Polonia: secondo von der Leyen «la sentenza della Corte Suprema mette in discussione le basi Ue»

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Continua la battaglia della Polonia per poter continuare a essere omofobi, ma questa volta è Ursula von der Leyen in persona, a rispondere. Per chi non la conoscesse, è la presidente della Commissione europea che più volte ha twittato e ha cercato di far ragionare la Polonia come anche l’Ungheria sui diritti dei cittadini che non devono essere limitati solo se amano una persona dello stesso sesso o se non si riconoscono nel sesso in un cui sono nati. Facciamo anche un passo indietro per chi si fosse perso tutta la storia che da qualche mese ha colpito la Polonia.

Tutto comincia quando più di un anno da quando è stata introdotta la Carta della Famiglia polacca che però prendeva in considerazione solo la famiglia eterosessuale. Si sono aggiunte poi tante situazioni, come, ad esempio, i vescovi che volevano guarire gli omosessuali tramite delle cliniche create ad hoc. Il colmo lo si è però raggiunto con le LGBT-Free zones. Queste sono delle città o addirittura comuni conservatori che hanno firmato delle dichiarazioni negli ultimi tre anni affermando di essere «liberi dall’ideologia LGBT» oppure semplicemente sostenendo il «matrimonio tradizionale», insomma, in altre parole, essendo degli omofobi.

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Pride a Białystok, città circondata da LGBT-Free Zones
Fonte: Twitter

In seguito a ciò, l’Unione Europea ha scelto di intervenire. «L’uguaglianza e il rispetto della dignità e dei diritti umani sono valori fondamentali dell’Ue, sanciti dall’articolo 2 del trattato dell’Unione europea. La Commissione utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per difendere questi valori», ha scritto l’esecutivo europeo annunciando l’avvio della procedura d’infrazione. «La Commissione sta avviando procedure di infrazione contro l’Ungheria e la Polonia in relazione all’uguaglianza e alla tutela dei diritti fondamentali», hanno scritto ancora.

Ma la situazione non è poi così migliorata. Jan Duda, presidente dell’assemblea regionale di Małopolska, ad esempio ha un’idea molto chiara sul non da farsi: «Alcuni barbari vogliono spogliarci dei fondi che sono cruciali per le nostre famiglie per vivere bene, ma questi sono soldi che ci meritiamo, non è una sorta di carità», ha detto il padre del Presidente, sostenuto anche dall’arcivescovo Marek Jędraszewski (è colui che in passato paragonò l’omosessualità alla peste nera). Altre regioni invece si sono arrese, come quelle di Swietokrzyskie, Podkarpacki, Lublin, Małopolskie. Ma comunque la situazione resta tragica, tanto da arrivare a pensare a una polexit.

Da citare anche l’adesione della Polonia all’appello a cui hanno aderito 12 paesi membri dell’Unione Europea (Danimarca, Ungheria, Austria, Cipro, Grecia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Slovacchia), in cui leggiamo che «noi vogliamo un’Europa libera dai migranti, un’Europa pura nel sangue e nel suolo; ma per difenderci dall’assalto dello straniero ci occorrono fondi cospicui che solo l’Europa stessa ci può garantire». Insomma, sembra di essere tornati al concetto di Blut und Boden (sangue e suolo) della Germania di Hitler.

Ursula von der Leyen avverte la Polonia: «agiremo contro la minaccia dei valori Ue»

Finalmente la Polonia è stata messa alle strette, e per davvero. Ursula von der Leyen, durante un intervento al Parlamento europeo, ha affermato che «non permetteremo che i valori Ue siano messi a rischio. La Commissione europea agirà. Le opzioni sono ben conosciute: le procedure di infrazione, il meccanismo di condizionalità ed altri strumenti finanziari. E l’articolo 7, uno strumento potente su cui dobbiamo tornare». Ha poi aggiunto che «questa situazione deve essere risolta e lo sarà», poiché «il destino della Polonia è l’Europa».

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Ursula von der Leyen
Fonte: Twitter

Ovviamente afferma anche che la commissione è preoccupata «per la recente sentenza della Corte costituzionale polacca. La Commissione europea sta valutando attentamente questa sentenza a posso però già dirvi oggi che sono fortemente preoccupata perché mette in discussione la base della Ue e costituisce una sfida diretta all’unità degli ordinamenti giuridici europei». Ha ricordato poi il regime comunista e la sua legge marziale, come gli attivisti di Solidarnosc «furono messi in galera solo perché si battevano per i propri diritti»:

La gente della Polonia voleva la democrazia, la libertà di scegliere il loro governo. E hanno voluto unirsi alla famiglia europea per la libertà. La recente sentenza mette tutto questo in discussione, siamo preoccupati per il sistema giudiziario. Sono molto preoccupata, perché mette in discussione le basi dell’Unione europea. Con l’adesione all’Unione europea, i polacchi hanno messo la loro fiducia in questo progetto, pensando e aspettandosi che essa avrebbe giustamente difeso i loro diritti. La Commissione è guardiano del trattato ed è pertanto mio dovere tutelare i diritti dei cittadini dell’Ue, ovunque vivano sul territorio dell’Unione.

Ursula von der Leyen

Ha anche spiegato come la Commissione può agire. In primis impugnando legalmente la sentenza della Corte costituzionale polacca, in secundis, «il meccanismo di condizionalità e altri strumenti finanziari. Il governo polacco deve ora spiegarci come intende proteggere il denaro europeo, vista questa sentenza della sua Corte costituzionale. Perché nei prossimi anni investiremo 2.100 miliardi di euro con il Bilancio Pluriennale e il programma di ripresa NextGenerationEu. Questi sono i soldi dei contribuenti europei. E se la nostra Unione sta investendo più che mai per far avanzare la nostra ripresa collettiva, dobbiamo proteggere il bilancio dell’Unione dalle violazioni dello Stato di diritto». Infine, l’articolo 7.

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Mateusz Morawiecki
Fonte: Twitter

Non è comunque tardata la risposta del premier polacco, Mateusz Morawiecki, che ha elencato i problemi della Polonia, come l’immigrazione, la minaccia russa, la crisi energetica, spiegando che questi problemi vanno affrontati tutti insieme e che non hanno intenzione di lasciare l’Europa poiché «l’Europa è il nostro posto», tuttavia «questo non vuol dire che i cittadini polacchi non siano preoccupati per il loro futuro. L’Unione europea non è uno Stato, come i 27 Stati membri dell’Unione europea che rimangono sovrani, al di sopra dei Trattati, e sono gli Stati membri che decidono quali competenze vengono trasferite all’Ue».

Ha spiegato che «le competenze della Ue hanno dei limiti, non si può più tacere, diciamo no al centralismo europeo. Se volete uno superstato europeo dovete chiederlo agli Stati e alle popolazioni europee. Il diritto primario è incarnato nella costituzione polacca e viene prima di qualunque altra fonte di diritto, questo elemento non può essere aggirato. In ogni caso la corte polacca non ha mai affermato che le norme del trattato Ue sono in toto inconciliabili con la costituzione nazionale».

Ha persino affermato di non accettare i ricatti dell’Unione Europea, ha persino detto che «abbiamo combattuto il Terzo Reich» (pensa un po’, lo avete combattuto ma avete completamente dimenticato di cosa abbia significato, poiché aderite alla costruzione di un muro che ricorda tanto il concetto già citato di suolo e sangue) e poi ha citato la Corte tedesca, quella francese e quella italiana per dimostrare l’importanza delle Corti nazionali: «La Costituzione è la legge suprema del nostro Paese che ha la priorità sull’Unione europea».

Insomma, la guerra fredda della Polonia non si è ancora conclusa e apparentemente sembra che non voglia proprio cedere, ma neanche l’Unione Europea la darà vinta con facilità.

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