Razzismo a Milano da parte della polizia: cos’è successo?

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Ogni volta che un omofobo o un razzista, che sia un Pillon o un Salvini, affermano che in Italia non c’è un problema di discriminazione, succede una tragedia che fa fare loro una figuraccia. Siamo a Milano, un gruppo di ragazzi si diverte davanti al Mc dopo aver consumato la colazione. È molto presto, sono le sei del mattino circa. Cantano, ridono, suonano il clacson del monopattino, non fanno nulla di male. Finché non arriva la polizia, che in poco tempo chiama i rinforzi come se si trovassero davanti un gruppo di delinquenti. Ma perché parliamo di razzismo? Fra le persone in questione solo una era bianca, poi erano tutte nere o arabe.

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Una ragazza di Bergamo che si trovava a Milano insieme ai suoi parenti, uno arrestato e una in ospedale. Huda racconta di come i poliziotti la deridessero dopo mentre se ne andavano

Dicono che il razzismo non è un problema, come non lo è neanche l’omofobia. “Non ci sono discriminazioni in Italia, non esiste un problema di razzismo o di omofobia“, ci ripetono. Eppure al Pride di Milano ci sono state due aggressioni omofobe tra cui quella di un dodicenne, e un gruppo di ragazzi neri è stato verbalmente e fisicamente aggredito da alcuni poliziotti. Potremmo quasi ridere davanti al fatto che siano stati dei poliziotti, visto che davanti a ciò che è accaduto a George Floyd abbiamo sempre sentito “ma i poliziotti sono così solo in America“. Eppure i video girati da Huda, diciottenne che ha raccontato la tragedia, sono sconvolgenti.

Ne abbiamo lette tante riguardo George Floyd e riguardo al comportamento dei poliziotti, soprattutto riguardo al fatto degli ultimi giorni, sull’inginocchiarsi o non inginocchiarsi durante la partita, oppure sulla statua dell’uomo vandalizzata a New York City. Hanno detto che se lo meritava perché era un criminale, mettendo in mezzo una rapina a una donna incinta, per cui aveva già scontato una pena (ma ovviamente solo gli uomini bianchi etero e cisgender possono uccidere la moglie e poi continuare a vivere dopo). Ma, se George Floyd se lo meritava (e non se lo meritava), il gruppo di ragazzi a Milano, cos’ha fatto per essere vittima di razzismo e di tutte quelle violenze?

Per sapere più informazioni sulla vicenda vi invito a guardare direttamente il video postato da Huda, la ragazza che ha avuto il coraggio di denunciare quest’abuso di potere sui social, ma anche di denunciare come i media e i giornali stiano strumentalizzando la vicenda per far passare i poliziotti dalla parte della ragione. Leggiamo infatti di una “rissa“, una rissa che, come possiamo vedere nei video postati online, non c’è mai stata, o meglio c’è stata un’ora e mezza prima e non giustificherebbe comunque gli appellativi e la violenza razzista degli agenti. I ragazzi, vittime di razzismo, stavano godendosi la colazione del McDonald’s tranquillamente, cantando e ridendo, questo vediamo nei video online. Non c’era alcun odio, alcuna violenza, fino all’arrivo del poliziotti.

Milano: il razzismo dei poliziotti

«Inutile che l’Italia si dichiari innocente davanti alle accuse di abuso di potere da parte della polizia per ragioni di discriminazioni razziale, quando se sto seduta a fare colazione al McDonald’s a Milano posso rischiare di farmi rompere la testa da un manganello, solo perché un poliziotto, svegliatosi con il piede sbagliato, vuole sfogarsi sulla prima nera che vede per strada», scrive la ragazza su Instagram, allegando un video in cui spiega tutta la vicenda, tutta la rabbia, tutta la frustazione che ha provato in quella situazione.

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La ragazza presa a manganellate dai poliziotti

Nei video postati da Huda si vedono i ragazzi e le ragazzi picchiati violentemente, sbattuti per terra, presi a manganellate, insultati anche con la n-word, quella che vogliamo sdogmatizzare perché bisogna prenderla sul ridere. Una ragazza di diciotto anni circa è stata presa a manganellate sulla fronte, sul capo, con il rischio che le si rompesse il cranio perché, come sottolinea la ragazza nel video, i manganelli non sono fatti di plastica, solo perché stava difendendo il fratello che stava venendo preso a calci dai poliziotti senza alcuna ragione, senza alcuna difesa.

I poliziotti hanno chiesto i documenti a tutti, a tutti tranne alla ragazza bianca (anche questo non è razzismo?), ovviamente. Una di loro non li aveva con sé, ma ha fornito nome, cognome e la via dove abita, poiché è una cittadina italiana tanto quanto quei poliziotti e quindi possedeva tutti i documenti in regola. Gli agenti parlavano a questa ragazza come se non li capisse, perché, si sa, se hai la pelle scura non sai l’italiano e non sei italiana, come se non esistessero delle persone nere italiane, come se gli italiani fossero tutti bianchi (e sapessero parlare in italiano!).

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Testimonianza della ragazza

I ragazzi, mentre uno di loro era stato preso dai poliziotti, continuava a dire che, se quello che stavano facendo era legale, avrebbero dovuto far vedere quello che stavano facendo. Hanno anche chiesto il numero di tesserino, oppure i loro nomi, in modo da denunciare questo loro abuso di potere, ma, ovviamente, non lo hanno fornito. Gli agenti, quelli che dovrebbero proteggere, li chiamavano “pezzi di merda“, “ne*ri“, utilizzavano tanti insulti razzisti. Ma anche in questo caso vogliamo dire che il razzismo non c’entra?

Se anche di fronte a questo evidente atto di razzismo da parte della polizia vogliamo raccontarci la storiella del “non è razzismo“, forse il problema è proprio la mentalità e non solo l’abuso di potere da parte della polizia. Purtroppo i video considivisi dalla ragazza ci fanno solo comprendere come l’Italia non sia un posto sicuro e accogliente come ci fanno credere, come la storiella che ci raccontano. E ci auguriamo con tutto il cuore che i poliziotti abbiamo delle ripercussioni, perché non vogliamo essere protetti da chi picchia i ragazzini.

Ovviamente il celebre Matteo Salvini che, non appena un ragazzo nero o un “non-italiano” si macchiano di qualche crimine scrive almeno 30 post a riguardo, non ha scritto nulla sull’accaduto, se non un post mandando «solidarietà a donne e uomini in divisa che, fra mille difficoltà, carenze di organico e dotazioni, fanno un lavoro difficile e insostituibile. Da oggi purtroppo si rischia il caos in tutte le carceri italiane». Noi, invece, vogliamo mandare la nostra solidarietà a chi non riesce a fare colazione senza rischiare di essere ucciso da sei pattuglie di uomini in divisa.

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