La contestazione di Salvini non finisce in Polonia: i marchi sulla sua giacca si dissociano da lui e chiedono spiegazioni

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Abbiamo già ampiamente parlato della figuraccia del leader della Lega Matteo Salvini, quando è stato umiliato a Przemysl, dal sindaco polacco che si è rifiutato di riceverlo in quanto le sue neanche troppo vecchie dichiarazioni su Putin sono state una mancanza di rispetto nei confronti di tutte le persone che il dittatore russo sta facendo soffrire, e sta uccidendo. E il sindaco Bakun, non l’ha dimenticato come tanti italiani. Tuttavia, dopo questa strigliata, anche i marchi sponsor presenti sulla giacca dell’associazione benefica Cancro Primo Aiuto onlus hanno deciso di prendere le distanze, soprattutto perché non sono sponsor di Salvini, bensì dell’onlus.

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Facciamo un nelle puntate precedenti: Salvini è andato in Polonia per dare una mano al confine, tuttavia il sindaco, dopo aver ringraziato tutte le organizzazioni italiane insieme ai cittadini che stanno dando una mano all’Ucraina come anche all’accoglienza delle persone ucraine in Polonia con rispetto, si è rivolto al leader della Lega e ha detto: «Io non la ricevo, venga con me al confine a condannarlo [Putin]», mostrando la maglia che l’ex ministro  italiano indossava tutto sorridente in una vecchia foto.

Dalla sua, il povero Salvini ha provato a dire di essere lì «per aiutare chi scappa dalla guerra» e poi si è allontanato bofonchiando. In quel momento alcuni dei presenti gli hanno detto che aveva l’«occasione di condannare Putin», ma lui ha preferito stare in silenzio. A quel punto poi sono iniziati i cori come “buffone” e “pagliaccio” e lui ha risposto semplicemente di essere lì per portare «aiuti e pace». Al che è stato invitato a indossare la maglietta di Putin. Poi ha anche sottolineato che  «non ci interessa la polemica della sinistra italiana o polacca, siamo qui per aiutare chi scappa dalla guerra».

Peccato però che il sindaco di Przemysl non sia di sinistra ma faccia parte del partito Kukiz’15, un gruppo politico composto principalmente da persone con opinioni di destra. Gli viene poi chiesto se condanni anche Putin, e lui: «Certo, ovvio. Condanniamo la guerra, chiunque condanna la guerra e l’aggressione tranne qualche italiano che è qua a parlare di guerra», sottolineando anche che Putin «l’hanno incontrato tutti: Prodi, Obama, Clinton, Berlusconi, tutti. Io non vado in Russia da 5-6 anni». Ma in quanti hanno il volto del dittatore russo stampato sulla maglietta? In quanti lo hanno lodato più e più volte? (E comunque io la sua condanna esplicita a Putin, non l’ho sentita).

Salvini e Putin: le prese di distanza dalle aziende e dai titolari dei loghi sul giubotto

Il giaccone che Salvini indossava mentre andava ad aiutare, con tanti loghi di aziende italiane e regionali, ha sin da subito fatto storcere il naso, tuttavia, dopo la brutta figura, in tanti si son chiesti: perché a fare beneficenza ha indossato una giacca che non è neanche quella dell’associazione con cui è partito in Polonia? Pensate, addirittura, che al Consiglio Regionale della Lombardia è stata fatta anche un’interrogazione firmata da Luigi Piccirillo (del Gruppo Misto, ex 5 Stelle) intitolata «Intendimenti e provvedimenti di Regione Lombardia e AREU sull’utilizzo dei loghi istituzionali da parte di Matteo Salvini in visita ai profughi ucraini».

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Piccirillo ha spiegato quindi che il giaccone indossato è la divisa dei soccorritori di AREU (Agenzia Regionale Emergenza Urgenza), altresì il 118 lombardo. Il consigliere quindi scrive che «Matteo Salvini si è recato nella cittadina di Przemysl, al confine con l’Ucraina, indossando un giaccone con loghi ben visibili di brand italiani molto noti. Fra questi anche quello di AREU e Regione Lombardia. Rese pubbliche le prime foto del viaggio di Matteo Salvini, le lavoratrici ed i lavoratori dell’AREU iscritti ad ADL Cobas scrivono di dissociarsi in toto».

In particolare, si dissociano «dalla vergognosa operazione di Salvini in Polonia; denunciano e chiedono giustificazioni al presidente AREU Alberto Zoli ed ai consiglieri Regionali su come sia stato possibile che una persona senza alcun titolo regionale per indossare la nostra divisa, abbia utilizzato AREU per propri interessi personali». «Cosa gravissima considerato che quei giubbotti vengono indossati da lavoratrici e lavoratori per eseguire operazioni molto più meritevoli, come ad esempio accogliere e trasportare i pazienti oncologici pediatrici provenienti dall’Ucraina negli ospedali lombardi». E ancora:

«Ricordiamo che i giubbotti con il marchio AREU non sono in vendita nelle bancarelle, ma in dotazione ai lavoratori e pagati con i soldi dei contribuenti, AREU è un’agenzia governativa e non un’azienda privata. Vedere Salvini indossare il nostro giubbotto in Polonia davanti alle telecamere di fotografie giornalisti con il sindaco di Przemysl, Wojciech Bakun, in un’operazione propagandistica, ci ripugna e offende come lavoratori e lavoratrici. Salvini con quel giubbotto sottratto impropriamente, compromette l’immagine di AREU e dei suoi lavoratori e lavoratrici nei confronti di tutti i cittadini e quindi chiediamo al Presidente di AREU Dott. Alberto Zoli:

1) di dissociarsi dall’operazione di Salvini in Polonia come AREU;

2) di aprire un’inchiesta interna su come sia possibile che un cittadino possa avere e indossare un giubbotto in dotazione delle lavoratrici e lavoratori di un’agenzia governativa utilizzandola come se l’incontro e la sua strampalata missione sia organizzata da AREU;

3) di trasmettere agli organi di polizia e controllo, ogni possibile reato nei confronti di Salvini e di chi gli ha fornito una divisa senza avere alcun titolo per indossarla».

In realtà, però, il giaccone del nostro eroe era quello di Cancro Prima Azione, un’altra onlus di beneficienza che lavora per supportare nel campo delle malattie oncologiche, sponsorizzata proprio da quei 20 brand italiani che Salvini ha portato fino in Polonia e da cui è stato premiato con il premio “Fontana”. Tuttavia, questa onlus non c’entrava proprio con l’andare in Polonia, al confine con l’Ucraina, soprattutto perché è andato con l’aiuto dell’onlus “Ripartiamo”, che ha sicuramente altri sponsor.

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I marchi sulla giacca di Salvini

Ma il politico italiano ha deciso di indossarla perché l’associazione «da anni offre assistenza gratuita a migliaia di famiglie che hanno il cancro in casa». Tuttavia, ai brand che hanno sponsorizzato quell’associazione, non ha fatto troppo piacere, infatti il primo marchio a distaccarsi è l’Audi, che ha scritto che «in merito  a quanto erroneamente evidenziato a mezzo social circa l’associazione del marchio Audi alle esternazioni, passate, presenti o future di una rappresentanza politica italiana, Audi Italia rimarca con fermezza la piena adesione alle regole di compliance del Gruppo Volkswagen che impediscono qualsiasi forma di promozione o sponsorizzazione di personalità politiche. Audi Italia unitamente a Volkswagen Group Italia conferma inoltre la propria assoluta opposizione alla guerra in ogni sua forma».

Poi è arrivato anche il brand di abbigliamento Colmar, che scrive «in merito a  quanto emerso a mezzo social circa l’associazione erronea del marchio Colmar alle esternazioni, di una rappresentanza della politica italiana, Colmar rimarca la propria opposizione a qualsiasi forma di promozione o sponsorizzazione di personalità politiche italiane ed estere e di qualsiasi loro esternazione passata, presente o futura. Colmar afferma la propria assoluta opposizione alla guerra in ogni sua forma».

L’azienda Iperal, con sede a Piantedo, invece: «In merito a quanto emerso a mezzo social circa l’erronea associazione del nostro marchio – e di altri marchi di aziende italiane – all’operato di esponenti della politica, Iperal vuole precisare di essere una delle 150 aziende sostenitrici dell’associazione Cancro Primo Aiuto, organizzazione di volontariato che dalla metà degli anni ’90 opera a sostegno dei malati oncologici».

«Il giubbotto indossato dal senatore Salvini è uno degli strumenti pensati dall’Associazione a favore dell’operato dei tanti volontari che ne fanno parte e viene indossato da coloro che prestano la propria opera nell’associazione, oltre che da esponenti della vita pubblica e politica che ne sostengono l’operato e che ne condividono l’impegno in ambito sociale e sanitario. Allo stesso modo siamo sempre vicini e sosteniamo l’impegno delle tante organizzazioni di volontariato che operano nei territori. Iperal precisa inoltre di non essere a conoscenza e di non aver contribuito economicamente all’iniziativa messa in atto dal senatore Salvini», si legge in una nota.

Dalla Iperal, tra l’altro, parla anche Antonio Tirelli, presidente e amministratore delegato di Iperal, e membro del cda di Cancro Primo Aiuto Onlus: «Non credo che indossare quella giacca sia una svista, od un incidente di percorso, visto che il segretario della Lega è abituato ad associare felpe, cappelli, mascherine alla sua immagine e attività politica per trarne consenso. Premetto che non voglio entrare nel merito di quello che è accaduto se non con una battuta: “chi di felpa colpisce, di T-shirt subisce”. Consiglierei a Salvini di fare conferenze stampa con giacche anonime, senza sponsor commerciali, per non mettere in difficoltà le stesse aziende».

«Vedere quella giacca con il logo Iperal e anche gli altri loghi, in un’occasione così drammatica, al confine di una guerra, non mi è sembrato elegante. Non credo che Iperal abbia bisogno d’apparire in quel contesto per esprimere vicinanza e solidarietà alla popolazione ucraina. Credo non le sfugga che la visibilità del marchio della sua azienda, usato durante una conferenza stampa di un segretario nazionale di un partito, in una situazione così delicata dal punto di vista politico e umano, in uno scenario ai confini con la guerra tra la Russia e l’Ucraina, può generare stupore da parte di molti cittadini valtellinesi e valchiavennaschi fruitori dei servizi che Iperal eroga da anni in provincia», ha continuato.

Infine, conclude: «Proverei lo stesso stupore se fosse un altro segretario di partito a farlo. Presumo che la giacca indossata da Salvini sia frutto di una sponsorizzazione nobile da parte di Iperal sicuramente per iniziative attinenti ad altri contesti e ambiti solidaristici. Indossare quella giacca non è solo una questione di stile da parte di Salvini. Se si usa un marchio di una ditta, durante la promozione della propria attività politica, oltre ad essere un fattore pubblicitario, è innegabilmente anche un problema di relazioni commerciali e politiche. 

Auspico che la sua azienda non abbia dato l’assenso al segretario nazionale della lega ad una azione pubblicitaria del genere e che lei non la condivida. Nell’auspicio che lei prenda le distanze dall’uso del logo della sua azienda da attività di propaganda politica, colgo l’occasione per inviarle cordiali saluti».

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