Treviso: donna trans discriminata sul lavoro

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Tempo fa vi abbiamo parlato della storia di Fabiana, una ragazza trans di 30 anni che non riusciva a trovare una casa in affitto a Pescara, solo in quanto transgender. Oggi, invece, ascoltiamo la storia di Laura Bisetto, una ragazza di 28 anni di Treviso che ha denunciato la situazione transfobica che ha dovuto subire sulla propria pelle al Corriere della Sera, raccontando come, non appena i datori hanno scoperto il suo gender, hanno deciso di non assumerla.

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Il DDL Zan non serve a niente, in Italia non ci sono discriminazioni per l’orientamento sessuale, nessuno picchia qualcuno solo perché gay, e tante altre storielle che gli omofobi si raccontano. Solo qualche giorno fa un ragazzo di 16 anni è stato picchiato e insultato dallo zio solo in quanto omosessuale, perché «non vogliamo ricchxxxi nella nostra famiglia». L’episodio è stato raccontato da Silvio Cilento, presidente di Arci Cosenza, con un post su Facebook.

Perché in Italia certe cose non succedono. È così? Non avviene mai che un familiare, ad esempio un fratello, uccida la propria sorella solo perché frequenta un ragazzo trans. Non è mica successo qualche anno fa, a Maria Paola, uccisa per omotransfobia, ma che i giornali definirono “gay”. Perché, alla fine, il problema è la società, ma i media sono l’esatta descrizione della nostra società, dell’idea comune, di come vengono educati i figli.

Magari un, diciamola così, DDL Zan, sarebbe capace di educare i ragazzi e futuri adulti, futuri datori di lavoro, futuri genitori, al rispetto che evidentemente molti genitori non sono capaci di trasmettere ai propri figli.

La storia di discriminazione di Laura Bisetto

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Al Corriere della Sera Laura ha raccontato di aver superato il primo colloquio, ed essere stata anche selezionata per un secondo step, che poi l’avrebbe portata all’assunzione. Tuttavia, quando le sono stati chiesti i documenti per il contratto, i datori di lavoro hanno scoperto il suo essere in transizione. Per tutti quelli che stanno pensando: ognuno è libero di assumere chi vuole. Certo. Ognuno è libero di assumere qualcuno in base alle competenze ed esperienze. Non in base al genere o all’orientamento sessuale.

«Mi avevano quasi assunto, poi hanno scoperto la mia identità. L’ho spiegato subito al telefono per evitare sorprese dell’ultimo minuto e mi hanno detto che vista la situazione dovevano fare un passaggio in più con la presidente. Risultato? Due ore dopo mi hanno detto che l’assunzione saltava perché la mia transizione poteva essere un problema», ha raccontato alla testata giornalistica. Continua poi:

«Ma quando ero adolescente l’argomento era troppo complicato. Questa cosa della transessualità è un tabu. E anni fa lo era ancora di più perché l’immagine diffusa delle persone trans era spesso estremizzata. Avevo paura di un cambiamento anche io. Naturalmente avevo relazioni omosessuali ma quello era accettato già di più. Non sono mai stata confusa, mi sono sempre sentita una donna, anche da piccola. Ma non è facile in un ambiente come il Veneto o comunque in una piccola città affrontare la disforia di genere».

Poco dopo la morte della madre, la ragazza ha cominciato a prendere consapevolezza su se stessa: «Mi sono resa conto con il percorso che stavo facendo che la disforia di genere era l’ultimo dei pensieri. Che avevo dubbi su mille altre cose, dal lavoro alle aspettative future, passando per i rapporti con la mia famiglia ma sull’identità, sul sentirmi donna non ne avevo affatto. Quella era quasi la parte più risolta di me. Anche per quello ho potuto cominciare quasi subito la terapia ormonale, che faccio da marzo 2021. Ho avuto il nulla osta quasi subito vista l’alta consapevolezza che avevo».

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Non è tuttavia la prima volta che le succede una discriminazione del genere. Dopo aver chiesto la sua carta d’identità, tutti cambiano idea. «E lì spesso saltava tutto. Mi è capitato in una grande azienda ma anche in un negozio di abbigliamento in centro a Treviso. Mi hanno convocata, mi hanno mostrato il negozio, come se dovessimo partire la settimana successiva. La cosa ovviamente mi ha causato non poco dolore. Poi il dolore è diventato sconforto. Ora non comunico più la notizia per telefono, lo dico per scritto così rimane traccia del fatto che ero stata selezionata ma che mi escludono solo per questa ragione».

Tuttavia, per adesso ha trovato lavoro: «in questo momento lavoro nella segreteria di uno studio medico e mi trovo benissimo. Di fatto una persona dovrebbe essere assunta per il suo profilo lavorativo, non per altro. La discriminazione sociale fortunatamente non mi è mai accaduta». Ha detto Laura al Corriere. Speriamo che la sua possa essere una storia di denuncia che arrivi al cuore dei più. Le discriminazioni nel 2022 non possono essere più accettate.

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