Covid-19, trovato il paziente uno italiano e mondiale

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Una notizia delle ultime ore ci ha comunicato che abbiamo nuovamente trovato il paziente uno, in Italia e nel mondo: è una donna di 25 anni di Milano, che era stata sottoposta a una biopsia della pelle per una dermatosi atipica il 10 novembre 2019. Ad annunciarlo è stata la ricerca dei ricercatori dell’Università Statale di Milano, guidati da Raffaele Gianotti.

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Fonte: pixabay

Il Covid-19 è entrato nelle nostre vite da fine febbraio 2020, sebbene in Cina se ne parlasse già molto prima. Il lockdown è partito nella prima settimana di marzo e, da quel momento, tutto è cambiato, le nostre vite e le nostre abitudini, tutto quello che era certezza. Tuttavia, sembrerebbe che il virus sia presente, nel mondo e in Italia, già dal mese di novembre e dicembre 2019, o addirittura dall’estate di due anni.

Inizialmente si pensava che il paziente uno fosse stato un bambino di quattro anni che avrebbe contratto il Covid-19 nel mese di dicembre del 2019, ma adesso le cose sono cambiate. Insieme al suo team, Raffaele Gianotti dell’Università Statale di Milano ha ipotizzato che il paziente uno, «il primo caso documentato di presenza di Sars-CoV-2 in un essere umano», sia proprio nella nostra Italia. La ricerca è stata poi condivisa sul British Journal of Dermatology, la più autorevole rivista scientifica che tratta di dermatologia.

Le dichiarazioni sul paziente uno

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Fonte: pexels

Lo staff di ricercatori di Raffaele Gianotti insieme ai laboratori dell’Istituto Europeo di Oncologia e Centro Diagnostico Italiano è arrivato alla conclusione che il primo caso di Covid-19 sia stato a novembre 2019 tramite l’analisi di una biopsia cutanea dell’autunno 2019. La donna, 25enne, aveva un unico sintomo: la dermatosi. Ma perché sono arrivati ad analizzare i casi di dermatosi atipiche per trovare il paziente uno? 

«Dopo aver studiato le manifestazioni cutanee in pazienti affetti da COVID-19 dell’area milanese, ho riesaminato al microscopio le biopsie di malattie cutanee atipiche eseguite alla fine del 2019 in cui non era stato possibile effettuare una diagnosi ben precisa.

Abbiamo cercato nel passato perché nei nostri lavori già pubblicati su riviste internazionali, abbiamo dimostrato che esistono, in questa pandemia, casi in cui l’unico segno di infezione da COVID-19 è quello di una patologia cutanea. Mi sono domandato se avessimo potuto trovare indizi della presenza della SARS-CoV-2 nella cute di pazienti con solo malattie della pelle prima dell’inizio della fase epidemica ufficialmente riconosciuta.»

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Fonte: pexels

Così si sono ritrovati davanti una biopsia di una donna di 25anni, milanese, risalente a novembre 2019 e si sono resi conto, tramite immunoistochimica e RNA-FISH, della presenza di sequenze geniche dell’RNA del Covid-19. Il responsabile del Laboratorio di Anatomia Patologica del Centro Diagnostico Italiano, Giovanni Fellegara, ha affermato: «Nel caso della giovane donna è stato possibile dimostrare mediante indagini immunoistochimiche effettuate presso il nostro laboratorio la presenza di antigeni virali nelle ghiandole sudoripare».

Massimo Barberis, il direttore dell’Unità Clinica di Diagnostica Istopatologica e Molecolare dell’Istituto Europeo di Oncologia, aggiunge: «Abbiamo dimostrato la presenza di sequenze virali SARS-CoV-2, anche quantitativamente scarse, sul preparato istologico del 2019 ed anche in sei pazienti del 2020 affetti solo da dermatosi ma senza sintomi sistemici da infezione COVID-19».

Il paziente uno, che è ovviamente stato contattato, ha confermato di non aver avuto alcun sintomo che oggi ci fa pensare al Covid-19 (febbre, tosse secca, spossatezza, perdita del gusto e dell’olfatto, ecc.) e che dopo circa cinque mesi le lesioni cutanea sono scomparse. A giugno 2020 ha anche avuto anticorpi anti Sars-Cov-2 nel sangue. Il suo sarebbe il più vecchio caso di Covid-19 riscontrato in un essere umano, per questo è una grande scoperta, almeno finché non riusciranno a trovare un altro paziente uno.

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