La storia di Mahsa Amini: iraniana uccisa perché non indossava bene il velo

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Mahsa Amini aveva 22 anni, era originaria del Kurdistan, ed è stata uccisa di botte mentre si trovava in carcere, arrestata per aver indossato non correttamente lo hijab, che in Iran è obbligatorio per tutte le bambine, giovani e donne iraniane a partire dai 7 anni d’età. Adesso le donne in Iran chiedono giustizia, e durante il funerale della donna centinaia di donne e uomini sono scese in piazza gridando «morte al dittatore», facendo riferimento all’Ayatollah Ali Khamenei. Durante le manifestazioni, molte donne hanno tolto il velo, lo hanno alzato in aria o bruciato come protesta.

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Mahsa AMini

Se parliamo di democrazia, l’Iran è fra gli ultimi posti. Abbiamo parlato delle due attiviste LGBT che sono state condannate a morte, dei diplomatici stranieri arrestati per “spionaggio” e anche dell’uomo giustiziato perché omosessuale. Il rapporto più recente del Statistics and Publication Center of the Human Rights Activists in Iran (HRA) afferma che tra il 1 gennaio 2021 e il 20 dicembre 2021 almeno 299 cittadini, tra cui quattro minorenni, sono stati giustiziati. Inoltre, in questo periodo sono stati condannati a morte 85 cittadini. Le fonti recenti, invece, non sono state riportate da fonti ufficiali e media all’interno del paese, poiché, come sottolinea anche il rapporto, le autorità giudiziarie iraniane non annunciano pubblicamente oltre l’88% delle esecuzioni.

Secondo la legge iraniana, la condotta sessuale tra persone dello stesso sesso è un reato penale, con pene che vanno dalla fustigazione alla pena di morte. Amnesty ha aggiunto che l’accusa di promuovere il cristianesimo era per aver indossato una collana con la croce e per aver frequentato una chiesa domestica in Iran diversi anni fa. Jessica Emami, esperta iraniana e ricercatrice contro l’antisemitismo, nei mesi scorsi aveva affermato come «fin dall’inizio la Repubblica Islamica dell’Iran ha trattato le persone LGBTQ+ con dispotismo e barbarie»-

La situazione però, come potete vedere, non è minimamente migliorata, e non solo per le persone LGBT. La pena di morte non dovrebbe esistere in uno stato civile, eppure 10 detenuti sono stati giustiziati nella prigione di Rajai Shahr, nella città settentrionale di Karaj, il 29 giugno. Che tra di loro ci fosse anche un uomo condannato per il proprio orientamento sessuale, rende tutto ancora più grave, in quanto una persona non può essere condannata a morte per qualcosa che non si sceglie, come chi si ama.

La storia di Mahsa Amini

Le accuse verso la polizia iraniana sono quelle di aver picchiato a morte Mahsa Amini, arrestata per aver indossato un “hijab improprio” e morta durante la custodia. Tuttavia, un capo della polizia iraniana ha categoricamente negato tutte le accuse. Intervenendo a una conferenza stampa lunedì, il capo della polizia di Teheran, il generale di brigata Hossein Rahimi, ha affermato che le affermazioni che Mahsa Amini  è stata picchiata o in qualche modo maltrattata sono “completamente false”.

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Mahsa Amini

Mahsa era in visita a Teheran con la sua famiglia quando è stata arrestata dall’unità di polizia specializzata che applica il severo codice di abbigliamento obbligatorio per le donne sin da poco dopo la rivoluzione islamica del 1979. «Purtroppo è morta e il suo corpo è stato trasferito nell’ufficio del medico legale», ha riferito la televisione di stato. L’annuncio è arrivato il giorno dopo che la polizia di Teheran ha confermato che Amini era stata detenuta con altre donne per “istruzioni” sulle regole.

«Improvvisamente ha avuto un problema cardiaco mentre era in compagnia di altre persone che ricevevano una guida [ed] è stata immediatamente portata in ospedale con la collaborazione dei servizi di emergenza», ha detto la polizia. Il presidente Ebrahim Raisi ha ordinato al ministro dell’Interno di aprire un’inchiesta sul caso. Diversi legislatori hanno affermato che solleveranno il caso in parlamento, mentre la magistratura ha affermato che formerà una task force speciale per indagare.

Citando una fonte anonima, il sito web semi-ufficiale di notizie Fars in precedenza aveva riferito che Amini soffriva di epilessia e diabete e aveva subito un’operazione di tumore al cervello quando aveva cinque anni. Ma la sua famiglia ha negato le affermazioni, dicendo che era perfettamente sana e non soffriva di condizioni preesistenti. Nessun filmato o resoconto di potenziali testimoni è stato rilasciato dal momento della detenzione di Amini. Rahimi ha detto che gli agenti che hanno effettuato l’arresto non erano dotati di telecamere per il corpo e non c’erano dispositivi di registrazione nel furgone della polizia che la trasportava.

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Mahsa Amini

Amnesty International intanto ha dichiarato: «Le circostanze che hanno portato alla morte sospetta in custodia della giovane donna di 22 anni Mahsa Amini, che includono accuse di tortura e altri maltrattamenti in custodia, devono essere indagate penalmente. La cosiddetta ‘polizia della moralità’ di Teheran l’ha arrestata arbitrariamente tre giorni prima della sua morte mentre applicava le leggi del Paese sul velo forzato abusivo, degradante e discriminatorio. Tutti gli agenti e i funzionari responsabili devono affrontare la giustizia».

Anche politici, attori, calciatori e celebrità hanno espresso i loro sentimenti sui social media o durante interviste ai media locali, mentre hanno commentato diverse figure di fama internazionale. In centinaia hanno partecipato ai funerali della donna nella città di Saqqez, nella provincia del Kurdistan, e poi hanno manifestato davanti all’ufficio del governatore. Ci sono state proteste anche nella città di Sanandaj, sempre in Kurdistan, disperse dai gas lacrimogeni.

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