Recensione Tokyo Godfathers

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Tutto può accadere nella notte dei miracoli.

Tokyo Godfathers parla di Gin, un irascibile alcolizzato; Hana, un melodrammatico transessuale e Miyoko, una scappata di casa, che troveranno un neonato abbandonato in un bidone della spazzatura la notte di Natale.
Con i pochi indizi a loro disposizione, i tre cercheranno, per le strade di Tokyo, un aiuto per restituire la bambina, ribattezzata da loro, Kiyoko, ai suoi genitori.

Tokyo Godfathers
Tokyo Godfathers

In una splendida cornice di una Tokyo innevata, buia e fredda, carpiremo fin da subito i temi che troveremo al suo interno: amore, famiglia, miracolo e perdono.

Una particolare atmosfera di sublime avvolgerà le vicissitudini messe in atto durante il lungometraggio, immergendo lo spettatore nelle drammatiche e rassegnazioni dei tre senzatetto nella notte dei miracoli.

Molto curato è il comparto del character design, risalta subito all’occhio il vestiario dei protagonisti e anche la fluidità delle loro espressioni, rendendole buffe e tristi al momento giusto lungo la storia.

Le tematiche non mancano, la pellicola ci catapulterà nel duro mondo dei senzatetto fatto da autocommiserazione, solitudine, il sapersi arrangiare e ingegnare e anche l’incapacità di ravvedersi dai propri errori e tornare sui propri passi chiedendo scusa alla famiglia e alle persone che vogliono bene. Molto duro è anche il giudizio che appare trasparente agli occhi delle persone che li vede come un grosso problema e un peso per la società. La loro condizione, nel film, non viene mai narrata apertamente, ma è sempre celata e modificata dando un tono alla comunità dei senzatetto.

Come già detto in precedenza, di miracoli ne vedremo e ci penserà la piccolina, Kiyoko, di cui si prenderanno cura cercandone la madre, la chiave di volta che permetterà ai tre di rimettersi in contatto con le loro famiglie lasciate in precedenza. Toccherà per prima ad Hana, che verso la metà della pellicola rivedrà la madre che li accoglierà, poi di Gin che, finendo in ospedale, rivedrà sua figlia divenuta infermiera e sarà costretto a dirle la verità sul suo conto, e, infine, Miyuki, che incontra il padre poliziotto, sintomo di un epilogo perfetto e drammatico, con la bambina dei miracoli compiaciuta con il suo dolce sorriso che farà venire gli occhi lucidi anche a noi spettatori.

Non potevamo chiedere di meglio, no?

Tokyo Godfathers
Tokyo Godfathers

Il comparto tecnico del maestro Satoshi Kon rimane con i suoi toni onirici di alto livello adatti ad una Tokyo colorata di bianco, ricca di candore ad ogni sequenza, dalle luci sfavillanti al sudiciume dei vicoli bui, dall’introspezione psicologica ed esplorazione interiore dei protagonisti al racconto delle loro vite e storie. Ironia della sorte, sarà la bambina dei miracoli a tessere la tela di fili che aiuteranno i tre senzatetto a fare i conti con le loro vite passate. Un manifesto sull’abbandono di chi non ha colpa accompagnato da canzoni come “Astro del ciel” e “Inno alla Gioia” di Beethoven cantato in giapponese rendono ancora più significativa questa pellicola che ci obbliga a riflettere sulla società di oggi.

Tokyo Godfathers
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Conclusioni su Tokyo Godfathers

Tokyo Godfathers è un film magico, accogliente e affettuoso con un gran tono visivo che rende la cornice di Tokyo una favola contemporanea perfetta per lo spettatore.

Tutto è accaduto nella notte dei miracoli.

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