Messina Denaro: “non morirò di tumore, mi ucciderò a casa”

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«Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento», ha scritto in uno dei pizzini indirizzati alla sorella Rosalia, detta Rosetta, Matteo Messina Denaro, arrestato lo scorso gennaio dopo trent’anni di latitanza. Il mafioso si trovava in una clinica privata, La Maddalena di Palermo, e si stava curando in day hospital da più di un anno per un tumore. Insieme a lui, è stata arrestata anche la sorella per associazione mafiosa.

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Matteo Messina Denaro è stato arrestato (senza opporsi all’arresto) mentre stava facendo dei controlli in una clinica privata di Palermo. Il comandante del Ros dei carabinieri Pasquale Angelosanto dopo l’arresto ha aggiunto che il mafioso doveva sottoporsi a delle terapie. Alla clinica era registrato con il nome di Andrea Bonafede, nato il 23 ottobre 1963 e stamattina aveva l’appuntamento per il ciclo di chemioterapia. Lo si è appreso in ambienti sanitari della clinica Maddalena di Palermo dove era in cura per un tumore. Nella scheda di accettazione della clinica è scritto “Prestazioni multiple – infusione di sostanze chemioterapiche per tumore“.

Matteo Messina Denaro è il figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano, Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, ed era latitante dal 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. «Sentirai parlare di me, mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità», scrisse, ovviamente facendo riferimento a come il suo nome sarebbe stato legato a omicidi.

Tant’è che il capo mafioso è condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Era l’ultimo boss mafioso ancora ricercato, per cui adesso possiamo ritenere concluso uno dei periodi più bui dell’Italia. Ma non dimentichiamolo.

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L’arresto dell’ultimo boss è avvenuto a 30 anni esatti da quello di Totò Riina, che fu catturato il 15 gennaio del 1993, sempre a Palermo, e come ai tempi, la notizia ha fatto subito il giro d’Italia e tutti i politici hanno voluto dire la propria opinioni sul proprio profilo social. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, commentò così: «Arrestato Matteo Messina Denaro! Complimenti alle forze dell’ordine, alla magistratura, alle migliaia di persone che ogni giorno, in silenzio, lavorano per difendere la giustizia. Grazie ai ROS ed ai magistrati per il loro lavoro».

Il Presidente Giorgia Meloni: «Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafiaAll’indomani dell’anniversario dell’arresto di Totò Riina, un altro capo della criminalità organizzata viene assicurato alla giustizia. I miei più vivi ringraziamenti, assieme a quelli di tutto il governo, vanno alle forze di polizia, e in particolare al Ros dei Carabinieri, alla Procura nazionale antimafia e alla Procura di Palermo per la cattura dell’esponente più significativo della criminalità mafiosa. Il governo assicura che la lotta alla criminalità mafiosa proseguirà senza tregua, come dimostra il fatto che il primo provvedimento di questo esecutivo – la difesa del carcere ostativo – ha riguardato proprio questa materia».

I pizzini di Matteo Messina Denaro alla sorella

Come un vero boss della mafia, avrebbe deciso lui come e quando sarebbe morto (e ancora vogliamo credere che non si sia fatto arrestare ma che sia stato arrestato?). Come riporta La Repubblica Palermo, Messina Denaro stava già progettando la sua morte, spiegando alla sorella come sarebbe morto e che l’avrebbe avvisato quando questo sarebbe avvenuto. Quel pizzino risale a maggio del 2022 ed è stato trovato insieme ad altri, dopo l’arresto di entrambi i fratelli. Si trovavano nell’appartamento di Campobello di Mazara, in uno dei nascondigli del boss mafioso.

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«Ero tutto bagnato dal sudore, Diletta lavava i miei indumenti, li torceva ed uscivano gocce di acqua, era senza parole», scrive in un altro pizzino del 10 maggio 2022. Diletta era la vivandiera, Lorenza Lanceri, anche lei in carcere oggi. Ancora, scrive: «Ho capito, anche se già lo sapevo, che ho una forza di volontà stupefacente, invidiabile, non cammino col fisico, cammino con la forza di volontà. Io mi fermerò appena morirò, non prima. Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa».

Adesso, tra l’altro, si parla molto del Rolex giallo, che secondo la procura e il gip di Palermo incastrerebbero i coniugi Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, arrestati a Campobello di Mazara in quanto ritenuti favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, che con lui, scrive il giudice, avrebbero avuto un “rapporto solido“, da prima del 2017. Nell’ordinanza firmata da Alfredo Montalto leggiamo che «Conferma eloquente e definitiva sulla natura e sulla durata dei rapporti giungeva, infine, dagli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria a seguito del rinvenimento di un pregiato orologio in acciaio marca Rolex presso l’abitazione degli odierni indagati».

Messina Denaro nel 2017 era stato il “padrino” di cresima del figlio della coppia e aveva dato per quell’occasione «ben 6.300 euro, necessario per l’acquisto del costoso segnatempo che Lorena Lanceri perfezionava 1’11 gennaio 2017 presso la Gioielleria Matranga di Palermo». Si sottolinea come nella circostanza «contrariamente alle regole interne della gioielleria, non era stata compilata la scheda cliente e, pertanto, non era possibile risalire all’acquirente (nel 2017, su 878 Rolex venduti, solo 7 risultavano privi della menzionata scheda cliente». Scrivono i carabinieri di Trapani:

«Nel corso della citata perquisizione del 23 novembre 2023, si rinveniva all’interno dell’abitazione dei coniugi Bonafede-Lanceri, un Rolex, modello Oyster Perpetuai sul quale, i citati coniugi davano versioni discordanti in relazione a quando fosse stato acquistato, a quale prezzo e sulle modalità di pagamento».

Insomma, Matteo Messina Denaro letteralmente viveva la sua vita in tranquillità, alla luce del sole, nella sua regione e nella provincia in cui ha sempre vissuto, senza che nessuno si insospettisse un minimo. E poi ci chiediamo perché, nella stessa regione e stessa provincia, dopo 18 anni ancora non abbiamo verità su una bambina che è stata rapita e scomparsa nel nulla.

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