marino non si doveva correre

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Fonte: Allsport

La storia non si fa con i “se” e con i “ma”, e così neanche la Formula 1. Ma se la morte di Roland Ratzenberger fosse stata registrata in quell’autodromo, il Gran Premio di San Marino 1994 non si sarebbe mai potuto correre.

Beh, Roland effettivamente è morto quando ancora era abbracciato dalla ferraglia della sua Simtek. Logisticamente, invece, tra le pareti asettiche dell’ospedale bolognese. La realtà più opprimente? Secondo la legge italiana, in presenza di un evento luttuoso tale da richiedere un’indagine della magistratura sulle cause dell’incidente, l’impianto teatro dell’accaduto sarebbe stato immediatamente sequestrato.

L’Autodromo Enzo e Dino Ferrari sarebbe dovuto essere posto sotto sequestro e gli eventi in programma, di conseguenza, annullati. Quella domenica nessun pilota sarebbe dovuto scendere in pista, nemmeno Ayrton Senna.

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