Iran: la Nazionale protesta contro il governo e non canta l’inno

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Altro che gli italiani che non si inginocchiano per il Black Lives Matter! La Nazionale dell’Iran ha deciso di non cantare l’inno nazionale del proprio paese durante i Mondiali di Qatar, per manifestare contro l’omicidio di Mahsa Amini e di tutte le altre donne e persone che sono state ingiustamente uccise dal regime iraniano. Adesso ricorderemo alcune delle situazioni più eclatanti, dall’omicidio della ragazza ai giornalisti minacciati, incarcerati o uccisi, ma ricordiamo anche che i Mondiali si stanno svolgendo a Qatar, un Paese dove gli omosessuali non sono trattati come esseri umani. Sarebbe bello che ogni squadra decidesse di far qualcosa per i Paesi che ne hanno bisogno, a livello di diritti umani.

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Tutto inizia dall’omicidio di Mahsa Amini da parte della polizia iraniana. La ragazza era stata accusata di aver indossato un “hijab improprio” ed è morta durante la custodia. Tuttavia, un capo della polizia iraniana ha categoricamente negato tutte le accuse. Intervenendo a una conferenza stampa, il capo della polizia di Teheran, il generale di brigata Hossein Rahimi, ha affermato che le affermazioni che Mahsa Amini  è stata picchiata o in qualche modo maltrattata sono “completamente false.

«Improvvisamente ha avuto un problema cardiaco mentre era in compagnia di altre persone che ricevevano una guida [ed] è stata immediatamente portata in ospedale con la collaborazione dei servizi di emergenza», ha detto la polizia. Il presidente Ebrahim Raisi ha ordinato al ministro dell’Interno di aprire un’inchiesta sul caso. Diversi legislatori hanno affermato che solleveranno il caso in parlamento, mentre la magistratura ha affermato che formerà una task force speciale per indagare.

Amnesty International intanto ha denunciato la situazione: «Le circostanze che hanno portato alla morte sospetta in custodia della giovane donna di 22 anni Mahsa Amini, che includono accuse di tortura e altri maltrattamenti in custodia, devono essere indagate penalmente. La cosiddetta ‘polizia della moralità’ di Teheran l’ha arrestata arbitrariamente tre giorni prima della sua morte mentre applicava le leggi del Paese sul velo forzato abusivo, degradante e discriminatorio. Tutti gli agenti e i funzionari responsabili devono affrontare la giustizia».

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In più, è stata uccisa anche un’altra ragazza: Hadith Najafi, «uccisa da 6 proiettili nella città di Karaj». A ciò si aggiunge anche che la paura per le atlete che hanno gareggiato a livello mondiale senza hijab e ancora alle giornaliste anglo-iraniane che sono state apertamente minacciate di morte per aver parlato di quel che sta accadendo in Iran. La CFWIJ (Coalition for Women in Journalism), tra l’altro, ha anche denunciato come almeno 20 giornaliste sono detenute in tutto il paese da quando sono scoppiate le proteste.

Secondo la Coalition for Women in Journalism, circa la metà degli operatori dei media detenuti per la copertura delle proteste sono donne. CFWIJ ha confermato almeno 20 casi di giornaliste detenute in tutto il paese da quando sono scoppiate le proteste. La direttrice Kiran Nazish ha detto a VOA: «In un paese in cui le donne nei media sono in minoranza, questo è un numero significativo e riteniamo che la repressione delle giornaliste sia particolarmente legata al loro genere e al loro giornalismoQuesti arresti continuano, nonostante il fatto che anche la maggior parte dei giornalisti (e attivisti) si nasconda». Per questo, il gesto della Nazionale è davvero molto importante.

Il gesto della Nazionale dell’Iran: niente inno

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Tutti gli undici giocatori della Nazionale dell’Iran presenti alla prima partita contro l’Inghilterra, hanno deciso di non cantare l’inno nazionale in difesa dei diritti della donna. Il gesto, per quanto apprezzato dalle persone non iraniane e che quindi vedono la situazione dall’esterno, non è piaciuto molto ai tifosi iraniani presenti, che subito hanno cominciato a urlare e protestare. In molti hanno mostrato il dito medio verso il campo, altri il pollice verso. Poco prima della partita poi tutti i giocatori dell’Inghilterra si sono inginocchiati per solidarietà al movimento Black Lives Matter. Insomma, non è proprio come in Italia, dove “la politica deve restare fuori dal calcio“.

In realtà, prima di oggi qualche giocatore iraniano aveva già alzato la voce contro il regime teocratico. È il caso di Sardar Azmoun, che su Instagram aveva scritto: «Noi giocatori non possiamo esprimerci prima della fine di questo ritiro per via del regolamento interno della Nazionale, ma personalmente non sono più in grado di tollerare il silenzio. Possono anche escludermi dalla squadra: è un sacrificio che farei anche per una sola ciocca di capelli di una donna iraniana. Vergognatevi per la facilità con cui uccidete le persone. Lunga vita alle donne iraniane».

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Subito dopo, anche i compagni Mehdi Taremi, Vahid Amiri e Karim Ansarifard hanno seguito il suo esempio. Durante la sfida contro il Senegal la squadra ha anche deciso di indossare un giubbotto nero per coprire le maglie iraniane durante tutto l’inno nazionale. Alireza Jahanbakhsh, centrocampista del Feyenoord, ha poi postato su Instagram: «Siamo sempre dalla parte delle persone che al momento non chiedono altro che i loro diritti fondamentali». E i ragazzi continuano a lottare anche durante i mondiali!

Ehsan Hajsafi, capitano della Nazionale dell’Iran, alla vigilia della partita ha commentato: «Noi giocatori stiamo dalla parte di chi ha perso la vita, dobbiamo accettare il fatto che le condizioni attuali in Iran non sono giuste e il nostro popolo non è contento. Innanzitutto voglio esprimere le mie condoglianze a tutte le famiglie che hanno avuto un lutto, voglio che sappiano che siamo con loro, che li sosteniamo e sposiamo la loro causa». Già fuori dallo stadio diversi tifosi stava inneggiando a Mahsa Amini, ma anche a Ali Karimi, l’ex giocatore che si è schierato a favore della rivolta. La situazione, quindi, è ancora lunga.

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