Cosa sta succedendo in Palestina?

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Vorrei scrivere che negli ultimi giorni si è parlato molto di quello che sta succedendo in Palestina, tuttavia se ne sta parlando pochissimo e non mi capacito di come questo sia possibile. Avrei voluto scrivere quest’articolo qualche giorno fa, tuttavia ho avuto il terrore di non riportare le cose nel modo giusto e far passare un messaggio sbagliato, tuttavia oggi mi sento abbastanza istruita sulla vicenda, sul genocidio, che sta avvenendo in Palestina sotto gli occhi di tutti i politici che, in silenzio, continuano a vivere la propria vita normalmente come se centinaia di persone, inclusi bambini (sempre i famosi bambini da proteggere), non stessero morendo ogni giorno.

In realtà, sono giunta alla conclusione che per raccontarvi al meglio quel che oggi sta succedendo in Palestina la soluzione migliore sia farvi vedere i video pubblicati da chi sta vivendo quel genocidio, in modo che possiate rendervi conto voi stessi di quel che stanno subendo quelle persone, mentre in Italia il leader del primo partito ha deciso di schierarsi apertamente dalla parte degli oppressori, di chi sta uccidendo bambini, donne e uomini che lui dice sempre di voler difendere. Solo che è più semplice essere dalla parte dei ricchi e dei forti.

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Foto della manifestazione per sensibilizzare sulla Palestina, a Milano
Fonte: twitter

Apro un’altra parentesi prima di cominciare a raccontarvi quel che dura da più di 70 anni, o forse da ancora di più, un conflitto con radici in tempi lontani ma che ancora non riesce a essere risolto, e che ora è giunto a essere un genocidio. Voglio fare, come sempre, un appello ai media e ai politici: parlatene, parlatene tanto ma parlatene nel modo giusto, scrivete tutte le informazioni e non solo quelle che fanno comodo a voi e al partito che sostenete.

Dovete far vedere le immagini, i video, la disperazione di tutte quelle persone che stanno morendo in Palestina, dei genitori che piangono sui corpi dei figli. Lo sappiamo che per voi sono importanti solo i bambini italiani e quelli stranieri, che muoiano in mare o sotto una bomba, non vi toccano minimamente, ma almeno non marciate sulla loro morte.

Ieri, durante una manifestazione a Milano (in cui non erano presenti esponenti politici come invece è successo a Roma), una ragazza ha detto: «Questa piazza denuncia anche la cattiva informazione che circola sui media italiani, sia tv che giornali, oltre che la presa di posizione della politica rispetto a quello che sta succedendo a Gaza. Anche i leader che sostengono la causa palestinese sono palesemente impauriti», e penso non ci sia cosa che faccia più accapponare la pelle.

I media sono capaci di influenzare qualsiasi idea, come quando un assassino italiano diventa un “padre di famiglia con il cuoricino spezzato” e tutti allora sono contro la moglie che non gli dava attenzioni. Fate passare le giuste notizie: in Palestina è in corso un genocidio, non una guerra.

Le origini del conflitto Israelo-Palestinese

Io, non essendo una storica e non avendo studiato a fondo questa vicenda prima dei giorni scorsi, ovviamente ho cercato di informarmi online per quanto mi fosse possibile, da articoli e da persone che non prendevano posizione in alcun modo, così da poter essere io stessa oggettiva. Ho trovato molto interessante e ben fatto il video di Emilio Mola, un giornalista brindisino che sul web porta sempre informazione, e la porta nel modo giusto. Vi ricordo che in questa prima parte analizzeremo le origini del conflitto, poi subito dopo troverete i video e le foto terrificanti di quel che sta avvenendo negli ultimi giorni.

L’antisemitismo

Partiamo dalla religione che si trova all’interno del territorio palestinese, perché tanto lo sappiamo che alla base di tutte le guerre c’è sempre la religione: la Palestina al suo interno ha un mix di religioni abramitiche, c’è il cristianesimo, c’è l’Islam e c’è anche l’ebraismo. A Gerusalemme sono presenti luoghi sacri di tutte e tre le religioni, per questo motivo, e qui cito Emilio Mola: «ciò che accade a Gerusalemme non può rimanere a Gerusalemme», per cui se, come è successo negli ultimi giorni, un ebreo comincia a sparare in una moschea di AL-AQSA, le ripercussioni si sentono in tutto il mondo.

Dobbiamo adesso fare un salto indietro, nella Francia della fine del 1800. Una donna delle pulizie che lavora per il controspionaggio francese (deve, in poche parole, consegnare tutta la carta che trova nelle pattumiere) si trova fra le mani un biglietto in cui sembra proprio che qualcuno stia vendendo dei progetti segreti francesi ai tedeschi. Ad essere accusato di questo crimine è un ufficiale francese ebreo, Alfred Dreyfus (in realtà innocente), poiché la calligrafia sembrerebbe molto simile alla sua. Ed ecco che in Francia e in tutta Europa (ri)esplode l’antisemitismo.

Le guerre mondiali

A questo punto gli Ebrei cominciano a pensare che l’unico modo per vivere senza discriminazioni e in pace è creare un proprio stato, comprando una regione e quindi abitando solo fra loro. Inizialmente si pensava all’Argentina, poi al Kenya, ma entrambe le ipotesi furono infine scartate a causa del sionismo (sion è una collina su cui sorge Gerusalemme) e quest’ultimo porterà gli ebrei a creare Israele in Palestina, ovvero al loro paese di origine.

Lo slogan dei sionisti di quel tempo, rappresentati dal giornalista ungherese ed ebreo Theodor Herzl, era: «una terra senza popolo a un popolo senza terra», tuttavia, come fa notare Emilio Mola, lo slogan era sbagliato, poiché la Palestina aveva già un popolo essendo dominata dall’impero ottomano e abitata dagli arabi. In ogni caso, all’inizio del XX secolo, gli ebrei si trasferiscono in Palestina, acquistano dei terreni e creano dei villaggi. A quei tempi c’era ancora la pace. Poi, arriva la Prima Guerra Mondiale.

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Una bambina in Palestina, in questi giorni
Fonte: twitter

A questo punto arriviamo al 1917 con la dichiarazione di Balfour, in cui leggiamo, come spiega sempre il giornalista: «se la Palestina finisse sotto il Protettorato Inglese saremmo favorevoli alla nascita lì di una Nazione Ebraica», e che per farlo non avrebbero in alcun modo penalizzato i palestinesi che già abitavano la zona. In realtà, però, gli ebrei finirono per lottare contro gli arabi che, come abbiamo detto, già abitavano la Palestina che finisce sotto il protettorato inglese e che quindi permette agli ebrei di trasferirsi in Palestina.

Ed ecco che entrano in gioco i palestinesi arabi, che cominciano a comprendere che qualcosa nel loro stato non andava, soprattutto dopo la creazione dei kibbutz, delle «fattorie collettive comuniste», e di veri e propri villaggi ebraici, così arriviamo al 1921, con i primi scontri fra ebrei e palestinesi. In questo caso, quindi, sono gli arabi ad attaccare per primi gli ebrei (dopo che però gli israeliani si erano schierati contro loro), che a loro volta cominciano a creare una propria forza armata, l’hagana, con l’obiettivo di proteggere i villaggi.

Passiamo ora alla Seconda Guerra Mondiale. Inutile ricordarvi come gli ebrei furono perseguitati in tutta Europa a causa dell’Olocausto e quindi furono costretti a scappare in Palestina per salvarsi la vita, ma sottolineiamo quello che accadde dopo il 1945: il mondo decide che deve dare uno stato agli ebrei. Quale? Ovviamente la Palestina, che era già abitato da un’altra popolazione. Come se non bastasse, poi, si decide anche di deviare dalla Palestina l’arrivo degli ebrei sopravvissuti all’Olocausto, facendo arrabbiare gli ebrei palestinesi che fanno esplodere un sanguinoso attentato nel 1947 contro gli inglesi.

Decide allora di interviene l’ONU, che sceglie di dare sia all’Israele che alla Palestina due pezzi differenti di quest’ultima. Al primo una striscia di terreno, alla seconda due pezzi, Gaza e Cisgiordania, ma ai palestinesi questo non va bene, poiché l’ONU aveva concesso al 30% della popolazione il 55% della Palestina, che però era principalmente deserto. Allora i palestinesi cominciano ad attaccare gli ebrei che contraccambiano massacrando interi villaggi, anche quelli pacifici come quello di Deir Yassin. Settecentomila persone palestinesi scapperanno, lasciando le proprie case agli ebrei.

Lo Stato di Israele e le origini del conflitto

Nel 1948 nascerà ufficialmente lo Stato di Israele, seguito dalla prima guerra arabo-israeliano poiché tutti i paesi confinanti con la Palestina dichiarano guerra al nuovo Stato attaccandolo contemporaneamente, venendo però sconfitti e quindi Israele conquisterà l’80% della Palestina, che si ritrova praticamente senza uno Stato. Gli ebrei cominciano a trasferirsi nello Stato di Israele, da tutto il mondo, raddoppiando la popolazione e andando a vivere quindi anche nei villaggi abbandonati dai palestinesi.

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Una delle foto scattate nella manifestazione a Milano
Fonte: Twitter
[ATTENZIONE: i seguenti due paragrafi sono interamente documentati da Emilio Mola, non appena avrò altre fonti mi premurerò di modificare l’articolo] Adesso arriviamo a una data ritenuta da Emilio Mola fondamentale: il 1967. Cosa succede in quest’anno? Nel 1967 gira voce che l’Egitto, insieme agli altri stati arabi, stia pianificando un attacco contro Israele, facendo loro pensare a un nuovo Olocausto in particolare perché, se li avessero attaccati nuovamente tutti contemporaneamente, questa volta non sarebbero stati capaci di contraccambiare. Israele, senza preoccuparsi minimamente di smentire questa voce, crea un esercito (convocando anche i riservisti) e attacca per primo gli Stati arabi.

Questa viene chiamata la guerra dei 6 giorni, poiché avviene tutto in 6 giorni e Israele riesce a massacrare tutte le popolazioni, conquistando tutta la Palestina, incluse Gaza, Cisgiordania, Gerusalemme Est e il Sinai, quindi tutto ciò che i palestinesi avevano dall’ultimo conflitto. Quattro anni dopo si viene a scoprire che in realtà gli Stati arabi non avevano pianificato nulla e quindi l’Israele non aveva fatto altro che ripetere un genocidio, ma nei confronti di altre persone. Ma non solo! Erano stati proprio gli Israeliani a mettere in giro quella voce.

Pensate che è proprio da quella voce, dalla guerra dei 6 giorni, che ancora oggi i palestinesi muoiono e vengono uccisi dagli israeliani: per una bugia creata ad hoc solo per ottenere ancora più territori, come se quelli che avessero, l’80% della Palestina (uno Stato in cui viveva già una popolazione, ricordiamolo), non bastassero. I Palestinesi ancora oggi vivono una situazione tragica in Israele, poiché questi ultimi limitano la libertà degli altri.

Una storia simile è quella dell’omicidio del Presidente israeliano Rabin nel ’94, di cui si dà la colpa ai palestinesi. In realtà è solo mala-informazione o semplicemente rigirare le notizie come si preferisce. Quello che successe nel 1994 è che il Presidente che voleva la riappacificazione fra Palestina e Israele, è stato ucciso proprio dai suoi stessi seguaci, i più estremisti, che non volevano la pace e quindi hanno deciso che l’unico modo per non ottenerla sarebbe stato ucciderlo, e ovviamente dare la colpa ai palestinesi cattivi.

Il conflitto di oggi: le immagini dello sterminio dei palestinesi

Non penso ci sia bisogno di scriverlo, ma le immagini sono forti e reali. C’è sangue, morte, urla, che non sono frutto dell’immaginazione, non sono un film, una serie tv o un documentario, sono la cruda realtà che sta avvenendo proprio in queste ore mentre io, comoda, sto scrivendo quest’articolo per cercare di sensibilizzare le persone a parlare e parlare tanto di quel che sta succedendo in Palestina. Vi invito anche a leggere queste storie (aggiornate) per sapere di più su quel che succede ogni giorno.

Le immagini, i video, sono tanti e sono terrificanti. Un tweet di 10 ore fa del profilo Twitter “Israel Defense Forces” ha twittato che «le truppe aeree e di terra dell’IDF stanno attualmente attaccando la Striscia di Gaza». La guerra, anzi, il genocidio, è una cosa che non abbiamo abbandonato il secolo scorso con la Seconda Guerra Mondiale, ma che continua ogni giorno, sotto gli occhi dei politici che, ancora una volta, proteggono gli oppressori. Quando impareremo a essere umani?

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