Sara Pedri: licenziato il primario che le faceva mobbing

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Ci sono novità nel caso di Sara Pedri, la ginecologa trentenne che si è suicidata in seguito a diversi episodi di mobbing nell’ospedale in cui lavorava con tanta passione. Purtroppo non si hanno notizie del corpo della giovane donna, né ci sono speranze che sia ancora viva, tuttavia la giustizia comincia a fare il suo corso e l’ormai ex primario di Ginecologia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento, Saverio Tateo, è stato licenziato. Il provvedimento è stato ufficializzato dall’azienda provinciale dopo il parere favorevole espresso dal Comitato dei garanti.

Sara Pedri è (probabilmente era, ma non c’è ancora un corpo) una ginecologa di 32 anni sparita da Cles (Trentino) il 4 marzo di quest’anno. Non appena è scomparsa i genitori hanno denunciato la situazione di mobbing a cui loro figlia era sottoposta da quando lavorava nel reparto di ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Il mobbing, per chi non lo sapesse, è una serie di comportamenti aggressivi subiti da un lavoratore da parte di altri colleghi oppure superiori.

Mobbing: Sistematica persecuzione esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori nei confronti di un individuo, consistente per lo più in piccoli atti quotidiani di emarginazione sociale, violenza psicologica o sabotaggio professionale, ma che può spingersi fino all’aggressione fisica.

Definizione dell’Oxford Languages

Non appena i genitori di Sara Pedri hanno fatto esplodere questa bomba, più ginecologhe hanno denunciato la situazione nell’ospedale in cui lavorano o hanno lavorato per poi fuggire non appena possibile. Le ginecologhe che hanno scritto e denunciato all’Azienda sanitaria trentina, all’Ordine dei medici e all’assessora provinciale alla salute Stefania Segnana sottolineano «l’incompatibilità ambientale» del primario del reparto, ormai ex, Saverio Tateo.

Il Corriere del Trentino fa sapere anche che le sei donne si sono rivolte agli avvocati Andrea de Bertolini e Andrea Manca, in modo da iniziare un’azione legale: «L’intenzione delle nostre assistite non era certo quella di screditare l’Azienda sanitaria, il loro datore di lavoro, verso il quale hanno sempre avuto rispetto e garantito massimo impegno e dedizionema di dichiarare la condizione di sofferenza e prostrazione», hanno detto gli avvocati.

Il deputato Paolo Parentela ha invece affermato: «La dottoressa Sara Pedri sarebbe stata colpita sulle mani e addirittura schiaffeggiata con uno strumento utilizzato per i cesarei. Inoltre, sarebbe stata spintonata ed aggredita verbalmente, finanche percossa durante un parto cesareo davanti ad una paziente. Questi comportamenti avrebbero anche, secondo le notizie disponibili, una matrice razzista pare legata alla formazione della professionista all’università di Catanzaro. Il governo deve quindi fare chiarezza immediata, anche per rispetto dei familiari di Sara».

Sara Pedri: licenziato Saverio Tateo

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A riportare la notizia è il quotidiano La Stampa ed è stata ufficializzata anche dall’azienda sanitaria provinciale dopo il parere favorevole espresso dal Comitato dei garanti (potrebbe interessarvi: Sara Pedri: l’ex primario Tateo può essere licenziato) che aveva proprio il compito di valutare un’eventuale risoluzione su come comportarvi alla luce dei risultati della commissione d’inchiesta istituita dall’azienda sanitaria e da cui erano emersi dei dati molto critici sul comportamento di Saverio Tateo nella gestione dell’ospedale. Il medico è stato licenziato per «elementi di criticità oggettiva nella gestione dell’unità operativa».

I legali dell’ex primario intanto si dicono già contro il licenziamento, affermando che «non ci sono fondamenti che lo giustifichino, lo proveremo davanti al giudice del lavoro». Intanto le indagini proseguono e la Procura ha aggiunto al registro degli indagati, oltre a Tateo, anche la sua vice, Liliana Mereu, al momento trasferita in un’altra struttura fuori dalla regione. I due sono accusati di maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione a danno di 14 medici e operatori sanitari, tra cui anche Sara Pedri.

Intanto la sorella di Sara Pedri, intervistata da Corsera, ha raccontato che le ricerche del corpo della defunta sorella non si sono mai fermate e che continueranno ancora nel lago di Santa Giustina, dove si ipotizza che si sarebbe suicidata. «A otto mesi di distanza, siamo convinti che sia arrivata in quel punto dopo una decisione fulminea, per togliersi il male che l’affliggeva», ha detto la sorella Emanuela. «Sara si era ammalata e ha pensato di liberarsi con un gesto estremo dal male che l’affliggeva. Non vedeva l’ora di togliersi quel malessere che la portava ad abbracciarsi lo stomaco e a scostare il colletto della camicia come se volesse uscire da una gabbia».

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Sempre a Corsera, poi, racconta del suo rammarico: «Avrei potuto fermarla fisicamente e impedirle di tornare in Trentino. Quando a fine febbraio è rientrata a casa per malattia, abbiamo visto tutti il suo malessere; non l’ho trattenuta a Forlì per paura che smettesse di parlarmi per averla bloccata, o per paura che a casa si deprimesse ancor più. Così come l’ho forzata a tornare a casa per una pausa, avrei dovuto forzarla a rimanere». Tuttavia, Emanuela, il fidanzato, i genitori e gli affetti di Sara Pedri non hanno alcuna colpa.

Conclude infatti: «Col senno di poi, però, ho capito che le parole non servivano a niente in quel momento: serviva l’azione, andare a Trento a riprendercela. È di questo che la mia famiglia e le persone vicine a Sara ancora si sentono in colpa. I colleghi, che le erano vicini ogni giorno, hanno visto il malessere ma non hanno agito». Noi continuiamo a sperare che quello di Sara Pedri sia l’ultimo caso di mobbing in Italia e nel mondo, perché nel 2021 è inaccettabile suicidarsi per il proprio lavoro.

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