Plastica: in Italia è un continuo rinvio per evitare l’inquinamento

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Per il governo l’inquinamento italiano e mondiale di plastica non sembra essere importante, poiché per l’ennesima volta è stato fatta slittare l’introduzione dell’imposta e soprattutto si sta confrontando con molti problemi che non rendono possibile il recepimento della direttiva Ue sul monouso. Intanto tanti altri stati europei, come la Francia, fanno dei passi avanti e dimostrano di tenere al pianeta, promuovendo delle normative restrittive e soprattutto promuovendo un’economia circolare. Insomma, l’Italia, ancora una volta, si distingue in peggio.

Vi abbiamo già parlato dei progetti dell’Unione Europea riguardo alla plastica e all’inquinamento, ma facciamo un passo indietro per chi si fosse perso l’articolo a riguardo. Qualche mese fa vi avevamo presentato il problema delle tonnellate di plastica, di cui il 60% si trova nelle discariche o nell’ambiente, inclusi gli oceani e portando così alla morte di 1 milioni di uccelli acquatici e di 100 mila mammiferi marini ogni anno. A soffrire il nostro menefreghismo erano quindi gli animali. Tuttavia, dopo un’analisi dettagliata, era stata proposta la bozza di un accorso per diminuire l’inquinamento.

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Fonte: Twitter

È stata presentata dal Perù e dal Ruanda e ha subito ottenuto l’appoggio di diversi paesi (25 hanno già aderito mentre altri 50 hanno preso un impegno formale) tra cui anche quello dell’Unione Europea. Bruxelles ha chiesto che venga creato un comitato intergovernativo per gestire i negoziati futuri. Il ministro della biodiversità francese Bérangere Abba ha detto che se il mondo non dovesse agire «ci sarebbe più plastica negli oceani che pesci nel 2050». L’incontro si è tenuto a Ginevra.

Hanno partecipato più di mille rappresentanti proveniente da 140 paesi e diverse Ong. La risoluzione sarà l’oggetto di un’assemblea ambientale delle Nazioni Unite a Nairobi nel 2022, ma con il sostegno di tutti quei paesi non dovrebbero esserci ulteriori problemi. «25 più 50 prima ancora di iniziare è un buon numero», ha detto il funzionario per l’ambiente tedesco Jochen Flasbarth in una conferenza stampa. «È difficile prevedere quando impiegheranno le negoziazioni, non penso che sarà questioni di mesi ma piuttosto di qualche anno per vedere la convenzione entrare in vigore», ha aggiunto.

Tuttavia le cose in Italia non sembrano migliorare affatto.

Come l’Italia snobba l’inquinamento

Qualche giorno fa abbiamo assistito a come Filiera Italia, Federalimentare, Agrinsieme, Coldiretti, Assobibe abbiano avuto il coraggio di esultare per il rinvio della sugar e plastic tax, stabilito martedì scorso nel Documento programmatico di bilancio approvato dal Consiglio dei ministri. Solamente Greenpeace ha avuto il coraggio e la forza di giudicare questo inaccettabile rinvio, che, addirittura, è stato spostato al 2023, fra due anni! È già troppo tardi, e hanno il coraggio di rinviare ancora.

Perdiamo l’ennesima importante occasione per tassare un comparto industriale inquinante e destinare i proventi a una vera riconversione sostenibile del settore. Il governo della finzione ecologica mantiene l’industria in un passato ancora dipendente dalle fonti fossili.

Greenpeace
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Fonte: GreenPeace

Federalimentare, tramite il suo presidente Ivano Vacondio, invece tira «sospiro di sollievo», affermando poi di rimanere «sempre dell’idea, però, che sugar e plastic tax siano due misure da abolire perché dannose per le aziende». Dichiarazione simile quella di Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia: «Avremmo preferito senza dubbio la cancellazione, ma in un momento tanto cruciale per il rilancio della nostra economia, la scelta di posticipare l’ingresso di nuovi balzelli che avrebbero avuto come unico obiettivo quello di zavorrare un settore sempre più cruciale per la ripresa, non può che essere una buona notizia».

All’estero, invece, dalla Francia alla Spagna, ci si preoccupa dell’ambiente. In Francia, ad esempio, è stata organizzata una legge antispreco che non permetterà alle aziende di utilizzare degli involucri di plastica inferiori a un chilo e mezzo per vendere 30 tipi di frutta (mele, pere, arance, clementine, kiwi, mandarini, limoni, pompelmi, prugne, meloni, ananas, mango, frutto della passione, cachi) e verdura (porri, zucchine, melanzane, peperoni, cetrioli, patate e carote, pomodori tondi, cipolle e rape, cavoli, cavolfiori, zucca, pastinaca, ravanello, topinambur, ortaggi a radice).

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Fonte: Twitter

Il governo ha affermato che questa legge «dovrebbe permettere di evitare oltre un miliardo di inutili imballaggi in plastica all’anno». L’obiettivo di quest’ultima però è anche ridurre la plastica usa e getta, riutilizzare gli oggetti e anche migliorare i sistemi di produzione. Entro il 2025 si mira a ridurre la plastica del 20%. Giuseppe Unghere di Greenpeace, intervistato da ilfattoquotidiano.it, ha affermato che «la Francia si è posta l’obiettivo di ridurre l’immesso al consumo delle bottiglie del 50% entro 2030».

Allo stesso modo la Spagna sta cercando di incoraggiare le aziende a vendere acqua sfusa e non in bottiglia in modo da ridurre l’inquinamento da plastica e ha annunciato che dal 2023 frutta e verdure confezionati in lotti inferiori di un chilo e mezzo non saranno più vendute in imballaggi di plastica. Anche la Germania si era già preparata con la legge sugli imballaggi entrata in vigore nel 2019, ma, in più, dal 2023 i ristoranti, i bistrot e le caffetterie dovranno vendere il cibo e le bevande in contenitori riutilizzabili.

In molti paesi dell’Unione Europea e non solo si stanno operando per ridurre quanto possibile l’inquinamento, ma l’Italia (come anche il Regno Unito) non sembrano avere a cuore il nostro pianeta, come invece accade nei paesi citati, aggiungendo anche Norvegia, Islanda, Danimarca, Paesi Bassi, Croazia. Speriamo che anche il nostro governo si svegli e capisca che, senza un pianeta, non sarà neanche possibile fare soldi.

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