Russia: Roman Anin, giornalista, rischia il carcere per aver parlato di Putin

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Lo scorso anno in Italia si parlava di dittatura quando Giuseppe Conte, in diretta nazionale, aveva sbugiardato Salvini e Meloni, che poi si lamentavano della dittatura ospiti in più programmi televisivi e sui propri social network. In Russia, invece, Roman Anin, giornalista, ha dovuto subire l’irruzione dei servizi segreti a casa propria, solo perché ha scritto degli articoli che al Presidente Vladimir Putin e ai suoi amici non sono piaciuti. Eppure chi si lamenta della dittatura sanitaria è anche uno dei più grandi sostenitori di Putin. Ma sorvoliamo questo passaggio.

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Fonte: twitter

È successo venerdì scorso, quindi una settimana fa. Gli agenti dei Servizi federali per la sicurezza della Federazione Russa (FSB) sono entrati di forza nell’appartamento a Mosca di Roman Anin, fondatore e caporedattore di IStories, un sito web indipendente con notizie investigazione (la I sta per Important) e popolare per l’inchiesta sui Panama Papers, e gli hanno sequestrato cellulari, notebook e memory stick. Ad annunciarlo è stato un suo collega e amico su Twitter insieme all’Organized Crime and Corruption Reporting Project:

I tweet continuano spiegando per bene la situazione, partendo dal fatto che i colleghi di Roman Anin non riuscivano a mettersi in contatto con lui e, conoscendo i precedenti (o semplicemente considerando che in Russia basta non andare contro il pensiero comune per essere arrestati), erano molto preoccupati. Le ultime notizie che avevano di lui era che l’FSB avrebbe irrotto in casa sua per un vecchio articolo del 2016 postato sul Novaya Gazeta, riguardante Igor Sechin, uno dei migliori amici di Putin.

Roman Anin: perché è stato arrestato?

Parliamo dell’articolo (scritto per il periodico Novaya Gazeta nel 2016, stesso giornale in cui scriveva Anna Politokovkaja, assassinata dieci anni prima) che ha portato Roman Anin a veder violata la sua casa e a essere interrogato dal FSB, un articolo che può risultare innocuo, innocente, tuttavia poi veniamo a scoprire che la persona a cui il pezzo era dedicato era Igor Sechin, un grandissimo amico di Putin, tanto che, nella sua biografia, il Presidente racconta che «quando sono andato a Mosca, [Sechin] mi chiese di portarlo con me. E io l’ho portato».

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Fonte: twitter

Oltre a essere uno dei migliori amici di Putin che conosce dagli anni ’90 e di cui è stato capo di ganinetto nel ’91 a San Pietroburgo e anche vice primo ministro nel 2008, Igor Sechin è il gran capo del colosso petrolifero statale Rosneft, azionista della Saras della famiglia Moratti e proprietario della St Princess Olga, super yatch di lusso, lungo più di 85 metri con incluse jacuzzi, piscina, palestra, ascensore e piattaforma di atterraggio per elicotteri. Il valore stimato di tutto lo yatch è di circa 190 milioni di dollari.

Il St Princess Olga è così chiamato per la seconda ex moglie di Sechin, Olga Rozhkova, da cui lui ha divorziato nel 2017. Olga è bella, slanciata, bionda e dal suo Instagram abbiamo potuto notare come le piaccia tanto passare del tempo sullo yatch del marito. L’articolo, che trovate a questo link in lingua inglese, si intitola Il segreto della St Princess Olga, racconta di come la donna viaggiasse e visitasse diversi paesi, con una predilezione per la Sardegna e la Corsica. Ai tempi Igor Sechin si era molto indignato per l’articolo e aveva querelato il giornale, vincendo la causa per danno all’immagine.

Questo è successo nel 2016, e si pensava che la situazione fosse finita. Tuttavia, l’anno successiva, Olga ha denunciato il giornale per violazione del codice penale russo concernente l’«inviolabilità della vita privata». Il caso dunque si riapre e, a questo punto, arriviamo a venerdì scorso, quando Roman Anin trova gli agenti in casa sua, a prelevare i suoi laptop, i cellulari e i documenti. La Rosneft, comunque, ha lasciato un comunicato stampa in cui prende le distanze da quel che è successo.

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Fonte: twitter

La causa sembrerebbe essere stata intentata da «privati cittadini per proteggere i loro diritti costituzionali» e che è in atto una «campagna diffamatoria» per «screditare le attività della Rosneft…tali attacchi sono organizzati per diminuire la concorrenza e creare rischi di sanzioni, non soltanto per la Rosneft, ma per tutto il paese». L’Espresso, che ha riportato queste dichiarazioni, aggiunge Rosneft «ha già promosso azioni legali per tutelare la sua reputazione…chiediamo ai giornali di astenersi da valutazioni basate su pregiudizi».

Meduza ha invece parlato con Roman Anin, che ha spiegato perché rischia il carcere per un articolodi qualche anno prima in cui semplicemente parlava di uno yatch molto costoso posseduto da un amico di Putin: «Dal loro punto di vista non è stupido, perché vogliono punire questo giornalista arrogante e il suo piccolo progetto di nuovi media che osa pubblicare queste grandi storie. E non gliene frega niente di quello che dice la società».

Speriamo che la storia di Roman Anin possa concludersi al più presto e con un lieto fine, in modo che l’uomo possa ancora avere la possibilità di smascherare le storie e le persone potenti. Speriamo che possa continuare a essere uno dei migliori giornalisti russi, se non mondiali. Speriamo che la libertà di espressione non venga privata a nessuno, in Russia e nel mondo.

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