La Pizza Napoletana all’estero deve rispettare il disciplinare Stg

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Mai più pizze napoletane fuori dall’Italia con ingredienti che non sono quelli conformi alla ricetta, saranno solo delle pizze. Dal 18 dicembre le pizzerie che non rispetteranno il disciplinare Stg (ovvero Specialità Tradizionale Garantita) non potranno chiamare il proprio prodotto Pizza Napoletana, ma solo pizza. Questo significa che sì, ci saranno altre pizze fuori dall’Italia, ma probabilmente non quella originale, quell’aggettivo della città che la pizza l’ha inventata e che ancora oggi vanta le pizze più buone di tutt’Italia e che spesso veniva aggiunto per meri scopi di marketing.

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L’arte del pizzaiolo napoletano è già considerato un patrimonio immateriale dell’umanità iscritto dal 2017 all’Unesco. Il business della pizza in Italia è un business che vale 15 miliardi di euro e occupa oltre 100mila addetti a tempo pieno, che diventano 200mila nel weekend. Solo in un giorno, in Italia si sfornano circa 8 milioni di pizze e, per prepararle, ogni anno vengono consumati di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro (dati di Il Sole 24 Ore).

Se c’è qualcosa su cui bene o male tutti gli italiani sono d’accordo, è che la vera pizza la si trova solo in Italia (alcuni sottolineano al sud Italia, altri ancora a Napoli), e che all’estero è immangiabile (in realtà, io che l’ho mangiata in Erasmus a Zadar, posso confermare che non ovunque è così, mentre a Budapest giuro che avrei voluto bruciare la pizzeria). I nostri più grandi nemici sono gli americani e soprattutto la tanta temuta pineapple pizza, la pizza con l’ananas, e questa modifica, o meglio aggiunta, ovviamente non metterà fine a tutte queste contraffazioni, ma almeno non sarà più considerata una pizza napoletana.

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La pizza napoletana è solo di chi la rispetta

A partire dal 18 dicembre, non sarà più possibile scrivere la dicitura “pizza napoletana” sul menu o sulla confezione di un prodotto inscatolato, a meno che non vengano rispettate le regole previste dal disciplinare di produzione su ingredienti, metodi di preparazione e cottura. Al contrario, potrà essere inserita sulle confezioni o nei menù di ristoranti e pizzerie in Italia e nell’Unione Europea solo se saranno garantite alcune caratteristiche relative alla preparazione, ovvero:

  1. le ore minime di lievitazione
  2. la stesura a mano della pasta
  3. le modalità di farcitura
  4. la cottura esclusivamente in forno a legna a una temperatura di 485°C
  5. l’altezza del cornicione di 1-2 cm.
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Ovviamente i prodotti utilizzati dovranno essere clamorosamente Made in Italy, e devono essere olio extravergine d’oliva, basilico fresco, Mozzarella di Bufala Campana DOP (in alternativa, la Mozzarella tradizionale STG), pomodori pelati (o pomodorini freschi). Leggiamo in una nota la Coldiretti: «Se la “Pizza Napoletana” non avrà tutte queste caratteristiche si configurerà un illecito sul quale l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari».

E se non rispetterà queste caratteristiche, «si configurerà un illecito sul quale l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf) è già al lavoro per aggiornare le relative disposizioni sanzionatorie inerenti alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari». Il nuovo regolamento, aggiunge, «mette finalmente in sicurezza la fama internazionale di un piatto simbolo del Made in Italy».

Ovviamente in Italia al momento ci sono problemi un tantino più seri, pensiamo ad esempio al fatto che l’Italia è l’ultimo paese fra quelli del G20 per i salari, e solo pochi giorni fa è stata bocciata la mozione sul salario minimo.

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