Lei denuncia uno stupro, il padre difende i suoi stupratori

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Quando pensiamo a un genitore, pensiamo a una persona che sarà sempre dalla nostra parte, o che cercherà di farci comprendere i nostri errori, senza però farlo comprendere agli altri. Una persona che ci sgrida in privato senza umiliarci. Non è il caso della ragazza diciottenne di Campobello di Mazara. Il padre, inizialmente, ha dato ragione ai suoi stupratori: la colpa della ragazza? Essere ubriaca. Perché nel 2021 ancora non abbiamo compreso che essere ubriachi non giustifica uno stupro.

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Fonte: twitter

Una ragazza può ubriacarsi e comunque non voler far sesso con tutti i presenti. Una ragazza, che sia ubriaca o sobria, va sempre rispettata. Se nel 2021 dobbiamo ancora spiegare queste cose basilari, forse non siamo poi così avanti. Ci dicono che il femminismo non serve più, poi una ragazza viene stuprata e: gli stupratori ci scherzano su mentre sono in caserma, un padre decide di credere allo stupratore piuttosto che alla figlia, sul web continuano a dire «sì ma era ubriaca» come se l’essere ubriaca debba andare di pari passo con lo stupro.

Lo abbiamo visto anche con il figlio di Beppe Grillo e i suoi amici: le donne sono viste come oggetti, gli uomini come dei «coglioni che si divertono». Poi però la vita rovinata è quella dell’oggetto vittima di stupro, non dei «coglioni che si divertono». In quel caso, però, il padre ha il coraggio di difendere il figlio e addirittura gettare lo schifo nei confronti della vittima. Nel caso dello stupro di Campobello di Mazara, invece, il padre ha deciso di credere a uno stupratore che conosce sin da bambino. In ogni caso, sembrerebbe che, genitori o no, la vittima non venga mai creduta.

E poi ci chiedono anche «perché non denunciate subito?». Semplice: ogni persona ha il diritto di poter elaborare un trauma (perché lo stupro è un trauma contro cui una ragazza dovrà combattere per tutta la vita!). C’è chi lo elabora in due giorni, chi in due settimane, chi in due mesi e chi anche in due anni. La ragazza di Campobello di Mazara ha avuto la forza di denunciare subito la vicenda, con l’aiuto del fratello e di una sua amica, eppure non viene creduta comunque. Perché non credete mai alle vittime? Perché non credete mai alle donne?

Sembra di essere tornati indietro al I sec. d.C. In quei tempi, se una donna veniva stuprata, c’erano diverse ipotesi: se veniva stuprata in un posto pubblico (ad esempio una città) e non chiedeva aiuto, allora era anche colpa della donna per non aver chiesto aiuto. Lo stupro era sempre colpa della donna che non chiedeva aiuto, quando magari, semplicemente, temeva di essere uccisa solo per aver urlato.

Lo stupro di Campobello di Mazara

La notte tra il 6 e il 7 febbraio, la ragazza di 18 anni torna a casa ubriaca e visibilmente scossa, tanto da cercare di ferirsi con un coltello. Per fortuna, genitori e fratello la bloccano in tempo. Il fratello ricorda di essersi arrabbiato con lei quando l’ha vista rientrare in quelle condizioni, lei però gli avrebbe detto di non capire. È andata in camera sua, sola e senza voce, e solo il giorno dopo ha raccontato tutto: prima a una sua amica, poi a suo fratello, che l’hanno invitata a denunciare, e poi ai genitori.

A questo punto arriviamo alla scelta di un padre che, davanti a una confessione di stupro nei confronti della figlia diciottenne, decide di andare a parlare con uno degli stupratori, un ragazzo che lui ha visto crescere, Giuseppe Titone, ma all’appuntamento si presentano tutti e quattro gli stupratori (in realtà quella sera c’era anche un ragazzino minorenne). Gli aguzzini riescono a convincerlo che la colpa è della figlia: era ubriaca. E lui che fa? Gli crede. Crede al ragazzo che conosce sin da bambino, ma non alla ragazza che ha visto nascere.

Chiama allora il commissariato e afferma: «Mia figlia vi ha raccontato dei fatti non veri, era sotto l’effetto di sostanza alcoliche e quindi non era in grado di capire quanto accaduto». Raggiunge le autorità e conferma la sua versione: «Sono dei bravi ragazzi, le ferite che mia figlia ha alle braccia sono dovute al fatto che i suoi amici tentavano di riportarla a casa, ma lei era ubriaca e faceva resistenza». Le ferite di cui parla sono dei lividi alle braccia, all’addome, alla guancia destra, graffi sul corpo e voce compromessa. E davanti a tutte queste ferite, riesci a credere che tua figlia non ha subito uno stupro? Che era solo ubriaca?

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Fonte: twitter

Sì, la ragazza era ubriaca, ma il suo trauma, lo stupro, lo ricorda per bene. Doveva passare una serena serata fra amici, dovevano esserci ragazzi e ragazze, ma alla fine si è ritrovata a essere sola con 5 ragazzi. Comunque uno degli amici lo conosceva da tantissimo tempo, per cui si sentiva al sicuro, e si ubriaca. Sale al piano di sopra della casa estiva di Eros Biondo per andare in bagno, ed è seguita da Giuseppe Titone, che la bacia e con cui ha poi un rapporto consenziente. Fino a questo punto, tutto bene. Lui, però, poi chiama gli altri, nonostante la richiesta della ragazza che dice che non vuole.

Titone esce dalla stanza ed entrano i cugini Biondo. Loro la violentano senza curarsi delle sue grida, delle sue lacrime, dei suoi tentativi di fuggire. Gli altri mostri, perché non puoi chiamarli in altro modo, si trovano sul pianerottolo ad ascoltare e ridere dello stupro della ragazza. Questa è la versione che la diciottenne ha dato ai Carabinieri. Gli stupratori, invece, danno alcune versioni diverse e contraddittorie.

La ragazza ha detto di essere l’unica donna, loro invece affermano che ce ne fossero altre. Tuttavia, in seguito alle indagini, questa loro dichiarazione si rivela una menzogna. Mentre sono in caserma, poi, sussurrano delle dichiarazioni da viscidi che vengono ascoltate dagli investigatori: «Non è così che si fa comunque, ci dovevamo “incocciare” intanto al bar tutti e quattro, la ragionavamo giusta e poi gli dicevamo tutte cose a memoria, tutti quanti… Così tutti in galera ce ne andiamo», dice Francesco Biondo al cugino Eros. Insomma, avrebbero dovuto mettersi d’accordo su cosa dire alle autorità, proprio come se non avessero fatto nulla.

I due cugini, i proprietari della casa, comunque sono molto preoccupati, ma non perché hanno deciso di stuprare in gruppo una diciottenne, ma perché «ci sono i letti tutti disfatti, tutte cose sburrate», dice Eros. E Francesco: «ora con le lenzuola vedono tutte cose». Eros parla di autopsia, Francesco dice che andranno in galera e si lamenta, addirittura: «a quelli che ammazzano i cristiani non ci fanno nulla, toh!, il giorno dopo li lasciano, minchia, io non lo so, e noi per la prima cosa che stiamo facendo, la prima cosa…». E questo fa davvero rabbrividire. Non sono dispiaciuti per lo stupro. Sono dispiaciuti perché sono stati beccati alla prima cosa.

Più vanno avanti le conversazioni, più la loro situazione si mette male. Francesco ha addirittura ammesso che la diciottenne, durante lo stupro, ha cominciato a piangere e lui l’ha «capito, ho detto, questa dai Carabinieri va, che ti ho detto tannu (al momento) che era tutta esaurita… Peppe sì sì, va boh… picciò, io me le sento le cose, picciò». Evidentemente no, Francesco. Perché quelle lacrime, le urla, significano che la ragazza non voleva avere un rapporto con te e tuo cugino, non che sarebbe andata dai Carabinieri.

E dopo, ancora, cercano di giustificare uno stupro e immaginano una conversazione con un maresciallo: «Madonna pensando a lei m’attissa (mi eccito, ndr) ma perché? Madre che gran culo che ha cugì, docu lo sai cosa farei? La violentassimo. Andrei io a parlare con gli sbirri arriveremo la… “Colonnello, come fa a non violentare una ragazza di questa con quel gran culo colonné?», dice, riferendosi a un’altra ragazza.

E ancora, parlano del fratello della diciottenne vittima di stupro: «All’ultimo qualche coltellata ci dobbiamo andare a mettere… e finiamo vero in galera… coglioni… domani invece ci dobbiamo andare a parlare con suo fratello invece che cazzo me ne fotte a me dei carabinieri? Ci andiamo fino a casa che fa? .. gli diciamo. Come cazzo ti chiami… gli diciamo vedi che tua sorella a noi ci diceva mentre che ballavamo, voglio scoparti, di qua, di là. Gli diciamo noi maschi siamo all’ultima cucì e poi ci “chiantiamo” due timpuluna (schiaffi), due siamo…».

Una volta apprese queste conversazioni, il padre ha cambiato idea e si è schierato dalla parte della figlia, della vittima, sostenendola nella scelta di denunciare. Anche quando uno degli stupratore manda un messaggio alla ragazza, lui dice di continuare con la denuncia. «Se ritira la denuncia gli altri potrebbero rivoltarsi contro di lei e denunciarla per calunnia», ha messo a verbale il padre. Lunedì i quattro ragazzi, tra i 20 e i 24 anni, saranno interrogati. Due di loro sono stati arrestati con l’accusa di violenza sessuale, mentre gli altri due si trovano ai domiciliari.

Dobbiamo solo sperare che la giovane diciottenne possa ottenere la giustizia che merita, per lei e per tutte le donne che non riescono a denunciare per paura o per vergogna. Ricordate che la colpa non è mai vostra, non è mai della vittima di stupro, a prescindere da com’eravate vestite o da quanto avevate bevuto. La colpa è di chi agisce come un animale senza libero arbitrio e non rispetta una persona.

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Fonte: twitter

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