Supermotard: due chiacchere con Riccardo

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Il nostro blog ha da poco introdotto una categoria dedicata interamente al mondo dello sport, in cui abbiamo trattato alcune delle più grandi passioni degli italiani: il calcio, assieme agli azzurri e al loro meraviglioso percorso agli EURO 2020, e l’automobilismo, grazie alla Formula 1 e ai suoi GP mozzafiato.

Oggi, invece, vogliamo proporvi qualcosa di nuovo, restando sempre nell’universo dei motori: il Supermotard, attraverso le parole di Riccardo, pilota e meccanico per il Team Undici.

Tutte le foto presentate in questo articolo appartengono a Matteo Fornaroli.

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Che cos’è il Supermotard?

Il Supermotard (termine che deriva dal francese) è uno sport motoristico che trae le sue origini in America e si diffuse in tutto il mondo a partire dagli anni ’90. Infatti, le prime competizioni degne di questo nome risalgono a quegli anni, nei quali il motard divenne un modello di moto a sé stante e destinato alla produzione.

Si basa sull’utilizzo di moto da cross adattate con freni, sospensioni e gomme idonee per l’utilizzo su circuiti asfaltati. La peculiarità che differenzia questo sport dagli altri sport motociclistici è che la competizione si svolge su una pista mista, sia in una parte di tracciato asfaltata (70% circa) che in una parte di tracciato sterrata (30%).

Due chiacchere con Riccardo

Cominciamo dalle origini: quanti anni avevi quando sei salito per la prima volta su una moto?

Avevo 14 anni, era il 2017. Ho iniziato un po’ per caso. Passando per strada io e mio padre abbiamo visto questo circuito. Era da quando avevo 5 anni che lo assillavo con questa richiesta e finalmente decise malvolentieri di accontentarmi e di farmi provare a guidare una moto abbastanza piccolina. Ma fino al 2019 non ho mai praticato lo sport in maniera continuativa, a causa della mancanza di tempo e risorse“.

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C’è stato qualcuno in particolare che ti ha trasmesso questa passione? 

Me l’ha trasmessa indirettamente mio padre. Ben consapevole dei rischi che comporta guidare una moto, sia a scopo ludico che sportivo, ha cercato di tenermi lontano da questo mondo, ma è stato impossibile: come padre, se hai un interesse, non riesci a nasconderlo del tutto. Infatti, la mia passione deriva esclusivamente dalla relazione che lega mio padre al motorsport e penso che sia la cosa più bella che sia riuscito a trasmettermi, nonostante non ne avesse alcuna intenzione. Il Supermotard anima me e anima le mie giornate. Nella mia famiglia nessuno ha mai digerito i pericoli legati a questo tipo di sport ad esclusione di mio padre, devo ringraziare unicamente lui“.

Potresti spiegarci che cos’è per te il Supermotard?

Inizialmente quello a cui puntavo era tutt’altro: la velocità, la MotoGP, ma poi ho conosciuto questa disciplina che in Italia sta iniziando a riscuotere grande successo, anche grazie all’intervento dei social network. In realtà si conosce maggiormente il Supermotard come moto, ma non come sport!

Per me non è un semplice sport. É ciò che mi ha formato di più come persona, come pilota. Perché lo sport di qualsiasi tipo e a qualsiasi livello riesce a formarti a 360°, a farti crescere, per la dedizione e il sacrificio che comporta, ma anche grazie alle persone che ti permette di incontrare. Penso sia lo sport motociclistico più completo in assoluto, non c’è nessuna competizione che riesce a legare la guida su asfalto con la guida su sterrato, i salti, la perdita di aderenza, ecc…“.

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Tu corri a livello agonistico, come funziona un week-end di gara?

Il week-end di gara è composto generalmente dalle attività del sabato e della domenica, ma nel nostro caso solo della domenica: trattandosi di uno sport ancora non troppo popolare non può contare su finanziamenti esorbitanti da parte degli sponsor, quindi deve essere in grado di contenere i costi.

Inoltre, per ottenere un numero minimo di partecipanti deve adattarsi alle necessità dei piloti, di cui una maggioranza è composta da piloti paganti che non guadagnano nulla e che hanno bisogno di lavorare il sabato. Tutto si svolge la domenica, ma si può raggiungere il circuito i giorni precedenti per provare. Le prove ufficiali, però, si disputano alla domenica mattina: si parte con dei turni brevi di prove libere, per arrivare successivamente alle qualifiche per ogni categoria.

Nel mio campionato interregionale (circoscritto al nord d’Italia) ci sono quattro categorie, suddivise in base al livello o all’opzione di corsa su sterrato. Dopo le qualifiche si procede con la Gara 1 e la Gara 2. Ciascuna gara ha una durata di 12 minuti +2 giri, tranne la categoria Regina, ovvero la S1, nella quale si corre per 15 minuti +2 giri. Al termine della giornata ci sono le premiazioni. É tutto molto più inteso e frenetico rispetto ad un campionato mondiale o europeo!“.

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E che cos’è cambiato da quando hai iniziato a correre con un team?

Per quanto riguarda l’organizzazione un po’ tutto. Per chi non l’ha mai vissuto in prima persona è difficile da capire, ma durante i week-end di gara ci sono tantissime cose da dover preparare, a livello burocratico e anche a livello tecnico: per quanto riguarda la preparazione delle moto per ogni turno oppure gli imprevisti, come è accaduto a me durante la mia ultima gara. Tra una gara e l’altra ha iniziato a piovere, ed è stato necessario cambiare le gomme.

Avere un team alle spalle ti aiuta a restare più concentrato nel ruolo di pilota, senza doversi preoccupare della preparazione della propria moto, di essersi iscritti agli eventi o aver eseguito le verifiche tecniche. Nel contesto in cui sono inserito è bello poter contare su persone di cui ti fidi, e soprattutto poter contare su un team manager che è al contempo un bravissimo pilota. Appoggiarmi ad un team ha reso tutto più semplice, anche se non ho mai sperimentato l’esperienza di gareggiare da solo, dato che questo è il primo anno in cui competo“.

Sappiamo però che ricopri due ruoli all’interno del tuo team, pilota e meccanico: quale preferisci e perché?

Sono riuscito ad avere una doppia esperienza all’interno di questo ambiente. Oltre a guidare mi appassiona tutto ciò che riguarda la parte tecnica del Supermotard. All’inizio del campionato mi è stata offerta la possibilità di presenziare anche come assistente nelle tappe del campionato nazionale.

Mi piace sia crescere come pilota, sia acquisire nuove competenze come meccanico. Ciascuno di questi due ruoli ha le proprie peculiarità: da pilota puoi goderti la guida della tua moto e tutto ciò che concerne il week-end di gara, ma il livello di tensione e la pressione non ti lasciano indifferente. Invece, nel momento in cui presenzio come meccanico sono più rilassato e posso cogliere l’occasione di parlare con piloti di un livello più alto rispetto al mio per poter imparare qualcosa da poter applicare nella mia esperienza da pilota. É meraviglioso poter vivere un’esperienza nel motorsport molto più ampia invece che limitarsi solo a guidare!“.

Qual é il significato del proprio numero per un pilota?

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In qualsiasi competizione ad ogni pilota viene assegnato un numero per un fattore di riconoscimento all’interno della pista e attribuzione dei tempi. Alcuni piloti selezionano un numero disponibile, ovvero che non è già stato riservato da altri, senza troppa attenzione, altri ancora decidono in base a fattori personali o ad un significato particolare. Nel mio caso, quest’anno corro con il 777, in quanto non ho potuto mantenere il 77, numero identificativo della mia prima moto. Ho scelto il 777 sia per un fattore visivo, in quanto mi piace l’effetto delle tre cifre identiche, ma anche a causa di un significato personale“.

Hai mai pensato di abbandonare il Supermotard? Se potessi ritornare indietro, e scegliere un altro sport, un’altra passione, vorresti farlo? 

Non ho mai pensato di abbandonare il Supermotard perché è una delle cose più importanti della mia vita, a cui ho dedicato tanto impegno e che ormai svolgo con naturalezza. Non è uno sport con bassi margini di rischio, ma quando una persona ha una grande passione è impossibile fermarsi di fronte al pericolo, non riesce a limitarti.

Potessi tornare indietro non sceglierei un altro sport, non mi vengono in mente passioni che avrei potuto coltivare dato che ciò che mi ha sempre ispirato tanta voglia di fare era il motorsport. Da piccolo il mio sogno era di correre con i kart, perché vicino a casa mia si trovava un pistino che frequentavo ogni tanto. Alla fine, invece, mi sono buttato nel mondo delle moto, e non lo cambierei con nessun altro sport al mondo“.

Qualche idolo o modello d’esempio selezionato dal mondo dei motori?

Da buon italiano medio che guarda le gare dal divano di casa, potrei rispondere con Valentino Rossi, il quale è sempre stata una figura da me apprezzata, anche se purtroppo ho vissuto una parte buia della sua carriera. Non ho un idolo o un modello in particolare, ma sono molto affezionato alla persona e al pilota che era Marco Simoncelli. Mi porto dietro il suo modo di fare, credo mi rispecchi un poco, soprattutto nell’atteggiamento che aveva nei confronti del motorsport, nel suo caso della MotoGP. Era un esempio di pura passione e serietà, di un attaccamento sano al mondo dei motori“.

C’è qualcosa che avresti voluto sapere prima di iniziare a correre?

Ci sono un paio di cose che avrei voluto conoscere prima di entrare in questo mondo. La prima riguarda i costi per praticare uno sport di questo tipo. Purtroppo le spese a cui si deve far fronte nel momento in cui si decide di praticare sia a livello dilettantistico, ma soprattutto quando si entra nell’ambito agonistico sono elevati: i costi di gestione delle moto, quelli relativi alle gare, alle iscrizioni e alle gomme che si utilizzano.

Inoltre, non è uno sport a cui ci si può allenare con la stessa frequenza con cui, per esempio, ci si può allenare a calcio. L’allenamento deve avvenire all’interno di circuiti che purtroppo non sempre si trovano vicino a casa. Nella maggior parte dei casi si tratta una o due ore di strada e per una persona comune, un ragazzo come me che deve studiare e i cui genitori hanno la necessità di lavorare durante la settimana, allenarsi due o tre volte alla settimana è impossibile.

Altra cosa, la differenza tra le aspettative e la realtà dell’ambiente del motorsport. Inizialmente mi aspettavo un ambiente dove tutti si aiutavano… sai, condividendo la stessa passione non pensavo fosse possibile trovare un clima ostile. Purtroppo mi sbagliavo. Nonostante questo sport mi abbia permesso di conoscere tante valide persone valide, mi sono imbattuto anche in un ambiente all’interno del quale ci sono persone come me che gareggiano in campionati che non hanno rilevanza a livello europeo, ma dimostrano un atteggiamento fanatico e morboso. Talvolta ti devi interfacciare con persone che non sembrano avere la voglia di fare quello che fanno. Questo è stata una sorpresa“.

Ringraziamo Riccardo per il tempo che ci ha dedicato e gli auguriamo buona fortuna per le sue prossime gare!

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