Le parole della pandemia nel 2021

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Il cambiamento di una lingua, si sa, è un fatto naturale. Nonostante molto spesso, anzi direi quasi a mesi alterni, molti riversano nei media le loro preoccupazioni per lo stato di disfacimento della nostra lingua è noto ormai come i cambiamenti di una lingua siano osservabili in realtà sul lungo periodo. Tuttavia ci sono dei fattori che possono indurre a pensare che la lingua cambi più velocemente.

E’ evidente quindi come determinati eventi che riguardano la società nel suo insieme finiscano per sconvolgerne anche il linguaggio, il modo di parlare e di scrivere. É da un anno ormai che conviviamo con l’evento che ha probabilmente cambiato per sempre le nostre vite: la pandemia di Covid-19.

Questa convivenza ha fatto entrare nella lingua di tutti i giorni parole che a tratti possono sembrare nuove, ma che in realtà venivano usate prima più raramente o in altri contesti e che oggi invece hanno per noi un collegamento diretto con l’emergenza sanitaria.

Fonte: Pexels

Lungi dal volermi sostituire ad un qualsiasi linguista (penne più autorevoli hanno affrontato o affronteranno questo argomento meglio di me), questa che vi propongo è una mia personale osservazione di un elenco di parole che da un anno a questa parte ci fanno saltare un battito ogni volta che qualcuno le scrive o pronuncia.

Le eventuali fonti sono indicate nei link abbinati alle parole.

Assembramento

Da un’innocente «riunione occasionale di persone all’aperto» (come indicato da Treccani), gli assembramenti sono diventati un male da evitare ad ogni costo, soprattutto per le grandi città (ma non solo) già normalmente congestionate. Da parola usata di rado, assembramento è diventata la parola che più di ogni altra ha condizionato il nostro ultimo anno. Nell’epoca pre-pandemia, quanto effettivamente si faceva caso al numero di persone in strada, in fila davanti ad un negozio, in un bar all’ora dell’aperitivo?

Bollettino

Anche bollettino è una di quelle parole con cui abbiamo imparato a confrontarci; anch’essa già utilizzata in altri ambiti ma diventata un appuntamento quotidiano. Di bollettini si sentiva parlare, prima, in ambito meteorologico o anche in ambito medico. Ma mai come in questo ultimo anno abbiamo imparato ad attendere con una certa ansia il risultato del conteggio giornaliero dei nuovi casi, dei ricoveri ecc..

Quei numeri che ci danno il quadro della situazione, insomma. Leggerne il resoconto, sentendosi impotenti e sperare che i numeri continuino ad abbassarsi anziché salire è un rito ormai.

Coprifuoco

Indipendentemente dal suo significato letterale, coprifuoco per molti di noi (soprattutto giovani) è una parola che mai avremmo creduto di dover imparare. Ovviamente con lo scopo di contenere i contagi gli spostamenti e le attività sono state limitate dopo una certa ora.

Distanziamento

In stretto collegamento con assembramento ma potremmo dire anche agli opposti, il distanziamento è una di quelle cose a cui abbiamo iniziato a far caso solo nell’ultimo anno. Abbiamo imparato ad evitare strette di mano, baci, abbracci e a parlare stando lontani: uno degli accorgimenti fondamentali per evitare il contagio.

Eppure, qualche difficoltà c’è stata e forse c’è tuttora: sembra così scortese non salutare una persona che si conosce con la classica stretta di mano se non addirittura – in contesti più informali – con baci e abbracci. Le forme di saluto si sono evolute in brevissimo tempo: a quelle più tradizionali si sono sostituiti i gomiti, il fist bump (pugno contro pugno) o anche cenni col capo da lontano, con un’espressione contratta del viso, di circostanza, come a dire “vorrei, ma non posso”.

Fonte: Pixabay

Epidemia

La cosa che mi ha colpito di più di questa parola non è tanto il significato letterale (che fa incute già abbastanza timore così, ammettiamolo) quanto l’insufficienza del termine. Col passare del tempo, infatti, ci siamo resi conto di come questa parola non bastasse più a descrivere la situazione e abbiamo optato per una parola ancora più ampia, direttamente connessa a epidemia ma come elevata a potenza: pandemia. Le due parole infatti descrivono due situazioni diverse relative alle malattie infettive e alla loro diffusione, ma in questo ultimo anno anche l’evolversi così rapido di una situazione che ha coinvolto tutto il mondo.

Fase

Fase 1, fase 2, fase di convivenza… quante volte abbiamo letto o sentito espressioni del genere? Le fasi hanno indicato l’evolversi della situazione sanitaria nel corso del tempo. Si ha come l’impressione – con l’eventuale passaggio da una fase all’altra – di essersi lasciati il peggio alle spalle, tuttavia ormai siamo anche abituati ai diversi moniti a non abbassare la guardia. L’auspicio è quello di arrivare, il prima possibile, alla fase in cui tutto è davvero finito.

Guanti

Entrati prepotentemente nel nostro kit quotidiano, i guanti (di gomma o talvolta detti anche “chirurgici”) rappresentano una protezione che dà effettivamente l’idea di quanto il virus abbia cambiato il nostro modo di vivere nelle azioni quotidiane più semplici. Toccare una superficie qualsiasi senza protezione è diventato sinonimo di preoccupazione. Il termine quindi nel nostro immaginario si riferisce oggi a qualcosa di più specifico: da accessorio prettamente invernale per il freddo a protezione personale.

Fonte: Pexels

Igienizzante

Abitante ormai stabile delle nostre borse e zaini, in dispenser posizionati all’ingresso di luoghi pubblici l’igienizzante per le mani è un altro, l’ennesimo, oggetto che abbiamo imparato a vedere ormai ovunque. La parola inoltre dà un tale senso di pulizia totale e di protezione che sarebbe sicuramente strano trovarle un sinonimo. Curiosità: da quest’anno l’igienizzante mani entra a far parte del famoso “paniere Istat”.

Lockdown

Unica parola estera e “importata” di questa piccola rassegna (in italiano resa con “confinamento”), ma quale termine potrebbe rappresentare al meglio il ricordo che avremo di questi mesi di pandemia? Lockdown è una di quelle parole che aveva altri significati e che abbiamo invece associato al virus sin da subito. Temuto e allo stesso tempo efficace, è una misura (forse LA misura) che più ha limitato e condizionato la nostra vita.

Mascherina

Secondo elemento del kit di protezione personale, è diventato oggetto delle nostre attenzioni in ogni situazione di potenziale rischio e anche l’oggetto dimenticato per eccellenza. Tornare indietro appena si è usciti per recuperarla è anch’esso un rito delle nostre vite in tempi di Covid-19. In casa, in borsa, nello zaino, in macchina, in tasca… ne abbiamo nascosta una in ogni angolo pur di averla sempre con noi.

Cos’era prima, per noi, una mascherina? Sicuramente la parola stava ad indicare lo stesso oggetto, ma in ambiti specialistici.  Ora invece è in tutte le case.

No vax

Il fenomeno dei no vax, ovvero delle persone che per qualsiasi motivazione si oppongono al sottoporsi al vaccino, sembra aver trovato nuova linfa vitale con l’inizio della campagna vaccinale contro il Coronavirus. Sono molte le opere di debunking al riguardo, specie perché alla base di questo rifiuto in molti casi sembrano esserci fake news e falsi miti riguardanti i vaccini appunto.

Ossigeno

La parola che descrive quanto di più caro abbiamo nella nostra vita: l’ossigeno, l’aria che respiriamo. E come non pensare al fatto che il virus (principalmente associato a difficoltà respiratorie) ci toglie quanto di più essenziale abbiamo. Una parola che ha un valore simbolico, ora più che mai. 

Quarantena

Quarantena è una di quelle parole che è entrata di diritto nella lista di quelle più utilizzate quando si parla del virus. La cosa affascinante di questa parola è la sua lunga storia; non di certo una parola nuova quindi ma nell’ultimo anno la quarantena è un concetto con cui abbiamo preso nuovamente familiarità.

Ripartenza

La parola ripartenza porta subito alla mente il gergo calcistico, eppure di ripartenza si parla quando nell’affrontare la pandemia si pensa al futuro. Non solo nel senso di ritorno alla vita normale, ma anche dal punto di vista di tutte quelle attività (aziende, scuole…) che in qualche modo hanno subito un arresto a causa della situazione. Forse l’unica parola di questa lista che guarda al domani, l’unica che esprime una speranza.

Sintomatico

Questa parola è strettamente collegata al suo “contrario”, ovvero asintomatico. Due termini in stretta correlazione, quindi, inclusi anche nel bollettino giornaliero. La cosa interessante della parola è che è indica il modo che ha il virus di manifestarsi, di far avvertire la sua presenza nel mondo.

Tampone

Il tampone, o sarebbe meglio dire tampone rinofaringeo, indica lo strumento utilizzato per prelevare materiale biologico e secrezioni per la ricerca del virus. Di nuovo, un altro termine di ambito medico che abbiamo imparato ad utilizzare e riconoscere nel linguaggio di tutti i giorni. Fare il tampone, numero di tamponi effettuati… espressioni giornaliere della vita ai tempi del virus.

Untore

Di questa parola colpisce molto l’accezione negativa, o comunque sicuramente a mia impressione non neutra. Di questi tempi, tuttavia, sono stati molti i moniti a non cadere in una “caccia all’untore”, ovvero a non colpevolizzare chi avendo contratto il virus può essere a sua volta contagioso. L’aspetto che colpisce, almeno me, è quindi la tendenza dell’essere umano a colpevolizzare l’altro sempre, anche quando si tratta di eventi che sfuggono al suo stesso controllo.

Vaccino

Con la campagna vaccinale iniziata ormai da qualche mese, l’impressione è quella di vedere una piccola e fioca luce in fondo al tunnel. Il vaccino è stato sin dagli inizi uno degli obiettivi primari della ricerca, considerato quindi l’unico strumento (l’unica arma, molto spesso definito così) a nostra disposizione per la lotta al virus. Da speranza a realtà concreta, quindi, anche questa parola ha cambiato e cambierà le nostre vite.

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Fonte: Pixabay

Zone

A partire dall’autunno 2020 l’Italia è divisa in zone. Non più un lockdown totale, quindi; ad ogni regione settimanalmente viene assegnato un colore che rappresenta quindi la “gravità” della situazione. Ognuno di noi ha quindi imparato ad aspettare con trepidazione il proprio destino ogni settimana, consapevole che il collocamento in una zona (gialla, arancione o rossa) ha conseguenze sugli spostamenti, sulla chiusura di determinate attività ecc…

 

 

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